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Nuova zona artigianale in fermento, ma senza servizi
15 febbraio 2006

Realizzare l'ampliamento della zona artigianale è stato uno degli obiettivi di Tommaso Minervini. Nulla di originale: la scelta fu impostata dalla precedente amministrazione. C'erano anche i 4 miliardi di ex lire per le urbanizzazioni, nell'ambito dei finanziamenti in dotazione del Patto Territoriale “Conca barese”. L'attuale sindaco, quando nel 2001 s'insidiò, trovò il Piano regolatore appena sfornato dalla Regione e dovette adeguare l'ampliamento ad alcune prescrizioni a salvaguardia di una lama. Successivamente furono avviate le urbanizzazioni. Fu stilata una graduatoria degli assegnatari, a copertura di tutti i lotti previsti Nel frattempo crescevano le richieste per nuovi insediamenti, tra cui i 50 ettari del Gruppo Casillo per la realizzazione di una piattaforma logistica per stoccaggio, imballaggio e trasporto merci. L'insufficienza dei suoli spinse l'Amministrazione ad andare oltre il Pip programmato, con un'ulteriore espansione di 70 ettari, attraverso una variante al Prg, che ha già ottenuto il primo via libera sia del Consiglio comunale sia della Regione. Attualmente i tecnici comunali stanno elaborando il Piano esecutivo, che dovrà sempre essere approvato prima dal Consiglio comunale e successivamente dalla Regione. Ma torniamo a alla nostra zona d'ampliamento. L'area si estende per 41 ettari, suddivisa in maglie (B-C-D-E-F-H) perimetrate dalle strade, in cui sono stati ricavati 59 lotti di diverse dimensioni (da quello base di 680 mq fino ad un massimo di 10.500) a seconda delle esigenze delle aziende in graduatoria, al prezzo iniziale di 18 euro, salito fino agli attuali 22 euro. In questi cinque anni la graduatoria è stata più volte rivista, per alcune, rinunce, con il conseguente inserimento delle ditte in lista d'attesa. Questo significa che non tutte le richieste si concretizzano. La procedura prevede: acquisto del lotto, presentazione del progetto, sottoscrizione della convenzione con il Comune, rilascio della concessione edilizia. La revoca dell'assegnazione scatta se, entro 3 anni dalla convenzione, l'azienda non avvia l'attività. Siamo andati a fare un giro nella zona con una piantina in cui sono riportati i manufatti realizzati o in costruzione. Molte cose non corrispondono, evidentemente la mappa riporta ciò che potrà avvenire, ma non fotografa la realtà. Nel nostro tour abbiamo contato 18 aziende in attività, 11 stanno realizzando i capannoni, ben 30, pur avendo acquistato i suoli, almeno così dicono in Comune, per ora li tengono al sole, in attesa di presentare i progetti. Anche se le fasi dall'acquisto del lotto alla licenza edilizia, prevedono tempi certi, il Comune ha scelto una certa elasticità per andare incontro ai tempi aziendali. Il rovescio della medaglia è che il procrastinare i tempi rischia di creare ciò che successe nella vecchia Zona artigianale, dove per un decennio tutti i suoli risultavano assegnati, ma poche erano le imprese insediate, costringendo molte ditte, che pure avevano risorse finanziarie e necessità, ad arrangiarsi altrove. Speriamo che la storia non si ripeta, anche perché ci sono una ventina di nuove richieste in lista di attesa. C'è da dire che gli eventuali suoli che si renderanno disponibili, sia nella zona di ampliamento per qualche rinuncia, sia in quella d'espansione prevista, soprattutto se verrà meno l'impegno di Casillo, potranno essere acquistati in gran parte da imprese di altre città. Negli ultimi 10 anni le aziende locali hanno raccolto l'opportunità d'insediarsi sia nella zona artigianale che nell'Asi. Pochissime le nuove, in gran parte si tratta di aziende che erano dislocate in altre città o nel centro urbano, in situazioni non più adatte alle attività produttive. Una fase iniziata nel '96, quando nella zona artigianale esistevano solo 11 ditte, in un contesto ambientale degradato. Questa fase ci sembra in via d'esaurimento per le dimensioni quantitative e qualitative del sistema dell'imprenditoria locale. Certamente l'area Pip ha nella sua collocazione il suo punto di forza, inserita nella rete stradale e autostradale della dorsale adriatica. L'aumento degli insediamenti, però, sta mettendo a nudo alcune criticità e lacune per la mancanza di servizi, sia per le imprese (banca ed ufficio postale) che per le persone (mensa, posti di ristoro e/o servizi commerciali), ogni giorno non meno di duemila lavoratori si riversano nella zona, una quota consistente è costituita da donne, senza considerare che in molti stabilimenti si sono stabiliti nuclei famigliari. In molti confidano nell'arrivo dell'Ipercoop nella zona Asi e nella palazzina servizi che dovrebbe sorgere all'interno del mercato ortofrutticolo. La lagnanza principale è quella sulla qualità delle rete telefonica e del relativo servizio. Colpisce che una zona artigianale realizzata nel terzo millennio abbia una rete telefonica modello Far west, con una fila di pali sia in legno che in ferro. Per non parlare poi della qualità della comunicazione digitale, ancorata alla velocità domestica del secolo scorso. Insomma su questi aspetti siamo all'anno zero. Sembra che la soluzione dei problemi sia demandata alla maturazione delle condizioni, dando quasi per scontato che la politica non sia in grado di dare delle risposte. Ci chiediamo se non sia il caso di ipotizzare un Piano servizi in tutta l'area produttiva, considerato che in molti stabilimenti ci vivono intere famiglie e che aumenteranno in futuro. Un tema che lanciamo alle coalizioni che si sfideranno nella prossima campagna elettorale. Francesco del Rosso francesco.delrossso@quindici-molfetta.it
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