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Noi ...speriamo che ce la caviamo INCHIESTA - Al mercato dell’ex mattatoio, si lamentano tutti
15 febbraio 2000

C’era una volta il mattatoio comunale. Passano gli anni e quella struttura, ormai invecchiata e declassata a semplice deposito, incontra la principessa di turno nelle vesti dell’amministrazione Minervini e con un bacio - costato circa ! miliardo e 300 milioni per lavori di ristrutturazione e riadattamento - diventa il moderno mercato di ponente (l’altro polo mercatale è quello di piazza Gramsci). Ma la favola del ranocchio promosso a principe azzurro, questa volta non finisce con il tanto auspicato “...vissero tutti felici e contenti”. Inaugurato nell’aprile scorso, il mercato dell’ex mattatoio è operativo già da mesi: QUINDICI per sondare gli umori, ha fatto visita a fruttivendoli e pescivendoli che vi lavorano. E, di felici o di contenti, nemmeno l’ombra. Più comodi sì, ma... Il cicaleccio delle casalinghe e il loro tipico andirivieni, è sempre lo stesso; gli inviti a comprare gridati dai commercianti, pure. E’ la fetta di vita quotidiana di sempre. Ma qualcosa è cambiato: l’impressione che si ha subito, entrando nel mercato, è quella di un maggior ordine, di una maggiore razionalità nella disposizione dei posteggi. Soprattutto, non si può non prendere atto della maggiore comodità per gli stessi operatori, gran parte dei quali ora dispone di un vero e proprio locale; e, dulcis in fundo, da queste parti s’è fatta viva anche la signora igiene. Fuori, il parcheggio fa la sua bella figura. Insomma, qui siamo ad anni luce dal bailamme dei tempi di piazza Paradiso. Ma aspettate ad esultare. ...i guadagni calano Più igiene e più ordine, d’accordo. Ma sull’altro piatto della bilancia, il pesante prezzo da pagare - a dire di chi nell’ex mattatoio vi lavora - sono le entrate in continua picchiata libera. I prezzi sono ridotti ai minimi termini e i guadagni non sono più quelli di una volta. Il risultato? Tutti qui rimpiangono le dismesse piazze Mentana, San Michele e Principe di Napoli. “E’ vero, i locali sono più comodi rispetto a prima. Ma non sappiamo che farcene se poi guadagniamo un quarto rispetto a quello che guadagnavamo nelle vecchie piazze. E’ lì che vogliamo tornare: qui ci hanno abbandonati, siamo all’estrema periferia e molti, fra donne e anziani, non se la sentono di arrivarci se non hanno l’automobile”, protesta uno dei fruttivendoli interpellati. Gli fa eco un’altra commerciante: “Non dimenticate che per questi locali al Comune paghiamo fino a 600mila lire mensili, quando prima ne uscivamo solo 300mila all’anno per il posteggio all’aperto. Ho dovuto licenziare due extracomunitari perché non riusciamo più a tirare avanti”. Questa è la situazione. E non è da sottovalutare: pare che dopo l’entusiasmo iniziale dettato dalla curiosità della gente verso il nuovo mercato, il feeling si sia spezzato e il termometro delle presenze e degli acquisti sia drasticamente calato. La causa sarebbe l’ubicazione periferica del mercato. Nemmeno la relativa vicinanza con il mercato settimanale del giovedì o con il cimitero riesce a dare una spinta. Ci raccontano che la merce di fine giornata, non più conservabile, viene puntualmente data in pasto ai raccoglitori d’immondizia, mentre un tempo la si riusciva a vendere ai clienti di passaggio dell’ultima ora. E la gente? Se capita di incontrare la signora che abita nel palazzo di fronte, un sorriso a trentadue denti condito da un “per me va tutto bene”, è garantito. Ma quando sentiamo chi abita più lontano, è una pioggia di critiche: “Abito alla zona 167 e qui, ormai, vengo solo una volta alla settimana. Sono costretta a fare la spesa anche per mia madre che è anziana e spesso mi risolvo a comprare pesce surgelato”. Il signor Fornari, ragioniere al mercato ortofrutticolo all’ingrosso, è sicuro: “E’ un disagio, questo, che sta avendo ripercussioni anche sul mercato all’ingrosso”. Ma, le lamentele non sono finite. No all’abusivismo Ce n’è per tutti. Dai fruttivendoli dell’ex mattatoio la protesta è corale e sotto accusa, questa volta, c’è il presunto laissez faire delle autorità verso l’abusivismo: “Ci hanno spostati dal centro cittadino e... cosa hanno risolto? Ora lì ci vanno i forestieri con i loro camion carichi di frutta e senza le necessarie autorizzazioni”. Sul banco degli imputati anche gli ortolani locali: “Ormai in casa vendono di tutto, dal kiwi alle banane, che spesso comprano all’ingrosso e rivendono senza scontrino. Altro che frutta coltivata in proprio. Non è giusto”. I pescivendoli ricordano che aprire un punto vendita fisso in centro costa una fortuna. E quelli che ai tempi dell’inaugurazione fecero pressioni affinché, anche loro, fossero ricompresi nel regno dell’ex mattatoio, adesso più che principi si sentono nei panni delle proverbiali allodole. Cosimo de Gioia
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