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Molfetta, settima edizione della festa dei lettori
21 settembre 2011
MOLFETTA -
Organizzata dall'Associazione dei Presidi del libro, il 24 settembre prossimo si celebrerà anche a Molfetta, come in altre 120 città di tutta Italia, la Festa dei Lettori che giunge così alla sua settima edizione.
Quest'anno non si poteva, come cita un comunicato, prescindere del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, si è scelto di celebrare la ricorrenza attraverso la rilettura di un personaggio simbolo della nostra letteratura: Pinocchio.
Da Scampia a Lecce, da Savona ad Adria il "burattino" verrà ricordato in tanti modi diversi, sempre creativi e coinvolgenti: si rimanda chi ne volesse sapere di più alla pagina web
http://www.presidi.org/index.php?option=com_content&view=article&id=792&&Itemid=393&lang=it
Del romanzo di Collodi sono possibili innumerevoli letture e se ne possono trarre numerosissimi spunti, la marionetta bugiarda che comprende che si è umani per scelta e non per diritto di natura e che i fili che ci tengono prigionieri di vecchie abitudini e modi di pensare possono essere recisi prendendone coscienza ci è parsa una straordinaria metafora di altri fili e di altri legamenti.
A Molfetta parleremo così di reti e di democrazia, di movimenti politici e di tweet, di lavoro e di connessioni, di sfruttamenti e di felicità.
Ospite della serata Carlo Formenti, docente di Teoria e tecnica dei nuovi media all'Università del Salento, che presenterà il suo nuovo libro, Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro.
Formenti è autore di numerosi libri e articoli sulle conseguenze antropologiche, economiche e sociali della diffusione di Internet. La logica relazionale di cui la rete è portatrice è alla base del consolidamento di un'utopia digitale che ha contagiato vasti strati della popolazione mondiale. Ma le originarie speranze secondo cui il nuovo medium interattivo avrebbe determinato un'irreversibile trasformazione dei rapporti sociali nella direzione dell'orizzontalità, della partecipazione, della leggerezza si schiantano oggi contro le ricorrenti crisi della New Economy e, soprattutto, contro le nuove strategie dei colossi della rete, che da un lato assorbono tutto il valore prodotto gratuitamente dagli internauti, dall'altro innestano dispositivi di recintamento a fini di profitto, con buona pace della logica di accesso illimitato.
Con Formenti discuteranno Onofrio Romano sociologo dell'Università di Bari e Vincenzo Cremarossa delle Fabbriche di Nichi
L'appuntamento è per sabato 24 dalle ore 19 a Molfetta in piazza Municipio.
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Biblio
27 Settembre 2011 alle ore 19:10:00
Per John Steinbeck la letteratura era qualcosa di profondo e memorabile per il cuore e la mente delle persone, e le seguiva anno dopo anno, passando da una generazione all'altra. Secondo lui, essa doveva rappresentare lo stimolo per l'approfondimento, il cartello indicatore del pensiero e il passaporto verso la libertà. Quando, in diverse occasioni, si sentì chiedere che cosa si potesse fare per i popoli oppressi di Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia, Germania Est e Unione Sovietica, invariabilmente rispondeva: "Mandate loro libri!"
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Prosit
22 Settembre 2011 alle ore 18:58:00
In Vino Veritas, non esageriamo. Chi accumula libri, accumula desideri; e va bene! ...e chi ha molti desideri è molto giovane; e va bene! Fermiamoci qui, non credi? A ottant'anni? Facciamoci una bella bevuta in compagnia, in allegria.............Prosit, con un buon vino rosso ben corposo con un mix di frutta........ Saluti.
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I topi non avevano nipoti
22 Settembre 2011 alle ore 17:48:00
Chiudiamo la “triade”, per rispetto a questi tre grandi scrittori. - Poco più di dieci anni dopo “Alice in Wonderland” lo scrittore umoristico americano Samuel Langhorne Clemens pubblicò quello che sarebbe stato il primo dei suoi due classici. Clemens, come Carroll, scrisse sotto pseudonimo. Nel suo caso lo pseudonimo derivava dall'espressione gergale dei battelli di fiume “BY THE MARK, TWAIN”, un'espressione indicante una profondità dell'acqua sufficiente a garantire il passaggio sicuro. In “The Adventures of Tom Sawyer" (1876) modellò la figura di un ragazzino della middle class dalla generosa immaginazione, di buon cuore, benché dalla coscienza morale spesso scarsa. Straripante di creatività ed energia, Tom, come disse Twain, “sarebbe diventato presidente, se fosse sfuggito al capestro”. Mentre il personaggio di Tom evolve, egli inizia a mettersi in riga come gli era stato insegnato. La sicurezza supera lealtà e superstizione: l'energia condizionata cede il passo alla condotta, il linea con la salvaguardia personale. Successivamente verrà trascinato dalla rete sociale di protezione, anche se questo comporta la rinuncia ad una considerevole porzione di libertà personale. Il mascalzone impostore che spiò il suo funerale, il gatto che nottetempo uscì furtivamente dalla finestra per assecondare le sue superstizioni, era sulla strada verso la maturità. Mark Twain, come Rousseau, non considerava l'infanzia come passaggio temporaneo, ma come stato di grazia di cui gioire e da esaltare. In Twain stesso dimorava un po' di Tom e molto di Huck, il protagonista del suo secondo capolavoro, “The Adventures of Huckleberry Finn (1884). Sappiamo che anch'egli era superstizioso. Twain nacque quando la cometa di Halley passò sulla terra e credeva che sarebbe morto al suo ritorno. E così fu. - Ciò che Carroll fece per l'Inghilterra e Twain fece per l'America, un cinquantasettenne scrittore satirico fece per l'Italia. Carlo Lorenzini, come Carroll e Twain scrisse sotto pseudonimo. Nel suo caso, il nome fu quello del piccolo paese del Nord Italia dove trascorse la gioventù, Collodi. Molti studiosi considerano la sua opera “Le Avventure di Pinocchio" (1883) il capolavoro ultimo di tutta la letteratura per l'infanzia.
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Greatest Generation - Tink Tank
22 Settembre 2011 alle ore 16:50:00
Chiedo scusa. Qualcuno potrebbe scambiare Mark, per il Comandante Mark il trapper. Trattasi invece di MARK TWAIN: grazie.
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Greatest Generation - Tink Tank
22 Settembre 2011 alle ore 15:27:00
Sono stati tre giganti della letterature, Lewis Carroll, Mark e Carlo Collodi a celebrare la gioia dell'infanzia facendo dei bambini il centro della propria opera. Così facendo, realizzarono attraverso le parole ciò che illustratori e fotografi avevano solo abbozzato. Generarono rappresentazioni affascinanti e intramontabili del bambino ottocentesco che superavano la rappresentazione superficiale intrecciandosi a ferventi convinzioni e personalità stratificate. La prima di queste opere è “Alice in Wonderland” (1865) con il libro che l'accompagna “Through the Looking Glass (1872). Al fine di proteggere la propria privacy, Charles Lutwidge Dogson scrisse sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll. Tutti ne conosciamo la storia: Alice, una ragazzina di otto anni inizia un viaggio onirico in un paese meraviglioso, fatto di abitanti eccentrici e bizzarri, infilandosi nella tana di un coniglio e attraverso il rovescio di uno specchio. Il viaggio immaginario di Alice la conduce in un luogo dove un eccentrico Cappellaio Matto e una Regina particolarmente incline all'esecuzione, per non menzionare i bambini giganti, saggi bruchi e gatti talentuosi e forvianti, tengono corte. Qui Alice comprende di essere capace di pensiero ed azione autonomi anche quando realizza che esistono cose che non capisce e potrebbe non capire mai. Se in tutto ciò Carroll aveva un intento morale, si trattava probabilmente dell'idea che i bambini non debbano affrettarsi o essere affrettati alla maturità. Sosteneva che gli adulti dovessero concedere ai bambini il tedio e tollerare il loro essere sciocchi, poiché da questi sarebbe germogliata la facoltà di immaginare e di mettersi in relazione con ciò che è ignoto. Che cosa rivela Carroll della ragazza vittoriana dell'upper class ottocentesca? Se Alice incarna una qualche indicazione in merito, allora sopravviverà all'infanzia in maniera egregia. Perché mentre tutto diventa “stranissimo, molto stranissimo”, Alice mantiene innocenza e contegno, senso della giustizia e disprezzo per l'iniquità. Nella tana del coniglio, specchio in cui si trova se stessa, è in grado di estrapolare senso del nonsenso. Riafferma la visione vittoriana delle fanciulle come la più preziosa delle specie e conferma come loro meccanismo di sopravvivenza di gestire l'età adulta.
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In Vino Veritas
22 Settembre 2011 alle ore 14:27:00
Chi accumula libri, accumula desideri; e chi ha molti desideri è molto giovane, anche a ottant'anni. Ugo Ojetti
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Jonathan Livingston - Volo Libero
21 Settembre 2011 alle ore 17:44:00
Pinocchio di Collodi. Tutte le generazioni che si affacciano al mondo dovrebbero leggerlo. Il protagonista è una creatura ombrosa ed egocentrica, è naif, impulsivo, maleducato, egoista e capace di violenza. Rigettati l'amore e l'attenzione del padre, Geppetto, l'unico interesse di Pinocchio risiede nel "mangiare, bere, dormire e divertirsi". Una vita da vagabondo sulla strada. Come il Tom di Twain è seriamente delinquente. Entrambi i ragazzini alla fine imparano dai propri errori, ma il percorso di Pinocchio è di gran lunga più scoraggiante. Il paese dei Balocchi, da cui è catturato, si dimostra molto più pericoloso della Jackson's Island di Tom e le conseguenze delle esperienze di Pinocchio sono molto più tragiche. Trasformato da burattino in cane e successivamente in asino, il viaggio di Pinocchio verso l'umanità è compiuto solo quando egli comprende il valore dell'equilibrio e i benefici dell'amore parentale. Pinocchio è essenzialmente la storia del percorso verso l'età adulta di un bambino egocentrico. Ma dal punto di vista dei critici letterari è molto di più, poichè presenta le istanze fondamentali dell'epoca: il benessere contro la povertà, l'ipocrisia contro il candore, il conformismo contro l'individualismo. Lo scrittore Graham Greene una volta affermò che "è solo nell'infanzia che i libri esercitano una profonda influenza sulle nostre vite".
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