MOLFETTA - Processo a rischio domani a Bari in Corte di Assise di Appello per l’omicidio di Annamaria Bufi (23 anni): i difensori dell’unico imputato Domenico Marino Bindi (oggi 64enne) chiederanno la ricusazione del presidente dott. Giulia Pavese che si occupò del caso nel 1997, autorizzando, tra l’altro, all’epoca la riapertura delle indagini e la riesumazione del cadavere della Bufi (foto).
Al momento appare improbabile che sia anche la stessa presidente Palese a decidere di astenersi, anche in virtù di un precedente relativo al processo per la mafia del Gargano, in cui lo stesso magistrato non si astenne ed evitò la ricusazione sostenendo di essersi limitata a qualche atto di indagine.
La dott.ssa Pavese dal 1999 non si è più occupata dell’omicidio Bufi e quindi potrebbe scegliere di non rinunciare a presiedere la Corte.
Ma c’è un altro rischio per questo tormentato processo che, nel corso degli anni, ha visto indagati anche carabinieri e un avvocato, tutti poi prosciolti o assolti, come sono stati assolti tutti gli imputati e le persone coinvolte in questo caso. Infatti la difesa di Bindi, gli avvocati Domenico Di Terlizzi e Patrizia Carobello, potrebbero chiedere la sospensione del processo per la necessità di acquisire ulteriori elementi probatori. Si parla della riesumazione del cadavere per contestare, attraverso una superperizia, l’ora della morte, fissata in precedenza tra le 21 e le 22 del 3 febbraio 1992, e dell’acquisizione di nuovi testimoni.
La necessità di un nuovo processo è nata dopo che la Corte di Cassazione
ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado che assolveva il professore di educazione fisica
Domenico Marino Bindi dall’accusa di aver ucciso la sera fra il 3 e il 4 febbraio 1992
Annamaria Bufi (23 anni, nella foto) con la quale aveva una relazione extraconiugale.
Secondo la Cassazione la Corte di Assise di Appello «è incorsa in alcune erronee valutazioni di diritto che hanno inficiato la complessiva rielaborazione del materiale indiziario singolarmente e complessivamente vagliato sia in primo che in secondo grado».
In pratica, non sarebbero stati valutati attentamente e separatamente gli elementi indiziari. Ad esempio la Cassazione ritiene centrali i movimenti di Bindi la sera del 3 febbraio del ’92 durante la quale l’imputato ha sostenuto di essere rimasto a casa, alibi confermato dalla moglie, mentre alcuni testimoni hanno dichiarato di averlo visto, nelle stesse ore, in una palestra di Bisceglie.
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