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Molfetta, la giornata nazionale per la vita: come generare futuro
25 febbraio 2014

MOLFETTA - Come chicchi di grano, anche noi siamo semi che possono “generare futuro”. Gli stessi chicchi di grano posti in un sacchetto di terreno che il vescovo della Diocesi, mons. Luigi Martella, ha consegnato nelle mani di quanti hanno partecipato alla veglia di preghiera, tenuta nella Parrocchia della Madonna della Rosa, in occasione della 36esima Giornata Nazionale per la Vita, sollecitando la comunità cristiana a “seminare per raccogliere, a seminare per dare la vita”.

Un evento, organizzato da Diocesi, Pastorale per la Famiglia e Pastorale Sanitaria, in collaborazione con il Consultorio familiare, al quale hanno partecipato don Vincenzo di Palo della Parrocchia “Cuore Immacolato di Maria”, insieme a giovani, adulti, famiglie e quanto hanno a cuore la vita. In apertura, due coniugi hanno portano in processione una lampada accesa e sono giunti dinanzi all’icona della Madonna, mentre il maestro Vito ha eseguito brani musicali di sottofondo con la sua chitarra, il cui arpeggio ha aiutato a meditare.
Ma come si fa a generare futuro? Innanzitutto, prendendoci cura di noi stessi, guardando a tutte le dimensioni della vita,  perché “noi diamo quello che siamo”, parole dal significato pregnante, ascoltando le riflessioni di don Mariano, 76 anni, frate originario di Montescaglioso. O quelle di Valentina e di Chiara, rispettivamente operatrice e psicologa in una comunità per minori; di Carmela, educatrice e catechista, impegnata in una missione in Albania; di Pasqualina, donna che tocca con mano la sofferenza di malati ed anziani soli. Testimonianze di gente comune, che ha voluto offrire spunti di riflessione attorno a questo delicato argomento.
Dal messaggio del Consiglio Episcopale Permanente “generare futuro”, significa “tenere ben ferma e alta questa relazione di amore e di sostegno, consapevoli che un popolo che non si prende cura degli anziani, dei bambini e dei giovani non ha futuro, perché maltratta la memoria e la promessa”. E, attraverso i tre aspetti della preghiera per la vita, il vescovo ha osservato: “La riflessione attorno a questo tema sia il frutto della consapevolezza che siamo di fronte a prospettive non tanto rosee. I pastori della Chiesa in Italia hanno voluto sollecitare la comunità cristiana ad esser protagonisti di questa grande avventura. Bisogna prendersi cura di noi stessi, guardarsi dentro, saper analizzare tutte le dimensioni della vita. Bisogna porre al centro i bambini, la vita che nasce. Leggevo una statistica a corredo del messaggio dei vescovi, secondo cui la media del desiderio di vita dei genitori è di 2 figli e mezzo. Quello che poi si concretizza nella realtà è meno della metà del desiderio: 1,3. E per tanti motivi. Ci sono bambini che non nascono. Sono presenze negate. Altri generano futuro per se stessi: il figlio ci serve e lo facciamo”. Un monito che interroga le coscienze.
E, pensando ai giovani, mons. Martella, si è poi riferito al “tale” del Vangelo di Marco, il quale aveva molti beni terreni, che chiede a Gesù cosa fare per avere in eredità la vita eterna, e ha rivelato: “I giovani di oggi non se la pongono neanche questa domanda, la domanda del senso della vita, di cosa fare per essere felici. Siamo agli antipodi di quel giovane del Vangelo, perché gli studi più recenti parlano di essi come rassegnati, che non cercano più”. Al tale del Vangelo di Marco che pure osservava i comandamenti fin dalla sua giovinezza, mancava solo una cosa: privarsi delle sue ricchezze per darle ai poveri e seguire Gesù. Non sappiamo come sia andata a finire la sua storia, perché egli possedeva molti beni e se ne andò molto rattristato. Orbene, secondo la riflessione del Vescovo, costui almeno se l’era posto il quesito “come fare ad essere felice, ad avere la vita eterna”, e ciò era stato possibile “perché era stato aiutato dalla predicazione del Vangelo di Gesù, mentre noi non siamo più capaci di far interrogare i giovani”.
Ed infine, richiamando la figura di Simeone nel Vangelo di Luca, uomo giusto e pio, ormai vicino alla fine dei suoi giorni, mons. Martella invita a riconciliarsi con la vita e per farlo, invita tutti a guardare il Calvario, il complesso in bronzo posto al di sopra dell’altare della Parrocchia. Noi dobbiamo essere semi della vita. Il seme, per generare vita, deve morire. Ma si muore nell’abbraccio, come il vecchio Simeone con il Signore.

© Riproduzione riservata

Autore: Giulia La Volpe
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