MOLFETTA - Un incontro fuori dai soliti
clichè di partito è stato
l’appuntamento con i giovani emigranti tenuto dal candidato sindaco del centrosinistra
Paola Natalicchio alla sede de “
Il carro dei comici”, gremita di tanti giovani, ma anche di meno giovani che per loro, però, si prodigano (nella foto, la Natalicchio con una ragazza intervenuta nel dibattito). Nulla a che vedere, insomma, con le solite conferenze politiche con esponenti over “
anta” impegnati a parlare nell’aulico e spesso autoreferenziale linguaggio politichese.
In sprezzo a chi ha ritenuto fuori luogo l’incontro collocato durante la settimana Santa, la Natalicchio ha subito replicato la necessità di quella collocazione, in quanto finalizzata a dare voce ai giovani che ritornano nella loro città natale solo in occasione delle “feste comandate”. Ed, infatti, l’incontro è partito proprio dalle vive voci di giovani emigranti molfettesi (Roberto Patriarca, Marina Mastropierro, Corrado Minervini, Gisella de Filippis, Roberto Raguseo)che hanno raccontato la loro vita al Nord del Paese. Quelli che, non avendo qui nessuna opportunità lavorativa, sono partiti con l’idea di andare fuori per “rubare” le professionalità, le idee, per poi un giorno tornare e mettere le competenze acquisite al servizio della città. Quel giorno per tanti di essi sembra essere finalmente arrivato, finalmente - dichiarano - è il momento giusto di fare quel biglietto di “sola andata” e mettere le “mani pulite” sulla città di Molfetta.
Questa terra che ai loro occhi è diventata una terra di nessuno, piena di palazzi e infrastrutture vuote di vissuto quotidiano. Una città alla deriva che nel tempo ha perso non solo professionalità, ma anche voglia di fare: che, sopita nel sonno del qualunquismo, non riesce più a sognare e cede ai millantati raccatti di chi alle sue spalle fa solo i propri interessi.
Con l’amaro in bocca i giovani relatori, nella loro analisi personale da fuori sede, ma sempre con l’occhio vigile sulla città, hanno raccontato un pezzo della propria vita divisa tra affetti e lavoro: quel lavoro che per necessità li ha portati a Roma, Napoli, Parma, Bologna, Milano, Treviso ecc. Sino a quando un tumulto ha pervaso i loro animi, quando cioè si è sparsa la voce, tra smentite e conferme, che Paola era la nuova candidata sindaco di Molfetta. Un evento, questo, che ha segnato dentro ognuno di loro la svolta. Ha riacceso la sopita voglia di essere protagonisti del vero cambiamento che potesse dare loro la concreta speranza di ritornare e mettere finalmente a frutto professionalità acquisite in anni di esilio forzato.
Così la Natalicchio è diventata simbolicamente per questi giovani la luce in fondo al buio e lungo tunnel, nel quale la città ed i suoi cittadini sono finiti.
A gran voce colei che è fiera di rappresentare chi è andato via, ha rivendicato il diritto di ciascun giovane emigrato di tornare e diritto di restare per tutti coloro che sono intrappolati, per necessità, a vivere a Molfetta. Questa, anche, la motivazione della sua candidatura, in replica a chi l’ha accusata di non poter rappresentare appieno la città per il fatto di essere oramai lontana dalla sua terra da 17 anni, vissuti nella capitale.
Nel suo intervento finale, traspare il tipico entusiasmo giovanile e la forza di chi ha voglia di fare. Ne sono atto le iniziative proposte, tra cui la promozione di luoghi di “lavoro condiviso”, magari in uno dei tanti capannoni semivuoti della zona industriale, dove il “popolo precario delle partita IVA” possa condividere i costi di struttura e servizi, ma soprattutto dove possano circolare e svilupparsi le idee. O ancora l’introduzione di mezzi di trasporto pubblici che effettuino corse per i lavoratori che prestano la loro attività alla zona industriale, spesso preda dei furti o atti vandalici a danno delle loro autovetture, la creazione, grazie alla piattaforma digitale, di occasioni di incontro tra chi ha le idee, ma non i soldi per realizzarle e l’imprenditoria locale disposta ad investire “capitali”.
Infine, il recupero del centro storico come luogo di valorizzazione delle tradizioni storiche a disposizione dei visitatori non solo in settimana, ma soprattutto durante i giorni festivi, che sono l’occasione per i turisti di visitare le bellezze artistiche della nostra città, ma che proprio in quei giorni oggi sono inaccessibili mortificando così anche il settore turistico (stessa cosa per il Pulo, inaugurato in pompa magna e poi chiuso e privo di guide, proprio nel fine settimana).
L’idea che si ha di questa candidatura è un po’ quella di un cantiere in corso, una fucina di idee che stanno prendendo forma dall’ascolto dalle esperienze concrete della società civile, diluite nelle menti giovani e creative.
Fuori dai soliti schemi partitocratici, la Natalicchio nel suo finale intervento dichiara di rifiutare i compromessi per la spartizione delle poltrone nella giunta comunale e annuncia che questa sarà composta da gente di buona volontà, preparata e scelta sulla base di criteri puramente meritocratici, che vedrà inoltre la reintroduzione dell’assessorato alla cultura, che manca in città da circa 11 anni. Ed infine, ma non meno importante, avanza la proposta di nomina dei dirigenti comunali mediante procedure selettive concorsuali.
Tutto, insomma, muove le mosse dal concetto di “bellezza” (intesa come forma di salvezza e insieme una categoria morale), senza dubbio con la bellezza non si fanno le rivoluzioni. Ma forse è arrivato il giorno in cui le rivoluzioni non possono fare a meno di lei. Ai posteri l’ardua sentenza.
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