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Molfetta crisi dell'agricoltura: necessario ricucire il comparto agricolo Organizzazioni di Produttori per risanare e proteggere il comparto agricolo di Molfetta, lacerato dalle continue crisi economiche e di mercato e dall'abbandono dalla politica locale. Piano dell'Agro: nessuna progettualità per l'agricoltura, solo varianti urbanistiche
02 luglio 2011

MOLFETTA - Quello svoltosi ieri sera nella sala stampa di palazzo Giovene, è stato un incontro, come specificato più volte da Tommaso Minervini (Sel), volto a ricucire il tessuto agricolo molfettese. Un dibattito tra agricoltori, imprenditori del settore agricolo e associazioni di categoria per discutere sulla situazione dell’agricoltura a Molfetta, dei problemi e delle iniziative da attuare per migliorare e allontanare la crisi del settore. Un primo passo verso una progettualità che possa sanare un comparto lavorativo compromesso dalla crisi economica, di mercato e dal disinteresse della politica.
La soluzione migliore per i piccoli agricoltori, secondo l’agronomo Ignazio Cirillo, è affidarsi alle Organizzazioni di Produttori (O.P.). Queste garantiscono e tutelano le grandi, ma soprattutto le piccole aziende da tutti i rischi connessi alle produzioni agricole. Quella che manca però al sud è la mentalità delle O.P., la sinergia tra le aziende, che garantirebbe minori spese di gestione per la distribuzione e una logistica di maggior portata.
Con l’affiliazione alle O.P. c’è la possibilità di ricevere aiuti comunitari, in base alla produzione dell’azienda, senza presentare alcuna pratica burocratica. Le O.P. garantiscono persino il rimborso per la mancata raccolta dei prodotti (come sarebbe potuto avvenire per la crisi provocata dalla psicosi del batterio killer) o per il raccolto perduto a causa di calamità naturali. Un’opportunità per i piccoli produttori che devono abbandonare la mentalità del singolo, affidandosi alle cooperative o ai consorzi.
Inoltre, spiega Cirillo, dal 2010 chi assicura il raccolto per calamità naturali può chiedere il 65% dell’assicurazione tramite la domanda unica, e dal 2014, con la nuova riforma, la media della nuova P.A.C. (la cosiddetta integrazione) sarà di 350 euro. Condizioni indispensabili per ottenerla però saranno il rispetto dell’ambiente da parte dell’azienda e la dimostrazione che l’azienda abbia una certa redditività.
Saverio Patimo, consigliere comunale del Pd e rappresentante locale della Copagri, ha, invece, riassunto la situazione dell’agricoltura in Italia, dove si prevede una spesa per l’agricoltura del 36% rispetto all’anno precedente. «C’è il rischio di vedere sensibilmente ridotte le risorse destinate all’agricoltura - ha spiegato Patimo - per questo è importante intercettare tutte le risorse messe a disposizione dalla Regione Puglia e dal Governo centrale».
Anche i marchi spesso sono capaci di offrire al produttore una logica di commercializzazione svincolata dalle logiche concorrenziali, come il marchio «Prodotti di Puglia», conosciuto in tutto il mondo, simbolo di gradimento straordinario del Made in Puglia che ha permesso di valorizzare la ricchezza agroalimentare regionale.
Presente all’incontro anche Giuseppe Filannino, coordinatore cittadino della CGIL che ha criticato la poca vicinanza dell’amministrazione Azzollini ai produttori, specialmente nei periodi di crisi come quello appena trascorso.
L’incontro, organizzato da Sel, ha visto la partecipazione di molti produttori e imprenditori agricoli, che hanno confessato le loro difficoltà a rapportarsi con l’amministrazione comunale per la risoluzione dei problemi dell’agro molfettese, denunciando la mancanza di una proficua sinergia tra i vari settori agricoli. Non è mancato chi, come Marzia Petruzzella, collaboratrice di Quindici, ha sottolineato le ricadute della crisi economica del comparto agricolo sulle famiglie stesse, troppe volte costrette a misurarsi con i pochi guadagni e con le difficoltà finanziarie.

Il Piano dell’Agro. Molte le difficoltà del settore agricolo a Molfetta, che si moltiplicano a causa di uno sconsiderato uso del territorio. Ultimo esempio, il Piano dell’Agro, approvato lo scorso febbraio, oggetto d’inchiesta nell’ambito dell’operazione «Mani sulla città», che ha suscitato non pochi dubbi tra gli addetti al settore. 
Alcune osservazioni sul piano sono state presentate dall’ing. Gregorio Minervini, imprenditore agricolo, che ha ricordato la mancata convocazione di agricoltori (esistono circa 2mila ditte individuali di agricoltori) e associazioni di categoria per la redazione. Non sono stati condotti studi per monitorare il numero delle aziende agricole, le dimensioni degli appezzamenti e le varie piantagioni.
Oltre alla corretta informazione sulle qualità dei prodotti agricoli, è necessario «adottare un regolamento di polizia rurale, anche per il controllo sull’uso dei fitofarmaci» e aprire uno sportello comunale per l’agricoltura, due delle osservazioni che l’ing. Gregorio Minervini proporrà all’amministrazione Azzollini.
«Il Piano dell’agro non farà molta strada» per l’ing. Minervini, perché «piccolo lavoro di pressapochismo amministrativo»: nella delibera di giunta per l’adozione del piano prima si afferma la sua aderenza al Prgc, poi si delibera ai sensi dell’art. 16 della L.R. 56/80, che è invece una variante al Piano Regolatore. Insomma, Consiglio comunale tratto in inganno.
Il sindaco Antonio Azzollini concluderà l’iter burocratico del Piano dell’Agro, inquisito dalla magistratura, o farà un passo indietro, riconoscendo però l’errore politico? Quale sarà la reazione dell’opposizione? «Come opposizione abbiamo chiesto che il piano sia ritirato, obiettandone la natura perché variante al Piano Regolatore», la risposta del consigliere di opposizione Mauro de Robertis (Sel) alla domanda di Marcello la Forgia, redattore di Quindici.
«Il Piano particolareggiato dell’agro dovrebbe essere la carta d’identità del territorio agricolo molfettese, un piano di settore delle aree rurali che inciderà sui coltivatori diretti, sui produttori agricoli e sui bracciati - la replica di Patimo, che ha riportato l’inizio del suo intervento in consiglio durante la discussione per l’adozione del piano - ma alla carta d’identità manca la foto».
 
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Autore: Giovanni Angione
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Ogni anno ci sono più bocche da sfamare: circa 80 milioni in più. Se siamo riusciti a sfamarle finora si deve allo straordinario successo dell'agricoltura. La produzione di cereali è passata dai 623 milioni di tonnellate del 1950 ai 1.447 milioni del 1983, grazie soprattutto all'uso dei fertilizzanti derivati dal petrolio e di nuovi ibridi piantati in enorme monoculture. Sempre più grande il predominio dell'America, le cui esportazione nette di cereali sono il 90% del totale. Tuttavia dal 1973 la produzione complessiva ha solo tenuto il passo con l'aumento della popolazione, e non in tutte le zone. In Africa, ad esempio, la scarsità di cibo è endemica, e la denutrizione cresce. Nel 1983 la produzione mondiale di cereali è nettamente calata, in parte per via della siccità. La bilancia sta forse pendendo verso il fallimento? Cosa accadrà quando i pozzi di petrolio si prosciugheranno? Le compagnie rispondono che affronteranno il problema quando questo si presenterà, e che comunque sono imprese private, a scopo di lucro, e non istituti di beneficienza. Probabilmente ancora più insidioso, perché ha un effetto decisamente negativo sull'agricoltura, è, nei paesi industrializzati, l'appoggio dato dalle grandi società alla “lobby degli agricoltori”. La politica agraria della Cee costringe i governi a sborsare annualmente 14 miliardi di dollari per incoraggiare gli agricoltori a produrre montagne di burro e laghi di latte. Analogamente, gli agricoltori americani ricevono sussidi dell'ordine di 40 miliardi di dollari all'anno. Una soluzione per rimediare al problema di questi grotteschi surplus sarebbe di trasformare i laghi di latte in latte in polvere, e somministrare quest'ultimo alle mucche che in origine avevano fornito il prodotto……. La Banca Mondiale valuta invece che per dare agli agricoltori del Terzo Mondo, ancora vincolati a un'economia di sussistenza, i mezzi per uscire da una miseria sempre più nera, basterebbero solo 8 miliardi di dollari all'anno. Quello del supermercato globale, dominato in parte dalle megasocietà, è in teoria un sistema che potrebbe soddisfare tutti. Ma occorre che i governi, le organizzazioni dei consumatori e gli altri organismi di questo tipo agiscano con molta oculatezza, se si vuole che tale mercato soddisfi efficacemente le esigenze dei clienti e degli azionisti. Di recente (erano gli anni '90) una grossa compagnia, la Nestlè, è stata indotta a cambiare la sua campagna pubblicitaria e a non definire più il suo latte in polvere “il miglior sostituto del latte materno”, ma il “prodotto che conviene più usare” quando il latte materno non c'è. Questo passo avanti si deve soprattutto all'azione di comitati di cittadini: e ciò dimostra che si possono gestire meglio le cose, se un numero sufficiente di persone è deciso a far sentire la sua voce.-


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