TERLIZZI - “L’arte contemporanea, poiché discende negli inferi con la strana lucidità della follia, spinge l’uomo al suicidio o alla metànoia, al grande “rovesciamento” del cuore e dello spirito”. (Olivier Clement). Ferro come carne dura, sorda dell’uomo nel crogiuolo del fonditore, fuoco inestinguibile che purifica e separa, che incide, buca, taglia e rende ciechi, monchi, zoppi, segni, simboli, linee sintesi di un irruente presente logos incarnato in materia ribelle.
La mostra (inaugurazione: mercoledì 20 aprile alle ore 19 Galleria Adsum Via Marconi 3/5 (palazzo della meridiana) Terlizzi. Resterà aperta dal 20 aprile al 15 maggio. Orari di galleria: 10-12,30 /18– 20,30 festivi e giovedì pomeriggio chiuso) documenta il lavoro di alcuni anni dell’artista Giovanni Morgese incentrato sulla ricerca scultorea in ferro. L’ intensa attività artistica inizia negli anni ’80 durante i quali si mette in evidenza per la sua originale ricerca segnico-simbolica orientata verso l’analisi di realtà arcaico-religiose. Negli anni ’90 il discorso artistico si orienta in direzione solidaristico-umanitario: legnetti di risulta diventano sculture “povere” ricche di profonda umanità e di spiritualità. Nel 2000 rappresenta la violenza reale e tangibile attraverso l’indagine del proprio volto che perde la sua identità fisica e diventa maschera di dolore identificandosi così con l’umanità sofferente nell’attesa di un nuovo giorno.
Nel 2008 un nuovo materiale, il ferro, diventa il mezzo espressivo di Morgese. Parte dalla figura: sagome di lamiera dal contorno irregolare e frastagliato. Figure ridotte all’essenziale e prive di volume, simili ad ombre, forate, attraversate da segni e simboli: figure come microcosmi di realtà più grandi. Ma ben presto il bisogno di passare dalla figura al segno. Alla linea e al simbolo, infatti, è affidato il compito di ‘scrivere’ la realtà dell’uomo, il dramma esistenziale, il suo destino, in maniera leggera, trasparente.
Le opere prodotte in questa mostra infatti sono realizzate assemblando resti di materiale ferroso o utilizzando lamiere sagomate in forma di figure umane fortemente stilizzate e simboliche. Queste si svuotano e si liberano da tutto ciò che le lega alla materia pesante. Per “dire” il dramma dell’esistenza, la dimensione verticale, la spiritualità. Si passa, così, dalle sagome umane alle linee e ai simboli dove il tutto diventa più essenziale e minimale.“Miserere” è il grido dell’uomo provato nel crogiuolo della vita, alla ricerca di senso e di salvezza.