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Michele Emiliano, nuovo governatore di Molfetta, incorona il vassallo Minervini
23 giugno 2017

MOLFETTA - Mancava solo la benedizione del governatore della regione Puglia, Michele Emiliano, alla più grande operazione trasformistica della storia di Molfetta, il ciambotto di destracentro che punta a portare a Palazzo di Città Tommaso Minervini, che ormai parla da vincitore certo delle amministrative di domenica 25 giugno (nella foto, l'abbraccio fra Tommaso e Michele).

E così il buon Tommaso e la sua armata brancaleone raccolgono l’imprimatur di Emiliano e, fulminati sulla via di Damasco, parlano di una città che risorge dalle ceneri e rinasce una comunità di uomini, capaci di cancellare anni di oscurantismo.

A sentirli, sembra che Molfetta esca da un terremoto, ma, per fortuna, siamo abituati a certa retorica inconcludente e a un Tommaso che rinnega se stesso e le sue responsabilità.

Ha ammesso di aver fatto il bilancio dell’amministrazione Natalicchio, calcando la mano su questo fatto (merito o demerito?), mettendo in cattiva luce la sua amica, la brava e generosa Angela Amato. Allora, si chiedono i cittadini di Molfetta: se l’esperienza amministrativa del centrosinistra è stata fallimentare, lui ne è responsabile in prima persona, come assessore ombra al bilancio.

Ma rinnegare il passato, è il prezzo che deve pagare ai suoi amici del ciambotto che ieri stavano dall’altra parte e oggi lo hanno cooptato alla loro guida, a patto che sia un sindaco “sorvegliato speciale”. Rinnegare la sua fede politica, le sue idee (quali: quelle di ieri, di avanti ieri, di 10 anni fa?)? A questo ci ha abituato, ma far credere di aver ereditato una città devastata, disastrata, solo per far piacere ad Emiliano, regista della caduta dell’amministrazione a maggioranza Pd, è veramente troppo.

Lo è ancora di più quando ci si pone come salvatore della patria (altrimenti a che servirebbe la sua candidatura?) e come l’unico in grado di dialogare con la Regione e le altre istituzioni, tutte pregiudizialmente contro la Natalicchio, come sappiamo, per un disegno che ora comincia a prendere i contorni.

Non è onesto per Tommaso fare queste affermazioni, per nascondere un’altra verità: quella di essersi sottomesso ad Emiliano nuovo governatore di Molfetta, feudatario con tanti vassalli al suo servizio. Lui può oggi essere soddisfatto, perché non era riuscito ad imporre la sua potestà sulla Natalicchio, soprattutto per la vicenda del ridimensionamento dell’ospedale, costringendo i suoi sudditi del Pd a votare un ordine del giorno diverso da quello della maggioranza, primo passo per la caduta di Paola. Ora il governatore (mai termine è stato più appropriato) ha sudditi fedeli che non lo contestano, a cominciare da un Pd ormai schierato a destra, con i suoi nemici di ieri: un insulto alla sua storia. Altro che patto del Nazareno, qui siamo “al patto del diavolo” fra ex nemici. A quale prezzo? Lo vedremo nei prossimi mesi. Un segnale negativo è quello di non aver accolto la sfida di “Quindici” di rendere nota la sua squadra di governo, prima del voto. Ancora una volta si prendono in giro i cittadini-elettori.

Ma conosciamo bene gli uomini politici che hanno guidato quel processo, all’interno del Pd, uomini passati sotto tutte le bandiere, senza vergogna.

Dov’era Emiliano nei tre anni di amministrazione Natalicchio? A fare la guerra a Renzi e a demolire l’ospedale, che oggi dice bugiardescamente, di voler rilanciare, prendendo in giro la gente con l’assicurazione che Molfetta non chiuderà, ma sarà ospedale di base. Bella scoperta, utile solo per i gonzi! Emiliano, in realtà non si è smentito: ha affermato quello che prevede il piano regionale: l’ospedale di base. I cittadini non hanno capito e soprattutto non meritano un ospedale che sarà poco più di un pronto soccorso, mentre altri avranno l’ospedale di primo livello. Oggi Emiliano avanza generiche promesse di cambiamento, con quali criteri, se tutto è stato già approvato e una riapertura del piano scatenerebbe l’ira di chi si è già garantito una posizione di vantaggio. Ma l’ospedale di Molfetta aveva tutti i parametri per essere scelto come primo livello, per produttività, presenze, efficienza. E questo va detto per amore di verità e non di campanilismo. E i numeri stanno lì a dimostrarlo.

Ma sull’ospedale si raccolgono i consensi e lo dimostra la farsa delle domande del pubblico, affidate a un bravo comico, come Stornaiolo, anziché ai giornalisti, con i criteri dello spettacolo, non dell’informazione. Molto più scomodo sarebbe stato per Emiliano (che ha preteso di conoscere prima le domande e di selezionarle) rispondere alle domande dei giornalisti, scomodi, davanti ai quali fugge a gambe levate, come ha fatto in una sua precedente “discesa” a Molfetta. E questi sono fatti e non chiacchiere: lui i giornalisti se li sceglie.

Il governatore ama i ciambotti, li definisce “progetti di democrazia partecipata e allargata” (sic!) basta che i suoi sudditi-vassalli, gli dichiarino fedeltà, che siano di destra, ex fascisti, qualunquisti, trasformisti e quant’altro, poco importa. Insomma, “crediamo nella coesione e collaborazione”, l’unione dei diversi: ci mancava solo la benedizione del vescovo a questo progetto “ecumenico”.

Ora a Molfetta e per l’ospedale in particolare, si seguirà la dottrina Emiliano, poi fra 30-40, quando lui sicuramente non ci sarà più alla guida della Regione, l’ospedale di Molfetta, se sopravviverà (come lui stesso dice), potrà ripresentare la candidatura per il primo livello.

Intanto votate Tommaso, con la mia benedizione, sostiene il governatore e ci lascia il contentino, la speranza di valutare l’ipotesi del dott. Felice Spaccavento, di dotare il territorio di Terlizzi, Molfetta, Giovinazzo e Corato, di un ospedale frutto dell’accorpamento di vari reparti, con sede a Corato. Nulla questio. Basta che sia di eccellenza, ma non ci venite a raccontare che, dopo, Molfetta sopravviverà. Insomma, molfettesi accontentatevi e non disturbate il manovratore.

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