Mi sono ricongiunta al mare, il mio affetto stabile
È il 4 maggio 2020, inizio della fase 2. Ho sempre provato sentimenti di amore e odio per il lunedì, per il lunedì mattina particolarmente, perché segna la fine di una settimana (ed io odio le fini, non le ho mai ben metabolizzate) ma anche l’inizio di un’altra settimana (ed io amo gli inizi, mi suscitano sempre emozioni propositive, positive). Ma questo lunedì è diverso, l’ho aspettato come aspettavo l’arrivo di San Nicola la notte del 5 dicembre, carica di gioia e aspettative. Solita sveglia alle 8, solita doccia rigenerante, oggi ho avuto più cura nello styling dei miei capelli, mi voglio fare bella per il sole che mi appresto ad abbracciare e per il mare che attendo di rivedere da giorni, settimane, mesi. Solita lista di commissioni da svolgere, uno spruzzo del profumo per le occasioni importanti, inforco i miei amati occhiali da sole ed esco, con il sorriso celato dalla maledetta mascherina e le mani ingabbiate nei maledetti guanti. Ore 10: intraprendo la strada in direzione del corso Umberto, mi è mancato anch’esso, i negozi sono chiusi ma la popolazione molfettese è già in strada. File davanti alle farmacie, davanti ai tabaccai, davanti ai bar, e rifletto sul fatto che forse non è chiaro a tutti che non siamo salvi, non siamo al sicuro. Continuo a camminare, a passo più svelto, fluttuo sulle note di Nuvole Bianche di Einaudi che risuonano nelle mie cuffiette, cerco di tranquillizzarmi. La villa, il lungomare, il mare s’intravede tra la gente che invade prepotentemente l’area del Lungomare Colonna. Dov’è il mio mare? Lasciatene un pezzo anche per me, è il mio affetto stabile! Niente da fare, non ce la faccio, vengo colta dall’ansia e decido di tornare a casa, ho visto il mare in lontananza, ma non ho potuto avvicinarmi ad esso perché c’era troppa gente. Faccio dietrofront, sconfitta e profondamente triste, ritorno verso casa, a grandi falcate, voglio solo tornare a casa, basta. Ci riproverò più tardi sperando di essere più fortunata. Ore 19: sono determinata a vedere il mare al tramonto, non possono togliermi questa libertà almeno oggi! Indosso la mia ex tenuta da palestra e mi incammino verso la spiaggia Prima Cala, cammino velocemente, corro quasi, in 10 minuti sono arrivata: il mare, il mio mare, finalmente! Il battito nelle orecchie, la vista annebbiata dalle lacrime di commozione, tolgo le cuffie, non c’è nessun compositore che possa eguagliare la perfezione del suono delle onde che s’infrangono sugli scogli. Chiudo gli occhi e respiro l’aria di salsedine, attendo che il mio animo si abitui a questa nuova ritrovata emozione, sono arrivata finalmente. Eccomi qui, sono nel mio posto nel mondo. E penso a “Mattina” del grande Giuseppe Ungaretti: “Mi illumino d’immenso”. L’obiettivo di comunicare l’incomunicabile da parte di Ungaretti non l’ho mai capito a pieno come adesso, o forse ho la presunzione di farlo. Non avrò combattuto la Prima Guerra Mondiale, non sono stata tra le file dei plotoni che hanno visto l’umano soccombere nel disumano, ma questa epidemia sta mietendo vittime come una guerra, ed io ho paura. Ma adesso non ci voglio pensare, mi basta il mare, mi sono ricongiunta al mare, il mio affetto stabile. © Riproduzione riservata