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Meglio tardi che mai! L’amore impossibile di una matura nobildonna altamurana
15 settembre 1999

di Ignazio Pansini Anno Domini 1773.Don Domenico Bovio, gentiluomo di Altamura, è molto seriamente preoccupato: sua sorella Francesca, di anni 64, è perdutamente innamorata di Antonio Clemente, aitante panettiere di anni 30, ed è fermamente intenzionata a sposarlo, incurante degli intuibili commenti della gente, e del grave discredito che una scelta di tal fatta apporterà alla sua famiglia. Per raggiungere il suo scopo, l’attempata signorina compie una serie di gesti che denotano grande coraggio e forte determinazione. Il povero Domenico, che si vede esposto al ludibrio dei concittadini, e, circostanza da non sottovalutare, privato di parte del suo patrimonio, ricorre alla Reale Camera di S. Chiara, tribunale napoletano che esaminava per delega cause di varia natura. I giudici della capitale incaricano il Governatore di Altamura di indagare sul caso, e di inviare circostanziata relazione. Il funzionario, una sorta di locale prefetto, esegue prontamente il mandato: le sue indagini confermano le accuse di Don Domenico, e poiché le azioni dell’indagata sono “pregiudiziali al di lei decoro”, propone intanto di internarla presso qualche famiglia nobile o convento del posto, in attesa che la causa venga formalmente discussa. Ricevuta la relazione dal Governatore, la sezione preliminare della Camera Reale dà parere a quella superiore di accogliere la proposta del funzionario: la signorina Bovio sarà internata in convento, fino a quando si esplicheranno i successivi gradi del procedimento. E così la povera donna, segregata per un lungo periodo al di là delle grate di un tetro convento, dovrà attendere in solitudine, e lontana dal suo giovane innamorato (ma sarà veramente innamorato di Francesca, il panettiere Antonio, o invece della sua roba?), la sentenza che deciderà del suo destino. Dopo due secoli, questo gustoso quadretto di provincia ci permette di trarre dall’oblio e di ammirare una paladina ante litteram dell’emancipazione femminile. Ma commiseriamo anche il povero don Domenico, perseguitato ad ogni sua uscita dai malcelati risolini della gente, e terrorizzato dalla prospettiva di vedersi decurtato l’avito patrimonio. A dì 7 Gennaro 1773 Espose alla Maestà vostra Don Domenico Maria Bovio della città di Altamura che una di lui sorella, per nome Donna Francesca, dimentica di sua condizione, erasi resa la favola di quella città, giacché in età di oltre 60 anni, e acciacata intendea maritarsi; e per ciò fare, avea spogliata la casa di esso supplicante, e ridottolo nell’estreme angustie, per adescare colla forza dell’oro qualche uomo alle di lei voglie, e sposarla. Soggiunse che la detta sua sorella erasene cinque volte fuggita dalla casa, e nell’ultima volta, dopo essersi per qualche tempo trattenuta in un monistero, erasene da quello uscita, e passata ad abitare in casa di persone di vil condizione, sempre col pensiere di maritarsi. Onde supplicò la Maestà Vostra, per le Sovrane Provvidenze, accìo, facendosi entrare la medesima in uno di quei conservatori, potesse così ripararsi al discapito del di lei onore: come pure prendersi informazione di sua vita, e di quanto ha tolto dalla propria casa, per darvisi l’opportuno riparo. In vista di un tal esposto, si compiacque la Maestà Vostra ordinare al Governatore di Altamura di dare coll’ordinaria Giurisdizione le provvidenze di giustizia. Ed esso Governatore, coll’annessa relazione, stima far presente alla M.V. esser certo che la detta D. Francesca Bovio aveasi da quella Curia Arcipretale fatte fare le pubblicazioni per ottenere il suo stato libero; vero altresì che si era appartata da quella città in compagnia di persone di vil condizione, e che si sussurrava che la medesima volea casarsi con Antonio Clemente, che faccia il mestiere di panettiere, giovane di circa anni 30, e che all’opposto essa conta gli anni 64 di sua età. E perché le risoluzioni di detta D. Francesca, tanto per essere stata ad abitare in casa di Andrea clemente fratello del detto Antonio, come per essersene andata in unione di esso Andrea e sua moglie fuori di Altamura, e coll’aver procurato di farsi spedire lo stato libero, siano cose pregiudiziali al di lei decoro, condizione, ed età avanzata, conchiude perciò il detto Governatore, supplicando la M. V. a distribuire i Sovrani Suoi Oracoli, se debba situarla in qualche casa di persona nobile, o pure in un Conservatorio, fintanto si mettano in chiaro le ragioni del mentovato ricorrente D. Domenico M. Bovio, e di sua sorella d. Francesca. Ed essendosi degnata la M. V. con venerando dispaccio per la prima Segreteria di stato de’ 31 del prossimo caduto mese ed anno, far passare a questa Real Camera la descritta Delegazione, con ordine di informazione con parere, la medesima, in pronta ubbidienza del Sovrano comando, avendo il tutto esaminato, stima che possa la M. V. degnarsi di rescrivere al Governatore di Altamura che, dopo aver fatta situare la mentovata Donna Francesca in un conservatorio, passi quindi, ne’ termini di giustizia, a verificare le rispettive regioni della stessa e del di lui fratello D. Domenico, e quindi nuovamente riferire, per poi in vista potere la Real Camera umiliare a V .M. il suo rispettoso sentimento.
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