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Madonna dei Martiri quartiere dimenticato la vergogna di 10 anni di assenza delle istituzioni
15 febbraio 2014

Non si tratta di nuovi protettori angelici alla corte di Papa Francesco, ma di nostri concittadini. Si proprio così, nessun errore. Data la vostra estrema curiosità vi riveliamo di chi stiamo parlando: i molfettesi della Madonna della Martiri, che vivono in un quartiere che è stato abbandonato a se stesso da anni, con la colpevole complicità dell’amministrazione Azzollini che l’ha ignorato, come denunciano gli abitanti. Di qui l’attuale degrado. Giorno dopo giorno, uomini, donne, anziani, bambini, versano in una condizione di estrema invivibilità. Potrebbe sembrare iperbolica la questione, ma vi assicuriamo che non lo è affatto. Case fatiscenti, intonaco delle abitazioni assente ingiustificato; parapetti che al primo colpo di Eolo sono destinati a venire giù come castelli di carte, ferri arrugginiti che spuntano dai muri come funghi al primo sole autunnale e l’elenco potrebbe continuare. A lungo. Ma andiamo con ordine, analizzando nel dettaglio i problemi che i martiri sono costretti ad affrontare quotidianamente. Partiamo dalle emozioni e dai ricordi: il cortile della Basilica. Ormai da tempo recintato e chiuso al pubblico. Oltre ad un uso turistico vietato, ciò che più colpisce sono i ricordi nostalgici di tutti coloro che quel cortile l’hanno popolato con giochi, grida, ginocchia sbucciate e il solito pallone. E vederlo chiuso, recintato, lontano, ed essere consapevoli che i propri figli saranno costretti a giocare in strada, con tutte le conseguenze deducibili, diciamo che inquieta alquanto. Ma abbandoniamo questo spazio che alcuni potrebbero definire mellifluo, andiamo al nocciolo, al succo, al nodo del pettine. In primis, il parapetto che si affaccia sul mare è, lungo tutto il suo tragitto, bucherellato come un legno attaccato dalle termiti, solo che in questo caso a mancare sono enormi pezzi di pietra che hanno lasciato come propri vicari spuntoni arrugginiti, pericolosi solo alla vista. L’unica fontana presente nel rione è immersa in un mare di putridume, con un enorme buco fognario a pochi centimetri. Acqua pulita. Oltre ai servizi di pulizia stradale il più delle volte latitanti, l’asfalto, o meglio ciò che ne resta, è un circuito di rally ai limiti della praticabilità; con polvere che inevitabilmente si posa sul selciato e con i primi venti prende alloggio all’interno delle abitazioni. Aria Pulita. La vegetazione presente non è minimamente curata, con rampicanti da guinness dei primati che impediscono il normale transito sui marciapiedi, con alberi tipici delle lande desolate o direttamente sradicati. Altro fattore scatenante è l’approvvigionamento di viveri. Ci spieghiamo meglio. Per recarsi dal rione al supermercato situato sulla sponda opposta, intercorre una strada sulla quale le macchine sfrecciano come bolidi e per gli anziani risulta estremamente difficoltoso il passaggio, a meno di recarvisi alle prime luci dell’alba. Stomaco pieno. Non ci soffermiamo neanche a parlare della situazione indescrivibile degli stabili, invitando tutti a farsi un giro nei dintorni, possibilmente in un giorno di pioggia. P.S. consigliabile il noleggio di un gommone. Ripensandoci, forse sarebbe preferibile cambiare il titolo. “Le Favelas di Molfetta”, probabilmente renderebbe di più.

Autore: Alessandro Cincotti
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