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Lo scempio alla Prima cala
15 luglio 2000

Caro Direttore, desidero complimentarmi con lei per la scelta fatta nello scorso numero di denunciare lo scempio in atto alla prima cala, con le colate di cemento sulla costa per costruire un lido balneare che sottrae qual poco di spiaggia libera che resta ai molfettesi. Possibile che in questo paese non si possa attuare una cultura della civiltà e del rispetto dell’ambiente. Possibile che occorra sempre pagare anche per fare un bagno o prendere il sole. E’ questa la liberà che abbiamo. Cosa dice il sindaco di questa vicenda? Dovrebbe denunciare e impedire queste deturpazioni della costa, anche in nome di quella trasparenza della quale si è sempre vantato. Grazie direttore per le battaglie civili di “Quindici”, che è l’unico giornale ad avere il coraggio della denuncia in un’informazione sempre più pigra e insignificante. Maria Amato Scempio 2 Spero vogliate ospitarmi nel vostro giornale con questa mia lettera, in un certo senso "lettera protesta", sì, perché avete suscitato in me e non solo, con lo scorso numero di "Quindici" non poco stupore e rabbia, con l’articolo denuncia, riguardo al lido balneare allo "scoglio d’Inghilterra". Non vedo dove sia lo scandalo, lo scempio visto che altri lo hanno fatto prima incrementando il turismo, dando ai cittadini la possibilità di starsene tranquilli sulle spiaggie veramente pulite. Bisognerebbe dare merito invece a queste persone che hanno il coraggio di fare qualcosa per la nostra costa. Io personalmente mi sono lamentata spesso, perché non si facesse qualcosa di quel genere per chi non ha l’auto, qualcosa vicino alla città, da raggiungere anche a piedi garantendo comodità, oltre che un bel tuffo in acqua pulita e ripeto ancora "spiagge pulite". Avete dato un grosso risalto, facendo anche molta pubblicità ad una vicenda per nulla sgradevole. Ed ora sono proprio curiosa di sapere cosa scriverete, riguardo all’incendio del gazebo, che hanno subito i gestori di quel lido. Opera dell’invidia di qualche imbecille, perché il messaggio è stato preciso, si tratta sicuramente di un concorrente insicuro delle proprie capacità, per cui ha ritenuto dare un "avviso" abbastanza eloquente, da mafioso direi. Scrivete, che gente c’è in giro, impunita e libera di fare danni, senza che si indaghi e fra questi ci sono i piromani delle auto, ma scrivetelo però in prima pagina e in grande, sono queste le notizie che scandalizzano, e devono far riflettere. Grazie. Antonella Uva Pubblichiamo eccezionalmente quest’ultima lettera (perché priva di indirizzo e di recapito telefonico del mittente) in quanto tocca un argomento molto sentito e che ha suscitato un grande dibattito in città dopo la copertina-denuncia dello scorso numero di QUINDICI sullo scempio alla prima cala. Abbiamo ricevuto molte lettere di consenso, ne abbiamo scelta una per tutte, abbinandola con una di parere contrario (l’unica, in verità). Alla lettrice Antonella Uva - rinviandola all’editoriale di questo numero e ai servizi in primo piano - qui mi limito a ricordare che è semplicistico dire che occorre continuare a cementificare sul litorale, “visto che gli altri lo hanno fatto prima incrementando il turismo” (quale? dove? la signora vive a Molfetta?). Anche se fosse vero (e non lo è), non giustificherebbe lo scempio. In passato non si è incrementato il turismo, ma solo la speculazione. Un esempio per tutti: il palazzo sul lungomare, anzi sulla battigia, oggi sede dell’Inps. Un mostro, una Punta Perotti ante litteram. Non si deve dare merito alle persone che hanno il “coraggio”, come dice lei di fare qualcosa per la nostra costa, anzi occorre se non punirle con la reclusione, almeno sanzionarle con multe miliardarie per i danni che arrecano irrimediabilmente al nostro patrimonio naturale, loro sì compromettendo il turismo. In merito all’incendio del gazebo, non possiamo che condannarlo come tutti gli atti di violenza. Non lo giustificheremmo mai, nemmeno se fosse opera di un ambientalista che in “buonafede” avesse voluto “punire” il proprietario del lido per i danni alla costa. Non so se il gesto sia opera, come lei dice, “dell’invidia di qualche imbecille”, di “un concorrente insicuro delle proprie capacità”. Ma signora, si rende conto di quello che scrive? Secondo lei chi deturpa la costa è una persona sicura, capace e degna dei pubblici onori? Mi dispiace, non posso condividere una sola virgola della sua lettera. Appartengo e mi riconosco in un’altra cultura: quella della legalità, del rispetto delle regole e delle leggi, del rispetto degli altri e della natura. Credo che la sua filosofia possa essere condivisa solo da quei personaggi della prima repubblica (purtroppo in fase di riabilitazione) che hanno rovinato il nostro Paese con l’edilizia selvaggia. Vogliamo continuare a rovinarlo e soprattutto a disprezzare le leggi? Poi, però, non dobbiamo scandalizzarci, come fa lei, se c’è gente in giro che brucia le auto. Sono i figli di quella filosofia. E preferisco chiudere qui, perché mi creda, la sua lettera mi ha provocato rabbia, dolore e amarezza perché ho capito che c’è ancora tanta strada da fare: da trent’anni faccio giornalismo di denuncia (ho anche denunciato a suo tempo sulla “Gazzetta” lo scempio del palazzo sul lungomare, fin dal primo progetto, criticando gli amministratori dell’epoca) e continuerò a farlo, come sempre al servizio della verità, anche se farò arrabbiare le persone come lei. Gli Scout e i ragazzi disabili Egregio Direttore, in riferimento all’articolo apparso su “Quindici” del 15 maggio 2000 dove gli scout dell’Agesci lamentano l’indifferenza dei cittadini verso il borgo antico, dovrei loro rammentare l’increscioso episodio che ha visto mio figlio, ragazzo Down, ben inserito nel contesto scolastico e sociale, respinto dal gruppo in questione con queste testuali parole: “la nostra struttura è fatta solo per i normodotati”, rivolta da uno dei capi alla sottoscritta. Provvedimento questo che non è stato, poi, contestato né dal comitato genitori né dal sacerdote vicino al gruppo. Forse quel capo ignora che da più di vent’anni si parla di “integrazione dei disabili” e che non esiste ormai struttura a loro preclusa, tanto più se ispirata ai principi di solidarietà, di servizio, di disponibilità verso gli altri, come ritengo sia, appunto, quella degli scout. Pertanto esorto i capi del suddetto gruppo a meditare sul proprio operato prima di parlare di indifferenza e a far sì che episodi del genere, sconcertanti per non dire vergognosi, che indignano e allontanano, non abbiano più a ripetersi. La ringrazio, Direttore, della cortese ospitalità che vorrà dare a questa mia, le auguro buone vacanze e la saluto cordialmente. Lea Sasso Non essendo stati testimoni dei fatti, abbiamo girato la lettera ai capi dell’Agesci, chiedendo spiegazione di questo episodio. Ecco la loro risposta. Gent.mo Direttore, la ringraziamo per averci dato la possibilità di rispondere ad un genitore che, ancora una volta, solleva il problema dei ragazzi portatori di handicap inseriti nel gruppo scout A.G.E.S.C.I. del Molfetta 1. Sì, ancora una volta, perché siamo stati coinvolti più volte ma non ci è mai stata data la possibilità di replicare. Come molti sanno la nostra è un’Associazione educativa che accoglie ragazzi che intendono aderire allo scautismo inizialmente per volontà dei genitori, poi perché diventa una loro convinzione che, maturando nel tempo, può tradursi in una scelta di vita. Altre volte è solo desiderio dei genitori, e in questo caso il ragazzo prima o poi “molla”. L’AGESCI è ben disposta, tra l’altro, ad accogliere anche ragazzi portatori di handicap, su indicazione di psicologi o genitori, laddove ci sia la reale possibilità, oltre che la competenza necessaria ad affrontare le diverse situazioni che ci vengono prospettate, perché naturalmente ogni ragazzo ha la sua particolarità. Tra questi ce ne sono alcuni che vengono affiancati da una guida costante a differenza di altri, più autonomi. Nel nostro gruppo ci sono e ci sono stati diversi ragazzi portatori di handicap alcuni dei quali sono rimasti per più anni, altri per meno tempo perché le situazioni inizialmente prospettate dai genitori risultano essere quasi sempre diverse da quelle reali e solo in quest’ultimo caso ci si rende conto della possibilità di “fare educazione” con questi ragazzi. E’ superfluo aggiungere che contemporaneamente a tutto ciò i capi seguono tutti gli altri ragazzi con lo stesso metodo educativo. Infatti, ed è qui la differenza con altre agenzie educative, i capi educatori con tutti i ragazzi a loro affidati, avviano una Progressione Personale, un cammino cioè che ogni capo fa con ciascun ragazzo, per aiutarlo a crescere su diversi aspetti della propria vita. Pur comprendendo lo stile con cui la Sig.ra Sasso evidenzia il problema, la nostra esperienza con i ragazzi ci dice che i genitori spesso non vogliono leggere le inclinazioni dei propri figli, forzandoli ad esperienze che non sempre rispondono alle loro reali esigenze e tale atteggiamento, nel caso dei ragazzi portatori di handicap, può essere giustificato dall’amore di vederli completamente integrati. Nel caso specifico, dopo due anni di vita associativa, trascorsi con non poche difficoltà, il ragazzo ha dimostrato di non provare alcun interesse alla vita scout. Inoltre si è avvicinato all’associazione in età adulta e la sua primaria esigenza di socializzazione non ha trovato risposta adeguata nella vita tipica della fascia di età (la Branca R/S da 17 a 20 anni) nella quale è stato necessariamente inserito. La frase che la Sig.ra riporta “… la nostra struttura è fatta solo per i normodotati…” dev’essere inserita in un contesto che la Sig.ra Sasso non riporta. Si voleva con ciò dire che l’associazione è rivolta prevalentemente ai ragazzi normodotati, ma anche ai portatori di handicap. Questo prevede l’A.G.E.S.C.I.; non per questo precludiamo la strada a qualcuno. I capi si sforzano di fare educazione con tutti i ragazzi e, laddove risultasse possibile, anche con portatori di handicap. Se viene a mancare il fondamento dello scautismo e cioè creare un rapporto educativo, non ha senso una permanenza nel gruppo che risulta sterile e improduttiva. Ma, forse non è a tutti chiaro, la nostra Associazione non è fatta per un intrattenimento fine a se stesso. La Comunità Capi A.G.E.S.C.I.- Molfetta 1
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