Lettera ad Eluana
Un caso che chiama tutta Italia, senza regioni nè comuni, in causa sulla vita e sulla morte. Ma, in fondo, un caso per gli Englaro, nè da capire nè da accettare
MOLFETTA - Alla fine, ci sembrava un po' di conoscerti da sempre. Anche se nell'aspetto rivelato da poche foto, e non in quello oltraggiato dal destino e da un tempo sempre immobile. Probabilmente ti conoscevamo nell'essenza, sicuramente, alla fine, ti conosciamo nel senso che hai avuto. Alla fine: qualcuno sostiene che la fine sia arrivata - o sia stata fatta arrivare - ieri sera, poco dopo le otto, mentre l'Italia si metteva a cena ma solo tuo padre sapeva cosa stava accadendo davvero. Solo lui, solo per lui, e per la famiglia che rappresenta, tutto questo non è stato affare politico, conversazione pur pesante da solotto, ma pur sempre conversazione da salotto, prima di tornare a parlare di Italia-Brasile di questa sera.
Basta teorizzare: la tua storia, Eluana, è quella di tuo padre, dei tuoi cari, di nessun altro. Basta con i bigotti, con gli italiani medi che tra una faccenda e l'altra della giornata ti hanno messa in vetrina ad argomento della settimana, che hanno dissertato di giusto o sbagliato come in un reality show. Il dramma è solo vostro, la decisione solo vostra, non esiste nient'altro.
Qualcun altro invece sostiene che la fine sia arrivata diciassette anni fa: la questione è tutta qui, siamo come quel principe di Danimarca con l'etica anziché il teschio in mano, a decidere se sia più giusto definire la vita come metronomo fatto di battiti e respiri incoscienti ed autonomi o pensiero, dignità, sorriso, emozione.
La tua è stata vita, non vita: noi, dai nostri salotti, non ne usciremo mai. Dopodichè torneremo alle nostre faccende, magari neanche sappiamo cosa vuol dire stato vegetativo permanente o coma, o morte cerebrale o quale sia legge che la determina. Magari neanche ci ricorderemo delle profondissime, nazionalpopolari spinte emotive che ci muovono in queste ore, quando dovremo votare (e sia la volta buona) tra testamento biologico sì – testamento biologico no. Magari non ci capiremo nulla, e basta. Dopotutto, oggi è un altro giorno e stasera c'è Italia-Brasile.
Non so, Eluana, quanti italiani ieri sera abbiano visto il Grande Fratello: non ho voglia di guardare, rabbrividisco all'ipotizzare una risposta, e chi crede che sia demagogia è liberissimo di finirla qui di leggere. Tanto è un discorso tra te e me.
Quel che resta, ti dicevo, è l'essenza. Cosa è l'essenza di una vita. Una vita umana, se al regno umano apparteniamo, fino a prova contraria. Non quella delle piante.
L'essenza è il senso che alla vita diamo, credo. E il senso, sia inspirare-espirare o ritenerla soddisfacente e dignitosa, la propria vita, è racchiuso in un attributo che in questi giorni di maratone televisive non mi è parso di sentire una sola volta. E' soggettivo.
Non posso decidere io cosa sia la vita per te. Nessuno può, ancora. E' libertà.
Un solo dato era in nostro possesso: tu questa soggettività, in un altro tempo, in un altro posto, l'avevi espressa. Così ci hanno detto. “Bisogna vedere cosa avresti detto oggi, se avessi potuto”, mi hanno risposto in tanti. Non possiamo saperlo, sappiamo ciò che tuo padre ha detto di te: che non volevi, che la traccia ormai insicura del tuo corpo in quel letto era un insulto a te. Questo ha detto, e ha deciso.
A noi, di noi, se mai sarà, ci interesserà domani: oggi, è tuo padre, chi meglio di lui, a fare una scelta comunque giusta o comunque sbagliata. Non esiste opzione, esiste solo l'essenza. E quella, te la porti via, dentro di te. Quello che si è fatto chi l'ha fatto l'ha fatto in buona fede, se mai ha sbagliato in rapporto all'essenza che secondo te la vita conteneva. In un caso o nell'altro, la tua famiglia non ne uscirà più: altro che dissertazioni, teoremi, opinioni lapidarie: un po' di sana pietà, sano silenzio e affetto per questo padre, Italia tutta, prima di tornare alla tua pastasciutta. Ci sono cose per cui giusto o sbagliato non esiste, esiste giusto o sbagliato per chi c'è, per chi è, e poi più niente, lo show finisce.
Una cosa, prima di questo silenzio, soltanto una cosa. Non lo so se esiste la vita a tutti i costi, se la vita è il valore che le diamo, se manca è solo sopravvivenza, e le piante sopravvivono da sole. Ci sono cose che non sappiamo.
So che ho un pensiero, da tanto tempo, senza forma ma in viaggio: gli sembra di conoscerti un po' da sempre, ed è in viaggio da tanto per dirti solo che, ovunque sei stata fino ad ora, ovunque sei da adesso in poi, ti vogliamo bene.
Autore: Vincenzo Azzollini