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Leo Squeo fuoriclasse molfettese del Viareggio
15 febbraio 2009

MolÈ uno dei giocatori più forti che l ' h o c k e y molfettese può vantare, uno di quelli con un talento fuori dal comune, uno dei “top player” dell'hockey italiano: stiamo parlando di Leonardo Squeo, elemento di spicco del C.G.C. Viareggio e della Nazionale italiana. Leonardo, soprannominato “lo squalo”, classe 1982, cresce nel vivaio dell'Hockey Club Molfetta e fin da ragazzino mette in mostra tutte le sue enormi potenzialità, tecniche ed atletiche. Doti naturali che gli faranno bruciare le tappe e lo faranno arrivare quasi subito in prima squadra, mentre i suoi pari età, disputavano ancora i tornei giovanili. Di lui, non tarderanno ad accorgersi i grandi club e così Squeo, a soli 16 anni, lascia Molfetta per andare a giocare nel Roller Salerno, formazione che all'epoca puntava a grandi traguardi e che disputava la Coppa Campioni. E' proprio in questa competizione, che Squeo fa il suo esordio in maglia granata: si giocava contro i forti spagnoli del Reus, che tra le loro fila, vantavano anche la presenza di Enrico Mariotti. Ebbene Leonardo, all'esordio in una competizione internazionale per club, mise a segno una strepitosa tripletta: fu questo il suo biglietto da visita. Da allora, la sua carriera è sempre stata in ascesa. Tra le tante squadre di A1, dove ha militato, ricordiamo: Amatori Vercelli, Roller Novara, Rotellistica Novara e nelle ultime tre stagioni, Viareggio. Ha segnato più di 100 reti in serie A1 ed è uno degli “insostituibili” di mister Cupisti anche in Nazionale. Rapidità, grinta e tiro fulminante sono alcune delle sue migliori caratteristiche. Noi di “Quindici”, abbiamo avvicinato in esclusiva, il forte giocatore molfettese, per conoscere più da vicino, la sua storia e le sue ambizioni. Quando si parla di hockey pugliese, tutti o quasi, prendono Giovinazzo come riferimento. In realtà il giocatore che negli ultimi anni rappresenta maggiormente la nostra regione è di Molfetta e si chiama Leonardo Squeo. Una bella soddisfazione per te, non credi? «La culla dell'hockey pugliese è Giovinazzo. L'AFP è una squadra dove hanno militato grandi giocatori e che ha vinto coppe di prestigio. Molfetta invece, ha giocato solo due volte in A1 retrocedendo quasi subito. Spero che, i ragazzini molfettesi, che mi vedono giocare nel Viareggio ed in Nazionale, possano essere stimolati a giocare a hockey e mi auguro che molti di loro raggiungano grandi traguardi». Quali sono stati gli allenatori più importanti per te, quelli che ti hanno fatto crescere maggiormente? «Il più importante è stato Michele Poli, che mi ha insegnato a pattinare, a tenere una stecca in mano e persino ad allacciarmi i pattini. Chi mi ha lanciato invece, è stato Pino Marzella, che è stato un campione e dal quale ho cercato di imparare più cose possibili. Infine Alessandro Cupisti, mi ha plasmato tatticamente ma soprattutto caratterialmente, facendomi fare notevoli progressi». Sei sempre stato considerato un giocatore di talento ma dal carattere ribelle. A Viareggio però hai trovato la tua consacrazione e la giusta stabilità. Cosa è cambiato in te? «Sono cresciuto caratterialmente e mentalmente. Prima ero un ragazzino; avevo solo sedici anni quando andai via di casa e mi trovai a dover affrontare situazioni più grandi di me. Ero lontano da Molfetta, dalla mia famiglia e dalle mie cose e avevo bisogno di adattarmi a luoghi e realtà completamente diverse da quelle dov'ero cresciuto. A volte sono arrivato persino alle mani con mio padre e con alcuni miei allenatori, che cercavano di cambiarmi. Ora invece, sono maturato molto». Militi in una delle squadre più forti d'Italia e sei una pedina fissa della Nazionale italiana. Come si arriva così in alto, quali caratteristiche deve avere un giovane per poter raggiungere certi traguardi? «Bisogna avere buone doti tecniche ed allenarsi tantissimo. Io mi allenavo dalla mattina alla sera, non andavo neanche a scuola per allenarmi. Non penso di essere stato un buon esempio in questo senso, ma avevo tanta voglia di vincere e grinta da vendere». Quali sono i giocatori di hockey su pista, che stimi maggiormente? «I giocatori che ho sempre stimato da quando ho iniziato a giocare ad hockey, sono Enrico Mariotti e Roberto Crudeli, due autentiche bandiere dell'hockey italiano». L'H.C. Molfetta, punta alla promozione in serie A1. A tuo parere, questo è un obiettivo alla portata degli uomini del presidente De Palma? «Vedendo l'organico dell'Hockey Club di quest'anno, penso che possano tranquillamente puntare alla serie A1. A me farebbe immensamente piacere, anche perché così potrei tornare a giocare a Molfetta, vedere una volta in più la mia famiglia ed i miei amici. La società però deve salire in A1 ma puntare a rimanerci. Per questo, per ora prendo i fischi immotivati di Giovinazzo ma aspetto il Molfetta e la sportività ed il calore dei tifosi molfettesi». Quali sono i tuoi programmi futuri, i tuoi prossimi obiettivi? «Il mio obiettivo, è vincere qualcosa d'importante. Da dieci anni sono un giocatore professionista, ma non ho vinto molto. Per tre volte consecutive, ho perso la finale scudetto contro il grande Follonica. Adesso però, è arrivato il momento di vincere qualcosa di prestigioso e se ci riuscirò, dedicherò tale vittoria alla mia famiglia, che mi è sempre stata vicina». Gli appassionati di hockey molfettesi sognano di vederti vestire nuovamente la maglia biancorossa. Se ci fossero le condizioni, torneresti a difendere i colori della squadra della tua città? «Chiudere la carriera nella squadra della propria città, è il sogno di ogni giocatore. Quando con il Viareggio vengo a giocare a Giovinazzo, molti in Toscana mi augurano di fare un buon ritorno a casa. Io però, ci tengo sempre a precisare che Giovinazzo non è, nè la mia casa, nè la mia città. La mia casa è a Molfetta e la mia squadra del cuore, è l'Hockey Club Molfetta. Quindi, se un giorno ci saranno i presupposti tecnici ed economici, tornerei volentieri, non ci penserei un attimo».
Autore: Massimiliano Napoli
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