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Lavori pubblici tra libro dei sogni e cemento selvaggio nei cantieri perenni
15 dicembre 2020

Nel consiglio comunale del 16 novembre si è discusso di alcune variazioni al Programma triennale delle opere pubbliche 2020- 2022, praticamente quello che accompagna questa amministrazione fino alla fine del suo mandato in scadenza nel 2022. Ovviamente quando si discute di Programma triennale delle opere pubbliche si parla dell’elenco dei progetti di lavori pubblici che un’amministrazione comunale propone al consiglio comunale perché siano approvati. Un Programma che vale la pena di commentare in riferimento all’elenco annuale degli interventi previsti, non perché quelli dell’anno 2021 e 2022 siano carta straccia ma perché ogni anno, in ogni bilancio, essendoci delle variazioni, ciò che conta sono i lavori pubblici che poi saranno appaltati per l’anno in corso. In parole povere, val la pena concentrarsi sui lavori inseriti nell’anno 2020, quello in corso, perché si tratta di interventi che hanno già una progettazione a livello definitivo e quindi possono essere già appaltati e cantierizzati. Parlare invece di progetti degli anni successivi significa parlare molto spesso di progetti di fattibilità e di mere intenzioni che a volte si avvicinano al famigerato libro dei sogni. Dunque cosa è possibile scorgere di interessante nell’elenco annuale dei lavori pubblici, oltre alle strade da asfaltare e alle scuole da ristrutturare che sono misure adottate da ogni amministrazione di ogni colore? Le novità sono in gran parte nell’ultima pagina che reca le modifiche rispetto al Programma iniziale approvato nel consiglio comunale dello scorso marzo. Oltre ad alcuni interventi utili e urgenti, ad esempio l’adeguamento degli spazi scolastici per l’emergenza Covid o gli interventi di sicurezza stradale su cui finalmente l’amministrazione si è decisa a raccogliere gli input ripetuti dell’opposizione di sinistra – ad es. l’incrocio stradale tra via Corrado Salvemini e via papa Giovanni XXIII – ci sono nuovi progetti come l’urbanizzazione primaria del Comparto 17, quello a ridosso del cimitero e nelle zona delle ex stalle. Un comparto in cui da dieci anni sono sorti una decina di fabbricati che sebbene abitati ad oggi sono ancora sprovvisti di agibilità; un comparto in cui la rinuncia a realizzare alcuni uffici a piano terra da parte di un imprenditore edile privato ha lasciato una voragine utilizzata come discarica a ridosso di abitazioni civili. Un comparto che quindi deve essere ancora completato e su cui l’amministrazione comunale non sembra avere la benché minima idea di sistemazione complessiva. Tra i nuovi progetti figurano un impianto fotovoltaico da realizzare sulla diga foranea e il centro servizi del nuovo porto. Ma questi lavori non erano stati stralciati? Con quali soldi si faranno? Quelli delle “leggi porto”? O ancora, con quali soldi si vuole realizzare il progetto da 12 milioni di euro relativo al “waterfront, accesso del porto e banchina di Riva”. Si tratta del nuovo o del vecchio porto? Nel secondo caso, poiché i soldi delle “leggi porto” non sono utilizzabili, dove si reperiranno le risorse? A meno che non siano mega-progetti senza finanziamenti e dunque solo specchietti per allodole per accontentare e tenere buono qualche piccolo “grande” elettore dell’amministrazione. Altre stranezze contenute in questo Programma triennale delle opere pubbliche? Ricordate il progetto avveniristico della “Smart City”? Bene, in questo triennio, a parte colate di cemento e di asfalto, sapete quanto è previsto di stanziamento per i “Servizi della città intelligente”? Lo stanziamento ammonta a zero euro. Ma il vero scandalo di questo Programma triennale è quello relativo allo spezzettamento continuo e permanente degli appalti pubblici. È mai possibile che ci siano opere pubbliche realizzate che continuano ancora ad assorbire risorse per adeguamenti, allestimenti, completamento e rifiniture? Possibile che in questa città non esistano “appalti e lavori chiavi in mano” che si iniziano e si terminano? Esempi? La cittadella degli artisti, la Fabbrica di san Domenico ma soprattutto la pista di atletica. Voci diverse, progetti diversi in questo Programma triennale di lavori pubblici per siti e impianti identici. Ad es. per la pista atletica – già abbondantemente inaugurata, denominata e benedetta dalle autorità civili e religiose - sono previsti ulteriori lavori di completamento/ adeguamento per due voci distinte, una di 450.000 euro e l’altra di 250.000. Sono alcuni degli aspetti che dovrebbero spingere degli amministratori coscienti del loro ruolo, consapevoli dell’importanza della programmazione delle opere pubbliche e che sono stati coinvolti in indagini giudiziarie – come quelle degli ultimi tempi – a fare un passo indietro rispetto agli incarichi che ricoprono. Questo passo indietro è stato fatto dall’assessore ai lavori pubblici e finanche da una consigliera comunale componente della Commissione consigliare Urbanistica e lavori pubblici, una scelta che onora le Istituzioni e le persone che questo passo hanno compiuto. Un passo che consente loro di tutelare la propria persona e la propria legittima difesa nello svolgimento delle indagini ma soprattutto tutela l’onore e il decoro delle Istituzioni. Una scelta che invece disonora le Istituzioni è l’abbarbicarsi alla sua posizione del sindaco Tommaso Minervini che nello stesso consiglio comunale, senza colpo ferire, ha rimesso su il disco del “sindaco-salvatore della Patria” che non può abbandonare la nave nel momento del bisogno. Beninteso, un avviso di garanzia non è assolutamente indice di colpevolezza, del resto le cronache politiche e giudiziarie degli ultimi anni dovrebbero insegnarci qualcosa e la sinistra non dovrebbe mai, in alcun modo, appisolarsi su certi allori e utilizzare tali argomenti per attaccare l’avversario politico. È in occasioni come queste che torna a galla la stortura di certi meccanismi elettorali e istituzionali come quello della elezione diretta del sindaco. Come è noto il sindaco di Molfetta, un assessore e un consigliere comunale di opposizione hanno ricevuto un avviso di garanzia su indagini in svolgimento relativamente ad appalti e lavori pubblici. Così la sfera della politica e della magistratura entrano in relazione tra loro con il rischio di danni reciproci al prestigio delle Istituzioni. Perché? Un avviso di garanzia non è una condanna ma una tutela per l’indagato, il quale sarebbe opportuno che non continuasse a ricoprire incarichi pubblici per consentire alle Istituzioni e alla Politica di conservare il loro prestigio. Ebbene, dell’assessore e della consigliera comunale abbiamo già detto. Le loro dimissioni consentono di nominare un nuovo assessore al ramo che sia espressione della stessa compagine politico- amministrativa. Analoga cosa per la consigliera dimessa, subentra il cittadino primo dei non eletti della stessa lista e anche qui la situazione torna in equilibrio. Il problema più grave, la stortura istituzionale, invece, riguarda l’elezione diretta del sindaco che in quanto eletto dal popolo se si dimettesse porterebbe allo scioglimento del consiglio comunale e quindi all’arrivo di un Commissario prefettizio e quindi a un rallentamento, quando non a una vera propria paralisi dell’amministrazione. E quindi a fronte di un’indagine su appalti e lavori pubblici in cui è coinvolto il sindaco di una città ci ritroviamo in un paradosso: tenersi un sindaco indagato a dirigere la macchina politico-amministrativa oppure, in alternativa, le dimissioni del sindaco con l’arrivo del commissario prefettizio. In ogni caso un’imbarazzante situazione per il prestigio delle Istituzioni e per la sovranità democratica. Ma questo grave imbarazzo non sembra interessare più di tanto gli osservatori e gli attori politici, né di destra, né di centro né una parte della sinistra. Non sarebbe meglio discutere quanto meno se tornare all’elezione diretta del sindaco da parte dei consiglieri comunali? In casi come questi, il sindaco indagato potrebbe dimettersi e il Consiglio comunale, eletto dai cittadini, eleggerebbe un nuovo sindaco espressione della stessa maggioranza. Invece in questa situazione, basta un solo avviso di garanzia per diminuire il prestigio della carica monocratica sindacale ma soprattutto gettare un’ombra sull’operato delle Istituzioni. O dobbiamo continuare a vivere in questi paradossi nonostante, dopo trent’anni, questa legge elettorale abbia mostrato questo e tanti altri difetti? Ma a quanto pare l’immarcescibile sindaco Minervini non sembra minimamente sfiorato da dubbio alcuno nella sua prosopopea tracotante, del resto chi volta alto in elicottero non è impensierito dalla questione dell’onore delle Istituzioni terrene. Sull’onore della politica e delle scelte coerenti, beh… parla da sola la sua biografia di camaleonte trasformista. A questo punto, dunque, il cittadino potrebbe chiedersi “ma allora come è possibile salvaguardare la continuità democratica dell’elezione di un sindaco e di un consiglio comunale, evitare il commissariamento e la paralisi amministrativa, tutelare il decoro delle Istituzioni e anche il diritto alla difesa della persona del sindaco”? Ricordate il caso del sindaco di Roma, Ignazio Marino, costretto a dimettersi a seguito di un’inchiesta giudiziaria che si è poi rivelata infondata? Chi ripaga i cittadini dello sfregio del loro legittimo diritto ad eleggere un sindaco e un consiglio comunale in una libera elezione? Come si può provare dunque a salvare Istituzioni e diritti della persona senza scadere nel bieco e primitivo giustizialismo che richiede le dimissioni per un avviso di garanzia? Un giustizialismo che tanti danni ha procurato anche alla sinistra politica di questo paese? Una soluzione potrebbe esserci e sarebbe quella avanzata dall’opposizione di sinistra con il consigliere Beppe Zanna proprio nel consiglio comunale di novembre: nessun può impedire al sindaco di autosospendersi dalle funzioni per lasciarle temporaneamente nelle mani del vicesindaco. Si tratterebbe di una scelta forte e insolita che salvaguarderebbe il prestigio delle Istituzioni e la carica del sindaco nonché tutelerebbe la persona dell’indagato Tommaso Minervini. Si tratterebbe tra l’altro anche di una prova di forza politica, di coesione interna e di fiducia reciproca interna della compagine politico-amministrativa di “centrodestrasinistra” abituata a dipingersi come un’alleanza di fenomeni e uomini esperti ma che ad oggi – nel migliore dei casi (o peggiore, a seconda dei punti di vista) – evidenzia soltanto un’assoluta dipendenza dal sindaco Minervini e dal sindaco-ombra Tammacco. © Riproduzione riservata

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