Laboratorio sull'unità d'Italia al liceo Vito Fornari
La Fabbrica di San Domenico è stata teatro di un’interessantissima conversazione, organizzata dal Liceo Statale “Vito Fornari” (Liceo linguistico e delle scienze umane, anche con opzione economico-sociale), sulla tematica dell’educazione all’Unità. Si è trattato del quarto appuntamento (primo relatore era stato il Dirigente Scolastico del Liceo) nell’ambito di un progetto intitolato “Con-versare per con-dividere” (con referente la prof.ssa Linda Panunzio), fondato sull’organizzazione di incontri di studio, impostati con modalità laboratoriali, per la celebrazione dei 150 anni dall’Unità d’Italia. Nella Sala Finocchiaro, gremita di studenti e docenti del Liceo, ma anche di cittadini convenuti per l’iniziativa, la prof.ssa Maria Luisa De Natale, professore ordinario di Pedagogia generale presso l’Università Sacro Cuore di Milano, ha dialogato con il pubblico sulle strategie opportune per radicare nella popolazione, alle prese con una congiuntura politico- economica di estrema complessità, il senso di appartenenza allo Stato italiano. A introdurre la relatrice una lucida e acuta prolusione del Dirigente Scolastico del Liceo “Fornari”, il prof. Rodolfo Nicola Azzollini. Egli ha focalizzato l’attenzione sull’attuale scenario storico “che vede emergere tendenze separatiste e disgregatrici”. Il divario economico Nord-Sud ha indotto i settentrionali a coltivare l’intento di liberarsi dalla “zavorra meridionale” per decollare verso fasce di reddito ben più elevate. Ciò ha determinato anche una reazione veemente nel Sud, con l’aff ermarsi di certe tendenze storiografi che tese a ridisegnare il panorama del meridionalismo e ad accentuare gli aspetti deteriori del processo unitario. Il successivo intervento di Lucrezia Stellacci, Direttore Generale dell’Uffi cio Scolastico Regionale della Puglia, ha posto l’accento sull’importanza della funzione educativa della scuola, in un’epoca di profonda crisi sociale. “Ridare valore alla scuola è un modo di festeggiare questi 150 anni”; in un momento in cui “i valori sono dichiarati, non testimoniati”, è importante che l’istituzione si ponga al servizio della persona, col fi ne di svilupparne le doti di relazionalità e responsabilità. Forte anche di una docenza di lungo corso nell’ateneo lombardo, la prof.ssa De Natale, con bonomia e acuto senso dell’humour, ha meditato sulle modalità auspicabili per rinvigorire il dialogo Nord- Sud, in una penisola in cui sembra sia smarrito il senso dell’appartenenza statale. Lo ha fatto con la certezza che non si possa individuare una ricetta utile nella risoluzione di ogni tipologia di confl itto, ma debba più che altro auspicarsi un ritorno di ciascun “contendente” all’autenticità del proprio essere, indispensabile perché ci si possa rapportare profi cuamente all’altro da sé. In fondo, ha evidenziato la relatrice, educare all’Unità non è altro che educare a una corretta enucleazione del concetto di cultura. Muovendo dall’assunto che ogni cultura si fonda su due dimensioni, l’aspetto valoriale e quello delle modalità e delle tecniche atte a “inverare” i princìpi di riferimento, un confronto tra culture diff erenti non potrà che rilevarne l’affi nità... Simili saranno infatti i valori (si è avanzato l’esempio del culto patronale, vivo a Bari come a Milano), variegate le modalità di estrinsecazione di questi ultimi. Il processo educativo coadiuva l’individuo nell’acquisizione di consapevolezza del proprio rappresentare un “valore”; lo “illumina sul proprio signifi cato di persona”. Forte di quest’acquisita dimensione, il protagonista di tale processo diviene capace di impegnarsi nella costruzione di una società migliore. Ciò comporta anche la capacità di adottare nella pratica quotidiana atteggiamenti di concreta “costruzione” dell’Unità. Paradossalmente, per far ciò, ciascuno di noi dovrà identifi carsi al massimo grado con gli elementi distintivi dell’identità meridionale, perché solo se dotati di un forte senso di appartenenza alla nostra cultura saremo in grado di dialogare con l’identità settentrionale (e viceversa) in maniera serena, senza avvertire un senso di oscura minaccia. In tale direzione, anche il riconoscimento dei nostri limiti potrà giovarci, nella misura in cui sapremo trasformarli in un pungolo che ci induca al miglioramento. Nel corso del successivo dibattito, interessanti interrogativi sono emersi dagli studenti e la prof.ssa De Natale ha avuto anche l’occasione di rifl ettere sull’amenità della proposta, settentrionale, di introdurre, per ovvi fi ni di esclusione di candidati meridionali, la conoscenza del dialetto come condizione necessaria per il superamento di pubblici concorsi. Primario fi ne del linguaggio è la comunicazione; se il linguaggio regionale consente di esprimersi con maggiore autenticità, è l’italiano standard a garantire l’estensione del processo comunicativo. Ha concluso elegantemente la serata la prof.ssa Linda Panunzio, ricordando che la chiave di volta per una risoluzione di tali confl itti è, in fondo, ravvisabile nel concetto di accoglienza. La docente ha ceduto così la parola a Edmondo de Amicis e al libro “Cuore”, testo oggi dai soloni tacciato di melensaggine (e non solo: si pensi ai vari elogi di Franti), ma forse ancora in grado di insegnare qualcosa ai giovani. È il momento in cui il maestro Perboni presenta ai suoi studenti un nuovo allievo, raccomandando loro di aiutarlo a inserirsi positivamente nel gruppo classe (il romanzo è ambientato a Torino): “Voi dovete essere contenti. Oggi entra nella scuola un piccolo italiano nato a Reggio di Calabria, a più di cinquecento miglia di qua. Vogliate bene al vostro fratello venuto di lontano. Egli è nato in una terra gloriosa, che diede all’Italia degli uomini illustri, e le dà dei forti lavoratori e dei bravi soldati; in una delle più belle terre della nostra patria, dove son grandi foreste e grandi montagne, abitate da un popolo pieno d’ingegno, di coraggio. Vogliategli bene, in maniera che non s’accorga di esser lontano dalla città dove è nato; fategli vedere che un ragazzo italiano, in qualunque scuola italiana metta il piede, ci trova dei fratelli”. Con l’augurio che quest’ultima asserzione possa conoscere attuazione anche negli odierni contesti scolastici…
Autore: Gianni Antonio Palumbo