La tragedia della Truck Center riapre a Molfetta la pagina delle morti sul lavoro
Una tragedia, quella della Truck Center di Molfetta, nel Marzo di quest'anno. Tante automobili, il suono delle sirene, si intravede un' autocisterna verde, con il robottino metallico disarmato sul tetto e la botola aperta su quella che è diventata la tomba per quattro operai e per il padrone dell'azienda. Morti ognuno per salvare gli altri che erano in difficoltà, sul posto di lavoro. Le vittime sono: Vincenzo Altomare, Luigi Farinola, Guglielmo Mangano, Biagio Sciancalepore, Michele Tasca. Sono tanti i messaggi di cordoglio, tanti gli interventi al corteo che ha visto la partecipazione di 10.000 persone, per dire no alle morti sul lavoro. “Non basta proporre una legislazione severa sulla questione della sicurezza sul lavoro necessario che ci sia l'impegno delle parti sociali ed è necessario rafforzare le ispezioni sui luoghi di lavoro in modo che, giorno per giorno, sia possibile garantire la sicurezza dei lavoratori, che è un aspetto imprescindibile del lavoro stesso”, sono state queste le parole di Romano Prodi, all'incontro con le famiglie delle vittime, proprio mentre veniva proclamato il lutto cittadino. Il lavoro come attività esteriore, come asservimento quotidiano ad un processo meccanico e distruttivo, privo di precauzioni e autosufficiente. Il lavoro è solo un mezzo, un'azione da giudicare nel suo puro isolamento, nel fenomeno, non certo in una qualche essenza, perché non ha essenza. E' un'azione ingrata, superficiale ma necessaria, per portare una parvenza di stipendio a fine mese. Allora la morte di un operaio è un accidente usuale, così come l'operaio è la variabile dipendente dalla costante, il profitto. Solo quando la morte può sembrare eclatante, quando sono 5 gli operai morti, se ne parla a voce bassa, visi scuri e voce soffusa, quasi a sembrare davvero dispiaciuti. A novembre si è conclusa l'inchiesta e sono state sette le richieste di rinvio a giudizio. Le indagini hanno poi ipotizzato che ad uccidere i cinque uomini non sia stato lo zolfo ma un'intossicazione acuta da acido solfidrico, già presente nella cisterna al momento in cui fu portata al lavaggio. Di qui le accuse ai responsabili delle varie società interessate. “Sono morti anche perché noi non siamo stati abbastanza vivi”, dicevano i tanti messaggi di cordoglio. La vita non è un mezzo per il denaro, e il denaro non può detenere il comando della vita, altrimenti la uccide.
Autore: Giacomo Pisani