MOLFETTA - L’incontro tra la pizza napoletana e quella pugliese è stato celebrato al ristorante pizzeria “Il Vecchio Gazebo” di Molfetta tra l’Associazione Pizzaioli Professionisti e il Consorzio italiano di tutela della Pizza Napoletana STG (specialità tradizionale garantita). Durante la conferenza, il presidente del consorzio, cav. Antonio Starita, ha precisato che non necessariamente la pizza napoletana deve essere concepita in antitesi con la pizza pugliese e, soprattutto, che non può intendersi come pizza esclusiva di Napoli, bensì di tutta l’Italia meridionale.
L’illustrazione del disciplinare del consorzio, è stato preceduto dall’introduzione del presidente dell’APP pugliese, Luigi Stamerra, che da un lato ha ribadito la necessità di tutelare la qualità e la valorizzazione della pizza pugliese (in particolare, la panificazione, la tradizionale lavorazione delle farine con i il lievito naturale, l’uso di ingredienti naturali, ecc.), dall’altro ha sottolineato la non conflittualità tra pizza napoletana e pizza pugliese.
Per di più, il cav. Starita ha chiarito che il disciplinare, approvato dalla Comunità Europea, ha il compito di difendere il prodotto dagli attacchi continui della grande produzione. Innanzitutto, dai “censori” europei e italiani del forno a legna: ad esempio, una pizza napoletana, come anche una pugliese, non può in alcuna maniera scindersi dal metodo di cottura tradizionale, insurrogabile dai forni elettrici che non danno al prodotto pizza la stessa qualità, bontà, fragranza del forno a legna.
Il cav. Starita ha anche evidenziato che per troppi anni la pizza napoletana è stata “strapazzata” ed è per questo che il consorzio di tutela si è prefissato come compito primario quello del rispetto della tradizione, per mantenere il prodotto a livelli qualitativi vi elevati.
Tre sono le autentiche pizze napoletane, ha spiegato Starita: la napoletana, quella senza mozzarella, la margherita, con mozzarella e basilico e pomodoro, e la cosiddetta “bufalina”, con mozzarella di bufala, non necessariamente napoletana, perché «non si può pretendere che una pizza napoletana prodotta in Puglia debba necessariamente approvvigionarsi della stessa mozzarella prodotta in Campania da specifici e ben circoscritti caseifici che, non potendo garantire una produzione su larga scala, inevitabilmente possono portare all’aggiramento delle procedure e alle sofisticazioni, quando invece è possibile produrre un’autentica e genuina pizza napoletana seguendo scrupolosamente il disciplinare».
La proposta alle pizzerie pugliesi APP è quella di aderire al consorzio, rispettandone i criteri di accesso, senza però abbandonare la pizza pugliese. Insomma, due mondi dello stesso meridione che si incontrano e non si scontrano, poiché la pizza napoletana non può e non deve essere intesa come pizza della città di Napoli, ma come prodotto di tutta l’Italia meridionale e non del Nord, perché la “pizza italiana” non esiste. Esistono la “napoletana” e la “pugliese”, prodotta in puglia con i metodi di panificazione e con i prodotti tipici regionali autentici e di chiara origine pugliese, qualitativamente superiori e soprattutto a km zero.
Peraltro, sono questi gli obiettivi indiscutibili alla base del progetto Pizzapulia dell’Associazione Pizzaioli Pugliesi. Promotori dell’iniziativa sono stati il presidente Stamerra e il direttore generale Giovanni Giorgio, in collaborazione con i responsabili della Provincia di Bari Alessandro Pastoressa dell'Aula di formazione Quinto Peccato di Bitonto e i molfettesi Giuseppe Petruzzella e Domenico Piccininni, titolari del ristorante-pizzeria Il Vecchio Gazebo di Molfetta.
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