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La rivincita del gambero
15 giugno 2016

Boom di liste civiche e una selva di candidati hanno caratterizzato le ultime elezioni amministrative per le quali nelle grandi città si andrà domenica 19 giugno al ballottaggio. Per quella data questo numero di “Quindici” di giugno sarà già in edicola e non potremo analizzare il voto per capire anche quali orientamenti e quali ripercussioni avrà anche per Molfetta, che andrà al voto nella primavera 2017, ma possiamo, intanto, fare alcune considerazioni sul risultato del primo turno. Certo un anno è un tempo molto lungo e nessuno può azzardarsi in previsioni che poi rischiano di essere smentite, come è accaduto alle amministrative 2013 quando il ballottaggio ha ribaltato il risultato del primo turno. Forse Molfetta anche in questo caso è stata un laboratorio politico. Dopo la fine dell’esperienza del centrosinistra sicuramente ci saranno molti che tenteranno di portare indietro la città, cancellando i passi in avanti di questi tre anni e soprattutto il clima di legalità ripristinato dopo arresti e scandali relativi all’edilizia e al porto. Qualcuno vuole far dimenticare quelle vicende e ha messo in atto una campagna martellante per screditare l’amministrazione di Paola Natalicchio, arrivando perfino all’assurda accusa di immobilismo. E, stranamente, ha trovato una facile sponda in un Pd spaccato, lacerato al suo interno, affetto da cannibalismo politico non condiviso dalla sua base elettorale (altro che gioco al massacro, il Pd si sta suicidando da solo), e senza più credibilità esterna (tanti attivisti e molti elettori lo hanno già abbandonato e altri lo faranno). Un partito considerato il vero responsabile della crisi (l’opposizione è stata a guardare, ringraziando dell’insperato regalo). Del resto Molfetta non è l’unica amministrazione di centrosinistra fatta cadere dal Partito democratico: ultimo caso, quello di Martina Franca. Ma le elezioni amministrative del 5 giugno hanno confermato un’inversione di tendenza che pare inarrestabile. E’ stata sancita la sconfitta dei partiti a favore delle liste civiche e dei movimenti. Ad essere maggiormente penalizzato è stato proprio il Pd di Matteo Renzi che soffre nelle grandi città e rischia di perdere dei capisaldi come Roma, Milano e Torino, un risultato che sarebbe una vera sconfitta politica. Il centrodestra senza Berlusconi è alla ricerca di una nuova identità e rischia di trovarla nelle forze estremiste e xenofobe che stanno cavalcando la crisi, la paura e il disagio dei cittadini scaricando le responsabilità su chi governa, non importa se di destra o di sinistra. Si cavalca così la politica populista e antisistema, la più facile da praticare quando si sta all’opposizione, ma difficile gestire quando si è al governo. E se si vincono le elezioni bisognerà pur governare, e non è facile. Amministrare una città grande, complessa e con mille problemi irrisolti come Roma, non sarà facile per i grillini del 5 Stelle, che oggi appaiono i veri vincitori della consultazione elettorale. Ad essere bocciato è stato soprattutto il cosiddetto Partito della Nazione, desiderio non tanto nascosto di Renzi, che punta a realizzare l’ammucchiata con Verdini, Schifani e qualche altro pezzo di Forza Italia ora che Berlusconi ha anche problemi di salute, per contrastare il fronte 5 Stelle che potrebbe ricevere un sostegno anti Pd da Salvini e dalla Meloni. Ecco perché è necessario che vinca il SI al referendum costituzionale di ottobre. E l’ordine di avviare subito una campagna elettorale per il SI è partito dall’alto ed è stato subito raccolto da Piero de Nicolo (vedi la vignetta di Michelangelo Manente che lo ritrae mentre mendica voti), più preoccupato della sua personale sorte politica col carro di Emiliano che del destino di Molfetta.Ha perduto anche la sinistra, anzi la nuova sinistra che stenta a partire e che rischia di scomparire prima di nascere, facendo la fine di Rifondazione che resiste solo in qualche riserva indiana stalinista. Tanta gente non si sente ancora rappresentata da questa nuova sinistra all’opposizione del Pd dentro e fuori, per cui il popolo finisce per affidarsi ai populisti o si astiene. Ma se i pochi Comuni come Molfetta che riescono a realizzare la buona politica fatta di innovazione e di quella pulizia morale, di quella realtà fatta di solidarietà, rispetto dell’ambiente, difesa del lavoro, della scuola, della sanità, vengono poi bombardati dai reazionari, dai portatori di interessi politici della vecchia guardia, fino a far cadere quei rappresentanti sui quali era stata riversata la fiducia dei cittadini, cosa si può fare? Arrendersi, mentre cresce il disagio, il malessere e la disaffezione dei cittadini che vengono artatamente e strategicamente orientati da una propaganda alla Goebbels basata sull’odio, la calunnia che ripetute cento volte diventano verità? È la rivincita del gambero, che ama camminare all’indietro, per riportare quella falsa idea di liberalismo fatta di libertà dalle leggi e dalle regole che finisce per diventare illegalità diffusa che la città ha già conosciuto in passato. Così dopo aver logorato ai fianchi il sindaco Natalicchio, i protagonisti di questo ritorno al passato fatto di dinosauri (Renzi rottama a Roma e restaura a Molfetta, basterebbe questo dato a renderlo assolutamente inaffidabile, figlio di Berlusconi e nipote di Gelli, come abbiamo sempre sostenuto), invidiosi, incapaci che cercano il riscatto si affidano a improbabili salvatori della patria che mai hanno portato vantaggi per la città, ma solo improvvisazioni inconcludenti che nel migliore dei casi potrebbero non lasciare traccia, ma che nel peggiore e più realistico caso lasciano macerie, che dovranno essere rimosse e risanate da chi verrà dopo di loro con provvedimenti impopolari che non allungheranno la vita a questi governi. A Molfetta ci sarà una pioggia di candidati e liste civiche dai liberatori, a quelli del riscatto, dai gamberi del “cambia verso” agli opportunisti free, dai populisti di quartiere agli squallidi mercenari e chi più ne ha più ne metta. La foto di questa pagina è, infatti emblematica di questo melting pot di bassa lega che ci aspetta. Assisteremo alla grande coalizione promossa dal Pd che dietro quella che si considera la Giovanna d’Arco di Molfetta, la consigliera Annalisa Altomare e del suo scudiero e attendente Piero de Nicolo, novello Jean d’Aulon, metterà insieme la corte dei miracoli della politica fatta di voltagabbana alla Tammacco, dai sempreverdi Amato e Caputo, con contorno di roselline minute fino al redivivo senatore, tutti insieme amorosamente e pericolosamente, per governare la città. Sarà questa la Molfetta 4.0 dove rifioriranno i porti, il cemento colerà a fiumi tra edilizia privata e improbabili e inutili opere pubbliche (con quali soldi?), per il piacere di coloro che potranno temporaneamente lavorarci, la disoccupazione scomparirà e ci saranno perfino giovani sorridenti per le strade, ancora increduli per tanto benessere senza sforzi e sacrifici grazie ai soldi pubblici diffusi a piene mani anche a coloro che non hanno mai lavorato, vivendo di assistenza, che sarà la nuova Bengodi per tutti dai fruttivendoli abusivi ai markettari a gettone. La gente crederà a questo miracolo che poi pagherà sulla propria pelle quando qualcuno dall’alto stabilirà che i debiti si devono pagare e di fronte al dissesto già rischiato in passato dall’amministrazione Azzollini, occorrerà prosciugare le tasche dei cittadini. Qualcuno, allora forse si ravvedrà, ma sarà troppo tardi. Scenario apocalittico? Romanzo di fantascienza? Sicuramente, abbiamo solo fatto un brutto sogno. Ma tante volte la realtà somiglia, almeno un poco, alla fantasia.

Autore: Felice de Sanctis
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