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La “ristrutturazione” della Prima cala e le polemiche
15 luglio 2002

Caro Direttore, L'idea progettuale proposta dalla sezione di Molfetta del WWF (sono iscritto all'associazione ambientalista da vent'anni) all'Amministrazione Comunale ed attuata dai competenti organi tecnici è partita da un'analisi storico-naturalistica di Lama Cupa e del suo sbocco a mare, denominato Prima Cala, ed ha utilizzato gli studi pubblicati da Corrado Pisani, Corrado Pappagallo e dal sottoscritto, valendosi, inoltre, dell'apporto del geologo Gianni Caputo. A tale proposito il WWF e il Comune hanno diffuso un opuscolo e collocato in zona un pannello informativo (ai quali “Quindici” non fa il minimo cenno) che spiegano, in modo inevitabilmente sintetico, la “storia” della Prima Cala, la tipologia e le motivazioni degli interventi attuati e le finalità che si vogliono raggiungere. Senza la conoscenza di almeno due dei più pesanti interventi subiti dalla zona (lo sbancamento della scogliera e del costone roccioso della lama avvenuto nel secolo XIX per ricavare blocchi di pietra con cui costruire il porto di Molfetta e l'uso come discarica di materiale inerte edile per almeno la prima metà del secolo XX) non si può comprendere il significato degli interventi effettuati e si induce in errore il tecnico interpellato da “Quindici” al quale si parla di “presunto intervento di difesa dall'azione marina” e di “muretto antierosione”, mentre il manufatto incriminato ha solo un'azione di contenimento. Per contrastare il fenomeno dell'erosione certamente non serve un muretto ma, così come è stato fatto, e come ha indicato il tecnico nell'intervista, è necessario “integrare la spiaggia con ciottoli”. Le prescrizioni del tecnico intervistato sono, quindi, condivisibili, ma le sue critiche sono attribuibili ad una situazione diversa da quella indicata al tecnico stesso dall'intervistatore. Si è trattato, verosimilmente, di un'intervista telefonica, senza una conoscenza ed esame diretto dei luoghi, tanto più che, come rilevò il geologo Gianni Caputo durante i sopralluoghi preliminari ai lavori, nella parte occidentale della cala (dove è stato costruito il muro) si ha una prevalente azione di accumulo e non di erosione. “Quindici” ignora completamente la “storia” della Prima Cala che rappresenta il presupposto indispensabile per comprendere gli interventi effettuati. E da ciò nascono gli equivoci. Nel giornale si vuole contrabbandare come un tratto di costa vergine una delle zone più manomesse del nostro litorale. Basti vedere quanti muri, muretti e scale di cemento a vista si trovano nella zona, senza che, per altro, abbiano mai suscitato alcuna protesta. Frasi quali “alterazioni permanenti e irreversibili del paesaggio costiero”, “quel muro ha violato l'autenticità di un tratto di costa”, “l'intervento ha ingessato e modificato la naturalità” sono estremamente fuorvianti se attribuite alla Prima Cala, perché danno ad intendere che si tratti di un paesaggio integro, contrariamente a ciò che attesta la documentazione storica e l'osservazione del sito. Anche l'affermazione di Legambiente “oggi la prima cala dà più l'impressione di essere una spiaggia rifatta e non recuperata, né tanto meno restituita al suo volto originario” è priva di significato: in primo luogo perché la spiaggia non è stata minimamente interessata da nuovi interventi edili, in secondo luogo perché c'è da chiedersi cosa intenda Legambiente per “volto originario” della Prima Cala. Si vuol far credere che una semplice operazione di pulizia della spiaggia (“non si venga a parlare di degrado della prima cala. Lì c'era solo sporcizia”) bastasse per risanare la zona, ignorando una piccola voragine apertasi sulla preesistente pavimentazione prospiciente il campo sportivo Paolo Poli e la parete franosa di materiale inerte che di anno in anno creava crescenti problemi di sicurezza, come possono testimoniare i bagnanti della zona (tra i quali il sottoscritto, utente della Prima Cala da oltre un decennio) e la documentazione fotografica in mio possesso. La proposta di “sbancare tutto, togliere i detriti, risistemare gli alberi” risulta incomprensibile se lo stesso “Quindici” accolse in maniera positiva la notizia della piantumazione del primo filare di Tamerici nel 1996, del secondo filare nel 1999 e del completamento con oltre un centinaio di alberi (intervista al responsabile della sezione di Molfetta del WWF Pasquale Salvemini riportata nel n. 12 del dicembre 1999). Non ci si rende conto, tra l'altro, che attualmente lo sbancamento avrebbe comportato la perdita delle Tamerici e costi altissimi dovuti al trasporto e al conferimento in discarica del materiale asportato. Lo sbancamento fu un'opzione scartata sin dal 1996 (quando proprio su quel materiale inerte fu piantato il primo filare di Tamerici, senza che fosse mossa alcuna critica) anche per motivi di semplice buon senso: avrebbe comportato lo smantellamento della strada che attraversa la cala e della rampa di accesso alla S.S. 16 con conseguente forte aumento della pendenza della stessa rampa. L'eliminazione del materiale edile di risulta (non si tratta di sola spazzatura come semplicisticamente viene detto nell'articolo) non avrebbe comunque riportato il sito in una condizione di recupero e di integrità, in quanto vi era stato, come già ricordato, lo sbancamento del costone roccioso nel secolo XIX. Anche dal punto di vista volumetrico, sia pure non quantificabile, era inopportuno eliminare il materiale inerte in quanto esso aveva occupato il posto del costone roccioso distrutto. Tutte queste considerazioni lasciavano aperta solo la possibilità di consolidare questo materiale attraverso l'azione naturale delle radici degli alberi e di contenere la parete rivolta sul fronte-mare attraverso opportuni interventi che eliminassero le condizioni di pericolo (caduta di persone e di oggetti dal ciglio) e di disgregazione (caduta di blocchi di pietra e frammenti di mattoni). La sezione di Molfetta del WWF, che non è un organo tecnico, ha posto il problema, discusso al suo interno le varie ipotesi, fatto delle proposte, ma le decisioni finali sono state prese dagli organi competenti che hanno verosimilmente scelto la soluzione più idonea sia da un punto di vista economico che funzionale. Va da sé che ogni soluzione presenta aspetti sia positivi sia negativi; evidentemente il miglior compromesso tra esigenze spesso contrastanti, data anche l'urgenza dell'intervento, è rappresentato dal muro di contenimento. Risulta altrettanto incomprensibile la sottile insinuazione fatta da “Quindici” di un costante abusivismo negli interventi (dalla piantumazione delle Tamerici, alla opere edili); basti ricordare che in tutte le cerimonie inaugurali delle varie fasi del progetto (novembre 1996, novembre 1999, novembre 2001, giugno 2002) sono intervenuti rappresentanti, spesso ai massimi livelli, degli enti locali, dell'Ufficio Tecnico Comunale e della Capitaneria di Porto. Va comunque precisato, a scanso di equivoci, che dal punto di vista procedurale e amministrativo sono sempre richieste correttezza e trasparenza, anche se, nel caso specifico, l'urgenza è stata una necessità reale e non un alibi costruito ad arte (ma per quale scopo e a vantaggio di chi?). Il muretto incriminato rappresenta, e su questo si può anche essere d'accordo, il minore dei mali e l'intervento necessario per porre rimedio ad uno scempio realizzatosi negli ultimi due secoli quando non vi erano certe sensibilità per i luoghi naturali ma forse nemmeno le ipocrisie tipiche del giorno d'oggi. E dire che i tanti articoli apparsi su “Quindici” (gli stralci seguono nel post scriptum “per rinfrescare la memoria”) sembravano richiedere proprio quelle tipologie di interventi effettuati alla Prima Cala: migliorare la sicurezza, eliminare l'invadenza delle autovetture e delle tendopoli abusive, dare l'accesso ai disabili, ... Improvvisamente, proprio quando almeno alcuni di tali obiettivi si stanno raggiungendo, queste richieste sembrano svanite nel nulla: la franosità di una parete alta un paio di metri sembra essere (a dispetto delle testimonianze del passato e della documentazione fotografica esistente) un'invenzione del WWF, le autovetture devono riconquistare lo spazio occupato dalle Tamerici, la rampa per disabili non viene nemmeno menzionata tra gli interventi accettabili ... e altre amenità del genere. Ricordo che in un passato articolo “Quindici” fece propria anche l'affermazione dei giovani di Rifondazione Comunista circa “l'obiettivo di individuare nella riqualificazione del nostro litorale non solo una necessaria opera di recupero ambientale, ma la creazione di importanti sbocchi occupazionali.” Vi è pur stato un provvedimento grave e realmente lesivo della sicurezza dei bagnanti: da quest'anno viene eliminata alla Prima Cala la postazione fissa della Guardia Costiera (e forse anche della Croce Rossa) che da tanti anni rappresentava un importante punto di riferimento per prevenire incidenti in mare e abusi dovuti alla eccessiva vicinanza di natanti a motore o alle attività subacquee non consentite. Si tratta, a quanto pare, di decisioni prese a livello governativo, in barba alla necessità di accrescere il controllo del territorio tanto sbandierata in campagna elettorale! Non è forse nemmeno il caso di precisare che la cerimonia di domenica 16 giugno non si è svolta con nessuna “pompa”, ma con brevi interventi, alcuni a carattere tecnico-informativo, e che la serata si è conclusa con un apprezzatissimo concerto musicale che spaziava dal repertorio classico al jazz, alle colonne sonore dei film. Al di là delle polemiche, ritengo che la migliore risposta l'abbiano data i cittadini e, in particolare, i numerosi bagnati della Prima Cala che finalmente, negli ultimi cinque anni, hanno visto gradualmente concretizzarsi (e certamente si potranno avere dei miglioramenti) il primo intervento su una spiaggia pubblica. Il merito, e ben ha fatto “Quindici” a ricordarlo, va condiviso con la scuola elementare V circolo le cui proposte erano perfettamente in linea con quelle del WWF e con la realtà storica della Prima Cala. Sono stati realizzati, infatti, lavori che non sarebbero accettabili su una costa integra e pienamente naturale (cordoli, panchine, fontana, pietre che delimitano le aiuole ... il tutto fissato con cemento!). Il succo della vicenda relativa alla Prima Cala è nelle parole che con grande acume Massimiliano Piscitelli e Tiziana Ragno scrissero esattamente due anni fa in un loro articolo (“Quindici” anno VI n. 6 giu. 2000 p.3): “Ambientalmente insostenibili le spiagge di Molfetta, e socialmente inique. L'eredità trasmessaci dal passato e che oggi siamo costretti a gestire è più grave del previsto”. Cordiali saluti Rocco E. Chiapperini (WWF - sezione di Molfetta) Caro Chiapperini, facciamo un'eccezione questa volta nel pubblicare una lettera così chilometrica. Non è mai avvenuto nella storia di “Quindici”: se dovesse diventare una regola, non avremmo spazio per gli altri argomenti del giornale. Non abbiamo bisogno di materiale per riempirlo. Anzi, ogni numero abbiamo difficoltà a inserire tutto, pur non ospitando, per scelta redazionale, esercitazioni poetiche, oroscopi, scritture “amene”, note pseudo storiche, inni alla pena di morte, battesimi e necrologi. Pubblichiamo questa lettera per i rapporti di stima e amicizia che intercorrono fra noi e per la correttezza (della quale ti ringrazio: la forma è sostanza) che hai avuto nello scrivere a noi senza rivolgerti ad altri, diversamente dal presidente della tua associazione ambientalista (che rappresenta anche lei) che, mi dicono, si sia rivolto a un foglio locale che non leggo, né ne avrei il tempo. Non mi interessa parlare del tuo presidente Wwf col quale ho avuto una conversazione telefonica che mi è stata sufficiente per qualificare il personaggio col quale non ho tempo, né voglia di scendere in polemica (gli avversari, quando è possibile, ho l'abitudine di sceglierli): le banalità che avrebbe scritto non mi interessano, né meritano risposta: de minimis non curat praetor. Purtroppo la tua lettera, essendo lunga e articolata, richiede una risposta altrettanto lunga, almeno per far capire qualcosa ai lettori, ammesso che essi abbiano voglia di leggere queste …“tesine di laurea”. Tu scendi in particolari e in qualche accusa non documentata (chi ti passa le notizie false, l'individuo di cui sopra?) che, per amore di verità, va respinta e rettificata. Altre cose verranno dette, di seguito, dai miei redattori Tiziana Ragno e Massimiliano Piscitelli, che tu chiami in causa e sulla cui correttezza non permetto insinuazioni o dubbi. Non pubblicherò, invece, gli stralci dei nostri articoli che tu alleghi, soprattutto perché occorrerebbero altre pagine e spazio che non abbiamo. Del resto nella tua lettera sono già riportati in parte. Comunque quelle affermazioni non le smentiamo, anzi le confermiamo perché le riteniamo coerenti con le posizioni assunte nella vicenda della prima cala. Chi non è coerente è il Wwf che non parla dello scempio dello Scoglio d'Inghilterra. Forse perché anche lì c'è il cemento, che il Wwf sembra ormai aver legittimato? Lo sbancamento da noi suggerito costava troppo? Più degli oltre 300 milioni che sarebbe costato l'intervento alla prima cala (le cifre, ovviamente, non sono ufficiali, perché nessuno vuol dire qual è la somma esatta: questa sì che è trasparenza!). Su un punto sembriamo essere d'accordo: anche a te il muro di cemento non piace, tant'è che lo definisci “il minore dei mali”, la differenza è che tu lo ritieni necessario, noi no. Ti ricordo che noi siamo d'accordo per la ristrutturazione complessiva, tant'è che citiamo la spiaggia di “Pane e pomodoro” di Bari come esempio. Il cemento non ci piace e temiamo che dopo lo Scoglio d'Inghilterra e la prima cala benedetti dal Wwf, altro cemento scorrerà sulle nostre poche spiagge libere, che noi da sempre (anche sull'ultimo numero di “Quindici”) difendiamo contro i lidi privati: spiegalo al tuo presidente, che fa la figura del lettore (volutamente?) ignorante. Due parole ancora sul fatto che ai cittadini piace questa “ristrutturazione” e che perciò va bene. Ma a certi cittadini piace anche andare a mangiare la pizza e birra sul muretto e lasciare carte e bottiglie sulla spiaggia. E noi siamo dell'idea che certa gente vada educata: che a loro piaccia è un'aggravante per il muretto e una tesi in più a nostro favore. Siamo contro questo uso del territorio: i concerti probabilmente comporteranno ulteriore degrado. Come siamo contro gli atti di vandalismo compiuti in loco e che qualcuno - questo sì con una subdola insinuazione - vorrebbe attribuire alle polemiche (e alle cose che abbiamo scritto). E' come quando Berlusconi attribuisce a Cofferati la responsabilità del terrorismo. Ma a Molfetta ci conosciamo tutti (o quasi) e sappiamo distinguere certi personaggi e loro simili, che a tutti i livelli, cercano di darsi una verginità, magari con un articolo di qualche giornale compiacente, aduso a diffamare gratuitamente. Non è servendosi dell'amico che ci mette a disposizione un articolo, che si fa un servizio alla verità. Potremmo aggiungere ancora altro: l'incarico affidato a un architetto di realizzare il piano delle coste e il parere dello stesso architetto; la frettolosità e l'anomalia della delibera comunale sulla prima cala (di questo abbiamo in parte già scritto); lo spreco di acqua per innaffiare alberi piantati in piena siccità e così via. Abbiamo tante e tante ragioni che potremmo dedicare un numero speciale di “Quindici” alla prima cala. Questo governo di centrodestra ci sta abituando alle improvvisazioni, spesso dannose, su questo credo tu debba riflettere e darti una risposta. Comunque il dialogo civile e lo scambio di opinioni (quelle altrui le rispetto sempre, anche se non sempre vengono rispettate le mie) è sempre utile e democratico. Cordialmente Felice de Sanctis E ora la parola, azni la penna a Tiziana Ragno e Massimiliano Piscitelli Esiste ancora il diritto di cronaca in questa città? Ma certo, chi negherebbe e a chi questo sacrosanto principio della carta stampata? Ma veniamo ai tre scandalosi articoli cui fa cenno con dovizia di particolari la lettera pervenuta al nostro giornale. Il primo è un resoconto dei fatti relativi al "famigerato" muro (a proposito, perché continuare a chiamare "muretto" 2,80 metri di cemento armato?): un comunicato stampa del locale circolo di Legambiente, una seduta di consiglio comunale apertasi con una comunicazione per fatto grave relativa a quest'opera, una conferenza stampa convocata dall'opposizione. Troppo poco forse per tirarne fuori un articolo di copertina? In fondo, si sa, i politici sguazzano nelle polemiche e qualche volta con loro anche qualche ambientalista fanatico e poco credibile! Che fa allora il buon cronista? Cede la parola al tecnico, in questo caso un ingegnere del Politecnico di Bari, molto esperto del sistema costiero locale. Così si è fatto: si è incontrato l'ingegnere (stupefacente davvero la pretesa del mittente di conoscere le modalità dell'intervista: precisiamo tuttavia che non di un'intervista telefonica si è trattato, come sostiene il lettore, ma di una conversazione a quattr'occhi della quale si possiedono le registrazioni su nastro), all'ingegnere si sono rivolte legittime domande, alle quali in modo altrettanto legittimo l'ingegnere ha risposto, dopo aver effettuato un sopralluogo. Quanto alla natura fuorviante degli interrogativi posti e alla non legittimità dell'espressione "presunto intervento di difesa dall'azione marina", precisiamo che di erosione esercitata dal mare in quel tratto di costa (qualche muretto in quella zona è anche crollato, o no?) e possibilità di contrastarla anche con quello che è stato da noi sempre definito "muro di sostegno" e "di contenimento", ha parlato tra gli altri proprio il responsabile della sezione Wwf di Molfetta, Pasquale Salvemini, nel corso dell'altra intervista, in parte riportata sullo scorso numero (di cui pure si possiede la registrazione). Ancora una volta per dovere di cronaca, è opportuno chiarire che tra le affermazioni dell'ing. Gentile citate e condivise dal lettore, c'è quella che suggerisce di "integrare la spiaggia con ciottoli", aggiungendo che "sarebbe un grave errore utilizzare ciottoli marini prelevati da altre spiagge". Detto fatto: forma, colore e aspetto dei nuovi ciottoli della prima cala sembrano proprio quelli dei ciottoli di mare. Quanto poi ai pochi "cantucci" che ha inteso ritagliarsi l'invadente e cattivo cronista ("quel muro ha violato l'autenticità di un tratto di costa, "l'intervento ha ingessato e modificato la naturalità" dei luoghi), corre l'obbligo precisare che se la prima cala vergine non è mai stata, se quella zona è, come giustamente sostiene il lettore "tra le più manomesse del nostro litorale", aggiungiamo noi che da due mesi a questa parte ai deprecabili "muri, muretti e scale di cemento a vista" già presenti, si è aggiunta un'altra creatura. Un muro buono. Che di cemento è, ma che di cemento non appare. Che non aggredisce la costa ma che allieta le serate dei molfettesi invogliati a "chiacchierare del più e del meno" sotto i romantici riflessi di un tramonto sul mare. Un muro che protegge bagnanti e turisti e che probabilmente aprirà al strada a tanti altri muri buoni e ospitali. Per la verità bene fa il lettore del Wwf - sezione di Molfetta a chiarire che "il muretto incriminato rappresenta… il minore dei mali", opinione per fortuna diversa da alcuni stravaganti panegirici del muro che nelle ultime settimane hanno seminato perplessità e imbarazzo nella città. Quanto poi alle incongruenze di cui sempre il cattivo cronista si sarebbe macchiato rispetto alla sua storia passata e ai suoi articoli a favore del recupero della prima cala, un dubbio ci assale. Forse abbiamo noi mai scritto che il recupero passa per il cemento e che un muro può servire a rianimare una spiaggia? Eppure in tutti gli articoli a nostra firma pazientemente raccolti dal lettore, non v'è traccia alcuna di questo. Insistenti, invece, sin dal 1998 sono i richiami a dotare tutte le spiagge pubbliche delle necessarie precauzioni di sicurezza, dell'assistenza ai bagnanti (elementi che, come accortamente osserva il lettore, anche quest'anno mancheranno ai bagnanti della prima cala), dei servizi (docce e bagni, dove siete?). Il lettore sostiene: proprio voi che avete sempre auspicato la riqualificazione della prima cala, oggi che il recupero c'è stato parlate di scempio? Al lettore rispondiamo: è il come che fa la differenza. Rendere accessibili e fruibili le spiagge, riappropriarsi della costa: sì, ma come? Già quattro anni fa polemizzavamo contro gli interventi di cementificazione (“interventi di riqualificazione”, secondo alcuni), operati presso il lido Scoglio d'Inghilterra, in località prima cala. Ma a quei tempi il cronista anti-cemento era buono e responsabile. Adesso, mutatis mutandis, è soltanto un rompiscatole, per giunta in malafede. Massimiliano Piscitelli Tiziana Ragno
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