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La politica nel caos: il sindaco resiste le forze politiche preparano l’anno che verrà
15 dicembre 2021

Le date chiave sono due, quelle degli ultimi due consigli comunali: 18 ottobre e 29 novembre. Primo e secondo tempo di un film politico di quart’ordine. Le date della caduta libera di un sindaco e di una stagione politica. Tommaso Minervini: medaglia d’oro di trasformismo e campione olimpico di attaccamento alla poltrona. Si può considerare compiuto lo scivolamento inequivocabile nel campo del centrodestra del sindaco passato dalla SEL di Nichi Vendola (socio fondatore della stagione 2013, ahimé!) al sostegno a Raffaele Fitto e alla nomina di assessori ex forzisti e neofascisti. Un sindaco che ha cambiato quattro volte la giunta, che ha perso gli azionisti di maggioranza della sua esperienza politica (il duo Mancini-Solimini) e li ha sostituiti senza battere ciglio con un altro asse (la santa alleanza tra ex Pd, gruppo di Pino Amato e sfusi di Forza Italia, compresa la ex senatrice Minuto). E lo rivendica, chiamandolo “civismo”, oppure “coalizione d’emergenza” o ancora “patto di responsabilità”. Nel frattempo, approva una variazione di bilancio di oltre 10 milioni di euro, modifica al rialzo gli stanziamenti di opere pubbliche mangiasoldi come l’appalto a Lama Scotella e l’operamonster della nuova area mercatale a via don Tonino Bello, nomina a tempo indeterminato il nuovo dirigente ai Lavori Pubblici. E molto altro. Sono gli ultimi fuochi di quattro anni e mezzo di ebbrezza. La grande favola degli esperti al potere dopo lo sbando della rivoluzione gentile. La “triste resa” delle dimissioni del 2016, raccontata come una stagione romantica, di marketing e poesia, anche da una parte dei suoi sostenitori, spaventata dalle scelte forti su urbanistica e opere pubbliche e sullo spostamento a sinistra dell’asse politico urbano. Minervini arrivò a cavallo di Emiliano, poi tradito alle regionali - ma chissà cosa ci riserva il futuro. L’usato sicuro della classe politica locale, capace di “includere le forze migliori”, dice lui. Ovvero di unire le mele con le pere, diciamo noi. Sul grande carro del governissimo trasformista. Dal Pd a Tammacco, dagli ex azzolliniani al grande centro sempreterno. La prima volta nella storia che a Molfetta ci sono due opposizioni: una a sinistra e una a destra. Con la maggioranza al centro dell’aula Carnicella, a definirsi spesso con orgoglio “compagine sperimentale”. Gli esperimenti smart, effettivamente, sono stati tanti e tali da riportare di nuovo, su Molfetta, dopo tre anni di tregua, ancora elicotteri, sequestri, indagini penali e controlli di Guardia di Finanza e Magistratura. Con oltre trenta opere pubbliche ormai sub iudice. E gli arresti clamorosi di Mariano Caputo, Sara Castriotta e Orazio Lisena. Prove e intercettazioni su traffico di influenze, bende e prebende, scambio di denaro e utilità. Mai, nemmeno nella stagione 2006-2012, si era arrivati a tanto. Eppure san Tommaso non ha ceduto, dichiarandosi estraneo ai fatti. Non quelli penali, di cui certo si occuperanno altre sedi. Estraneo politicamente, come se davvero un sindaco possa essere estraneo al controllo sui suoi assessori e sui suoi dirigenti, dichiarandosi al tempo stesso custode responsabile delle sorti locali. Ma Tommaso si è assolto. Con la consueta tecnica a cui ci ha abituato negli anni: polvere sotto il tappeto e cura del silenzio. Costruzione artificiale di una realtà pacificata. The show must go on. Tagli di nastri, contributi a pioggia, luminarie. Nessun dialogo con la città, nessun percorso di partecipazione. Il Comunebunker, la giunta-trincea, il gruppo di fedelissimi schierato a testuggine. Ordine di scuderia: restare al comando a tutti i costi. Cosa importa se la mozione di sfiducia del 29 novembre proposta dalle sinistre e sostenuta dal gruppo di Isa De Bari e di Mancini- Solimini ha strappato un pareggio: 11 contro 11. E dimostrato che la maggioranza assoluta di 13 consiglieri comunali per approvare il prossimo bilancio Tommaso Minervini non ce l’ha. Governare a tutti i costi, fino alla fine. Anche contro i numeri e contro le evidenze. Questa consiliatura, con buona pace degli allergici alle dimissioni (che da mesi sarebbero dovute e che dopo il 29 novembre sarebbero obbligatorie) continuerà. Conviene allora capire cosa sta succedendo tutt’attorno. Come si prepara Molfetta alle elezioni del 2022. Dopo aver chiarito a che punto è la notte, è al giorno dopo che bisogna urgentemente pensare. LA “SINISTRA LARGA” E IL NUOVO CENTROSINISTRA Il campo delle sinistre sta lavorando per dare un’alternativa politica alla città. Ma non è semplice. Il posizionamento del Pd a favore di Minervini-Tammacco e Co. in questi anni ha avvelenato i pozzi. Tornare indietro a un “centrosinistra normale” sembra una mission impossible. In più, uno dei fattori chiave dello scoramento di molti è il grande no di Felice Spaccavento alla candidatura a sindaco. Per ora il medico, ex candidato alle elezioni regionali con un bagno di consensi, non se la sente. Si racconta di un Emiliano in forte pressing, invano. E certamente questa indisponibilità delude tanti cittadini. Non potendo partire da un candidato unico (ma Spaccavento lo sarebbe stato davvero?), le sinistre cittadine hanno avviato comunque un percorso coeso, che tiene insieme le forze di opposizione rappresentate in Consiglio comunale – Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana – con il movimento Area Pubblica, guidato da Bepi Maralfa. Accanto ai tre consiglieri comunali promotori della mozione di sfiducia Beppe Zanna, Paola de Candia e Silvia Rana, dunque, i tre portavoce Pasquale De Candia, Cosimo Sallustio e Livio Mancini stanno provando (con ottimi risultati) a tenere insieme un tavolo unitario, aperto anche al dialogo con i Cinque Stelle e che mira a includere anche - oltre a Rinascere, guidata da Davide De Candia e Annalia Solimini - Senso Civico di Annalisa Altomare e Molfetta in Azione (Calenda) del giovane Antonio Drago. Le incognite della tenuta del tavolo nel medio termine sono due. La prima sono i punti programmatici, viste le antiche divergenze su alcuni nodi come l’approvazione del nuovo Piano Urbanistico Generale. La seconda è cosa fare con il Pd dopo l’espulsione dei consiglieri Gianni Facchini e Nicola Piergiovanni. Rinascere spinge per una coalizione unica, modello 2013, che includa il Pd nonostante il grave errore del sostegno a Minervini e del governo con Tammacco e Co., durato quasi per l’intera consiliatura. È assai probabile che Rinascere sciolga il movimento per rientrare nel Pd al prossimo tesseramento, per la porta delle Agorà promosse dal neo segretario Enrico Letta. A quel punto, che fare a sinistra? Sinistra Italiana e Area Pubblica hanno fatto un percorso comune negli ultimi due anni, con una posizione molto dura nei confronti dell’amministrazione e del Pd. Ma sono anche le due forze che hanno guidato il governo 2013-2016 e sono invitate dai militanti a non restare nel terreno di una pura testimonianza. Rifondazione ha guidato la scorsa campagna elettorale (con la candidatura di Gianni Porta) e l’opposizione consiliare, con due seggi di cui uno della consigliera di Compagni di Strada, Paola De Candia, che riscuote di una stima sempre crescente nel gruppo di lavoro e in città. Il partito per anni guidato da Gianni Porta e Antonello Zaza gode di un suo elettorato e di una sua credibilità e non può eccedere né in intransigenza e né in isolamento. Quindi? L’unità programmatica tra le tre forze politiche è totale e il tentativo di restare insieme come coalizione coesa sui temi ambiente, solidarietà e legalità è concreto, forse l’unica certezza di queste settimane di caos. Incoraggia il dialogo aperto con i Cinque Stelle dell’attivissimo Dario De Robertis, che però non possono ancora dare garanzie e aspettano anche il posizionamento nazionale del leader Giuseppe Conte. Anche se è smentito un ingresso nel movimento di Loredana Lezoche, l’imprenditrice ex presidente dell’Associazione Industriali e oggi dirigente di successo della Molfetta Calcio (ha fondato la squadra femminile, attorno alla quale c’è grande entusiasmo). Cosa farà Lezoche alle prossime elezioni comunali è una delle domande più interessanti ancora senza risposta. DESTRA FORTE O DESTRA IN FRANTUMI? Va smentito, però, lo scenario del grande centrodestra unito che qualcuno presenta per il post-Tommaso. Si è parlato di un grande ritorno del senatore Azzollini come king maker e di una pacificazione del campo conservatore attorno al nome del candidato Pietro Mastropasqua, ex assessore all’Urbanistica e delfino prima del Senatore e poi dell’ex presidente della Multiservizi Maurizio Solimini. Ma con la recente implosione di Forza Italia e del gruppo NOI di Saverio Tammacco nulla è più scontato. Immaginare che la ex senatrice Carmela Minuto possa fare nuovamente squadra col duo Isa de Bari-Antonio Azzollini è, al momento, pura fantascienza. Le strade per Carmela sembrano due, opposte e contrarie. O radicalizzare il suo profilo a destra, fondando la Lega di Matteo Salvini e continuando a contendere ad Azzollini il campo conservatore, oppure riprendere la strada del centro di Udc-memoria e fondare una forza civica che possa allearsi con il Pd e i Cinque Stelle, modello Emiliano. In quest’ultima operazione Carmela potrebbe fare fronte con un Saverio Tammacco sempre più in crisi d’identità (oltre che di parola: un consigliere regionale praticamente assente dal dibattito pubblico cittadino e sempre più in imbarazzo tra il sostegno a Fitto, il ritorno alla casa del padre- Emiliano e il ticket operativo con il sindaco Minervini, che però ha perso il sostegno del capogruppo Pasquale Mancini e del gruppo Tridente-Mastropasqua). Uno scenario possibile, quindi, è una coalizione di sinistra larga movimenti-sinistre-Area Pubblica contro un “ciambottino modello Emiliano” Pd-centrissimo (a trazione Mancini-Minuto), contro un candidato di centrodestra espresso da Solimini-Azzollini-Pino Amato, con pezzi sparsi dell’esplosione di “NOI” e lo stesso sindaco Minervini pronto a tornare in campo con munizioni portavoti importanti, come i fedelissimi Gianni Facchini, Nicola Piergiovanni e Antonio Ancona.

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