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La parola ai cittadini di sinistra di Molfetta: lo sconforto della base di fronte ai veti incrociati, alla presunzione di correre da soli e alla rassegnazione della sconfitta
04 aprile 2017

MOLFETTA – Il centrosinistra ancora diviso e incerto sul futuro dopo la fine traumatica dell’esperienza amministrativa a Molfetta sta facendo crescere lo sconforto nella base.

Vi proponiamo un contributo al momento elettorale di un gruppo di cittadini, che ci hanno inviato questa lettera: si definiscono “quelli che non siedono ai tavoli, ma frequentano le cabine elettorali!”.

“Quindici” lo propone come spunto di riflessione per coloro che ancora cercano soluzioni senza fare un passo indietro, senza l’umiltà di mettersi insieme, senza pretendere di correre da soli con la presunzione di essere migliori di tutti. Una reazione della società civile alla rassegnazione della sconfitta.

Ecco la loro lettera:

«D'Alema, di’ una cosa di sinistra, di’ una cosa anche non di sinistra, di civiltà, D'Alema di’ una cosa, di’ qualcosa, reagisci!

A questo punto arrivati, bisogna che qualcuno dica qualcosa. Come invitava a fare il mitico Nanni Moretti (foto), vorremmo che si dica qualcosa di sinistra, una cosa anche non di sinistra, di civiltà. Bisogna dire qualcosa, reagire ad una situazione di inconcludenza che si trascina ormai da troppo tempo. Le evidenti defaillance dei gruppi politici nostrani, non tanto nella incapacità di condividere una linea programmatica o un candidato unitario o tutte e due le cose insieme, quanto soprattutto nel non essere riusciti a costruire un progetto politico già dai tempi della passata amministrazione e durante tutto un lungo anno di vacanza, sono sconfortanti ed inammissibili.

Chi si riconosce nell’area di sinistra, dopo la cocente delusione di un percorso spezzato, sta vivendo amaramente la stagione del “continuiamo così… facciamoci del male”. Non è pensabile assistere impotenti ancora oggi, ormai ad aprile, a veti incrociati, pretese di primogenitura, dichiarazioni di evidenti distanze, moltiplicazione di soggetti politici figli di spaccature incomprensibili, apparizione e scomparsa di ipotetici candidati. Risulta veramente tutto anacronistico rispetto ad una realtà che evidentemente dimostra come così non si vada da nessuna parte. Sale lo sconforto di elettori che assistono basiti alle infinite puntate di questa “Cronaca di una morte annunciata”, sottotitolata Nati per perdere.

Registriamo sempre più increduli la indisponibilità a presentarsi alle amministrative con un candidato unico. Dinanzi a questo sconcertante scenario due sono gli scenari che indichiamo convintamente e che chiediamo vengano seriamente presi in considerazione.

Da un lato il ricorso ad un soggetto “terzo” non di diretta espressione dei partiti. Ancora una volta sembra necessario uscire fuori dal recinto in cui sembra essersi rinchiusa una parte dell'esperienza amministrativa del centrosinistra molfettese in questi anni. Nel recinto ci sono tante intelligenze, brave persone, competenze ed energie, ma manca la visione di un progetto. Ci sembra che Molfetta non meriti questo, e che meriti invece una visione di futuro che solo chi è fuori dal recinto può interpretare e guidare. A volte l'abbiamo chiamata società civile non per contrapporla ai partiti tradizionali ma per offrire alla città una possibilità di ripensarsi a partire dai bisogni dei cittadini e non dalle alchimie fatte spesso di interessi personali e di partito.

Se invece si vuole tornare ad una candidatura che sia espressione di esperienze partitiche o movimenti politici più in generale (soluzione del resto assolutamente plausibile), ma, come è evidente dal racconto di quanto accaduto in questi mesi, non lo si riesce ad esprimere, allora lo si faccia scegliere all’elettorato, con lo strumento delle primarie, magari stringendo un accordo esplicito, che in caso di vittoria preveda la partecipazione attiva degli altri candidati in giunta. L’importante è presentarsi uniti, fosse anche per perdere insieme, senza farsi i conti su quanto converrebbe fare ai fini di propri interessi particolari, pur di mantenere un posto in consiglio comunale. Diano questi aspiranti amministratori un segnale di politica alta, finalmente nella direzione di una visione di correttezza e rispetto dei propri elettori.

Che si scelga una strada o l’altra, è necessario avere bene in testa che per guidare questa città servono chiare garanzie:

  • la possibilità di lasciar governare una squadra, quella del sindaco, liberamente per cinque anni, senza ricatti, dimissioni, passaggi ad altri gruppi, pretese di poltrone, assessorati e municipalizzate, con un sostegno pieno e incondizionato della maggioranza.

  • la possibilità di provare a fare qualcosa di buono, pulito, a servizio di questa martoriata città, senza tornaconti personali, senza fare dell’esperienza amministrativa un trampolino di lancio o un punto a favore nel futuro curriculum di chi vuole andare ad ingrossare la schiera dei professionisti della politica.

Insomma un patto, chiaro e dichiarato, un accordo plateale preso alla luce del sole, davanti ai cittadini, impegnandosi a non retrocedere o cambiare direzione.

Che si vinca o si perda è necessario dare una immagine di un progetto politico ed amministrativo unico ed unitario; solo così tutte le forze della sinistra cittadina avranno la possibilità di rifarsi una credibilità, lavorando nei prossimi cinque anni in maniera seria e costruttiva al governo della città o all’opposizione. Recuperando intanto sul terreno della politica, quella seria, provando in questi tempo a ricostruirsi e a ritrovare non solo parole, ma un’identità. Di sinistra».

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