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La lunga vita di una lingua morta
15 marzo 2005

L'amico Dionisio Altamura mi ha inviato con una affettuosa dedica la sua ultima pubblicazione ("Scripta Latina" a cura di Domenico Lassandro, Ed. Puglia, Bari 2004, pagg. 188, euro 18), edita nella collana del Dipartimento di Studi Classici e Cristiani dell'università di Bari diretta da Luigi Piacente. E' una ampia antologia degli scritti in lingua latina dell'autore, pubblicati in varie occasioni, molti premiati nei “certamina", il "Capitolinum”, il "Vaticanum", e internazionali. Il lettore può chiedersi per chi e perché Dionisio Altamura si esercita con tanta passione e con un impegno costante nella scrittura in latino. Certamente le sue composizioni sono utili agli studenti di Lettere classiche, soprattutto perché l'autore sceglie argomenti di cultura contemporanea, quali i viaggi interplanetari, le conquiste della scienza e della tecnica, il giuoco del calcio, per cui non esistono precedenti linguistici e i termini latini sono stati inventati. Ma si rileva che la lingua latina, nella sua espressione classica del periodo aureo, e nell'uso ecclessiastico derivato, costituisce per l'autore un mezzo espressivo quasi naturale, anche per raccontare esperienze di vita come le sofferenze subite nei campi di concentramento tedeschi, o analizzare stati d'animo con una moderna sensibilità, quando trasforma una vacanza alle isole Tremiti, in una liturgia di miti. La considerazione che sorge spontanea dalla lettura di questi brani, affascinati dal ritmo del periodare latino, dall'aggettivazione evocativa, dall'armonica disposizione delle subordinate al pensiero centrale, è la identificazione dell'autore nello spirito della classicità attraverso modi linguistici. Tanto più perché l'autore non si ferma a questioni filologiche formali, ma inventa situazioni sul modello degli apocrifi in cui si esercitavano gli Umanisti falsificatori di testi. Ci riferiamo al bellissimo “Codicillo di Petronio”, “Arbiter elegantiarum", anche filologiche, di cui fa cenno Tacito. Altamura presta a Petronio, pronto a svenarsi nel bagno caldo come facevano i dignitari romani che avevano perduto il favore dell'imperatore, rivolgendosi a Nerone, questa espressione degna del migliore umorismo nero: La morte mi è meno discara perché finalmente posso dare il mio giudizio su di te, poetastro ed attorucolo. Ugualmente inventa il tormento di Catullo per la morte del fratello e la sua crisi creativa che egli confida all'amata Lesbia. Paragona l'umanità del suo maestro Manara Valgimigli ai grandi maestri dell'antichità, analizzando lettere inedite di Valgimigli al suo maestro Giovanni Pascoli. E' interessante confrontare la scrittura in latino con l'esercizio letterario di Altamura in italiano, nelle sue prove narrative che vanno da “Viaggio gratis all'estero” sulle vicende di vita militare e di prigionia, al racconto autobiografico, “Via Forno”, sulla sua infanzia nella vecchia Molfetta del Borgo Antico. Il periodare italiano conserva il ritmo della prosa latina e nè risulta appesantito, tanto che sembra tradotto dalla invenzione latina. Non mancano in questa antologia di brani riportati a fronte in latino ed in italiano, delle pagine molto belle. Diventa un appassionante esercizio il confronto delle espressioni. Dionisio Altamura è stato Ispettore Centrale e Direttore Generale del Ministero della Pubblica Istruzione. Io lo ricordo come mio professore di latino e greco nel Liceo Classico di Molfetta in sostituzione di Tommaso Fiore condannato al “confino”, per l'attività antifascista. Così Fiore lo raccomandò a noi addolorati per la sua assenza: "Altamura, il latino lo sa”. Dionisio Altamura era stato suo caro discepolo. Giovanni de Gennaro
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