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La fabbrica di Nichi un fastidio comune
15 novembre 2010
La ripresa del ciclo di incontri della Fabbrica di Nichi di Molfetta è stata un’utile occasione per conoscere il loro giudizio sulla classe politica della città, sui metodi di governo e sulle problematiche irrisolte del territorio. Giudizio, alla fi ne diventato un coro, dato che la gente che entrava per partecipare all’incontro, ha dato il suo contributo e la propria opinione come in una vera e propria piazza ‘libera’. La coordinatrice Marta Amato (anche se all’interno del gruppo non esiste una vera e propria distinzioni di ruoli), Pino Gadaleta, Antonello Mastantuoni, Angela Minervini e molti altri ‘militanti’, mischiandosi al pubblico, hanno espresso le loro opinioni attraverso un dialogo aperto, un confronto ‘gaberiano’, ovvero libero da artifi ci propagandistici e ideologie e nutrito soprattutto da una partecipata onestà intellettuale. «La situazione politica di Molfetta – chiariscono subito – è simile a quella che si è venuta a creare a livello nazionale. Si può aff ermare che le scelte del Comune sono dettate da una gestione nepotistica e clientelare che non tiene conto delle necessità di chi vive il territorio. La scarsa partecipazione dei molfettesi, che subiscono indiff erenti, tranne nelle urne elettorali per trarne benefi ci, è un fenomeno preoccupante che favorisce questa metodologia di governo. Non c’è trasparenza – puntualizzano – Prendiamo ad esempio la ‘non informazione’ riguardo i vari bandi di gara del Comune». I giudizi sono netti ma espressi con tono pacato e gentile, come chi sa qual è il male che lo affl igge e sa anche che le cose cambiano solo con l’impegno quotidiano, una ‘cura’ civile e sociale che col tempo darà i suoi frutti. «I governanti dell’ultimo decennio e più – riprendono - sono i responsabili dell’attuale degrado morale e culturale. Il limite maggiore è un modo di fare politica arrangiato, senza progettualità di base, dove la visione di un problema è riduttiva e semplicistica. Il potere ha preso le forme usate nel Medioevo. A Molfetta si sono stabilite delle vere e proprie ‘signorie di banno’ ovvero quel genere di signoria, che al contrario di quella feudale, non derivava la propria legittimità da nessuna investitura quindi abusiva. Un processo di individualizzazione dell’amministrazione in cui il sindaco recita la parte principale, assecondato dai suoi collaboratori in ogni decisione. Il quadro disegnato ha preso la forma di un trust dove la cosa pubblica è diventata, privata; un circuito chiuso a livello economico, culturale, sociale dove le forze convergono sempre verso uno stesso punto». Il discorso viene interrotto da una signora che, entrando nella sede, chiede come poter incontrare Nichi Vendola per riaprire un teatrino di burattini di arte napoletana che da oltre 100 anni appartiene per tradizione alla famiglia. La risposta è di rivolgersi all’assessorato alla Cultura o al sindaco, ma dopo mesi di attesa ha cambiato idea. Il gruppo della fabbrica si defi nisce un ‘fastidio comune’ perché pone la conoscenza approfondita delle tematiche, dal punto di vista tecnico, legislativo etc., come punto di partenza per ogni step successivo che segue una linea di democrazia partecipata. Una conoscenza che ha molto da dire sullo sfruttamento selvaggio del territorio attraverso una cementificazione non programmata, un Piano del Commercio ridotto al solo problema degli ambulanti, il nuovo porto, i ricorsi per i piani di riqualificazione periferici, il Piano di Assetto idrogeologico, l’assenza di teatri in città (l’ultimo sta chiudendo), le aziende della zona ASI di Molfetta chiuse per presunta associazione mafiosa e tanto altro su cui sono sempre aperti ad acquisire nuovi spunti ed idee per tendere sempre di più a quel punto all’infinito chiamato verità. «Attualmente Molfetta – concludono - è una città povera di energie per ribaltare la situazione. Le forze di opposizione sono peggio di chi governa arrestandosi su posizioni ideologiche che non portano a nessun risultato concreto».
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