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La Critical Mass a Molfetta per un modo diverso di fare cultura
23 settembre 2012

MOLFETTA - La Critical Mass di ieri sera, a Molfetta, ha aperto uno squarcio nella città, irrompendo nelle strade assuefatte dalla circolazione delle auto e ridefinendole, in un frastuono che le ha rese irriconoscibili. Espropriate al traffico automobilistico, le biciclette hanno invaso la città, irrompendo negli sguardi increduli della gente, destando stupore, producendo una frattura. Perché è sempre da una frattura nell’ordinario che filtrano spazi di nuova creazione, in cui i significati vengono rimescolati, il reale è riappropriato. E la strada diviene, da via di transito , spazio di ridefinizione e socializzazione, di confronto, di relazione.
La Critical Mass rappresenta questa frattura, e la bicicletta diviene il simbolo di un modo diverso di stare al mondo, che fa degli spazi cittadini luoghi d’incontro e allarga gli orizzonti dell’immaginario, in cui quegli spazi stessi rientrano a pieno titolo. Sottratti alla circolazione automobilistica sono completamente sconvolti e ridefiniti dagli uomini e dalle donne che li ricreano. Loro divengono quegli spazi, sono il traffico, sono la città.
E la Critical Mass a Molfetta assume allora un significato profondo, che la radica nel territorio, nel momento in cui assume la situazione politica e culturale molfettese e la ripensa. La Critical Mass di ieri sera ha posto il problema di una cultura intesa in maniera privatistica, divenendo un momento importante all’interno di un processo che si sta allargando in maniera sempre più evidente, quello nato all’Assessorato alla Cultura partecipata. Un processo che coinvolge artisti, associazioni, movimenti, cittadini, e che ieri ha favorito il coinvolgimento di circa 80 biciclette.
Lo spazio cittadino diviene spazio di confronto e di ridefinizione, che sottrae la cultura alla dimensione estetizzante che la confina nei grossi eventi impacchettati al prezzo di un biglietto, per rimetterla al confronto fra gli uomini e le donne che sono la città. La riappropriazione della cultura, ravvivando il confronto, ridefinisce l’orizzonte comunitario lacerato da una concezione privatistica e anestetizzante che somministra eventi eclatanti, neutrali rispetto alla comunità stessa, astratti dal suo orizzonte di senso.
Abbiamo già analizzato altrove i tratti della cultura azzolliniana (http://www.quindici-molfetta.it/azzollini-e-la-cultura-dell-estetizzazione-additati-i-giovanotti-che-scrivono-sui-giornalini-locali-di_26656.aspx). Essa favorisce la propagazione di una dimensione espropriata alla relazione vitale fra gli individui che, radicandosi nel territorio, investendolo dei valori frutto del confronto e della formazione, ne fanno il luogo identitario di crescita e socializzazione.
La Critical Mass, non a caso, si è conclusa con alcune esibizioni dinanzi all’anfiteatro di Ponente, dove si è tenuto il concerto di Pino Daniele.
La frattura di ieri non sarà servita a ridefinire la città, a proporre un nuovo modello di cultura o di socialità. Ma non credo miri a questo, a fornire ricette pronte. E’ servita piuttosto a strappare piano alcuni spazi al livellamento di una concezione totalizzante della comunità, che la neutralizza nell’atto stesso di privarla di una programmazione culturale che investa i rapporti reali che in essa agiscono, il suo spirito. Perché lo spirito di una città cresce in margine alle strade, fra i cittadini che rimescolano ordini e prospettive per aprire un varco, fra le macchine in attesa, in sella ad una bicicletta.
 
© Riproduzione riservata
Autore: Giacomo Pisani
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Il concetto di “cultura” fu coniato solo nel secolo XVIII. In precedenza, non c'era nulla nel linguaggio colto, per non parlare del linguaggio quotidiano, che assomigliasse anche solo lontanamente alla complessa visione del mondo che la parola “cultura” cerca di cogliere. Gli uomini hanno viaggiato in paesi stranieri e hanno osservato popoli stranieri fin dagli inizi dell'era umana. Da quando esiste la scrittura, essi hanno talvolta preso nota delle proprie esperienze. Alcuni erano curiosi e osservarono modi di vita strani, bizzarri, talvolta incredibili o ripugnanti. L'immagine complessiva è quella di una tragedia, di una dialettica contorta d'inestricabili contraddizioni: l'assoluto che si manifesta solo nella particolarità degli individui e dei loro incontri; il permanente che si nasconde dietro episodi sfuggenti, il normale dietro l'eccezione. Soprattutto, il dramma della modernità deriva dalla “tragedia della cultura”, dall'incapacità umana di assimilare prodotti culturali sovrabbondanti a causa della creatività scatenata dello spirito umano. Una volta messi in moto, i processi culturali acquistano una loro dinamica, sviluppano una loro logica e producono nuove molteplici realtà che fronteggiano gli individui come un mondo esterno, oggettivo, troppo potente e distante per essere “risoggettivato”. La ricchezza della cultura oggettiva si traduce quindi nella povertà culturale degli esseri umani individuali, che ora agiscono secondo un principio omnia habentes, nihil possidentes (avere tutto, non possedere nulla).


L'uomo ha bisogno di sognare qualcosa di nuovo, di diverso dal conformismo imperante, dallo schiacciamento verso modelli di vita che lo estrapolano dal pensiero, dalla riflessione, dall'introspezione. In molti a Molfetta, sentono la necessità interiore di guardare oltre, di voltare pagina, di puntare ad un cambiamento vero di uomini, di idee, di stili di vita. Per questo molti potrebbero abbattere steccati di vecchie inimicizie, e confluire come mille rivoli in un unico grande fiume del cambiamento. Non è solo un'alternativa di un potere, ad un altro potere, non è questo quello che in tanti vogliono, in questa città. Occorre una grande capacità di saper guardare oltre. Giacomo è uno dei più autorevoli "impressionisti del pensiero", che ben rappresenta questo filone culturale e sociale, che non si può far finta che non esista. Sarebbe un atroce delitto e, tra l'altro si commetterebbe l'errore di accentrare su altri, responsabilità che sono proprie del potere. Giacomo, è già un grande se si pensa alla sua giovanissima età. Scendendo un po' sotto il livello dei sogni per guardare un po' di più alla realtà fattuale, io credo che si può sul serio creare a Molfetta una vera alternativa, oltre che alla partitocrazia, al pensiero uniforme, al conformismo politico. Non solo, ma penso che questa idea di radicale e positivo cambiamento, checché ne dicano quelli che costruiscono le alternative con la calcolatrice degli interessi, possa essere vincente. Non si può non tenerne conto...

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