MOLFETTA - La Critical Mass di ieri sera, a Molfetta, ha aperto uno squarcio nella città, irrompendo nelle strade assuefatte dalla circolazione delle auto e ridefinendole, in un frastuono che le ha rese irriconoscibili. Espropriate al traffico automobilistico, le biciclette hanno invaso la città, irrompendo negli sguardi increduli della gente, destando stupore, producendo una frattura. Perché è sempre da una frattura nell’ordinario che filtrano spazi di nuova creazione, in cui i significati vengono rimescolati, il reale è riappropriato. E la strada diviene, da via di transito , spazio di ridefinizione e socializzazione, di confronto, di relazione.
La Critical Mass rappresenta questa frattura, e la bicicletta diviene il simbolo di un modo diverso di stare al mondo, che fa degli spazi cittadini luoghi d’incontro e allarga gli orizzonti dell’immaginario, in cui quegli spazi stessi rientrano a pieno titolo. Sottratti alla circolazione automobilistica sono completamente sconvolti e ridefiniti dagli uomini e dalle donne che li ricreano. Loro divengono quegli spazi, sono il traffico, sono la città.
E la Critical Mass a Molfetta assume allora un significato profondo, che la radica nel territorio, nel momento in cui assume la situazione politica e culturale molfettese e la ripensa. La Critical Mass di ieri sera ha posto il problema di una cultura intesa in maniera privatistica, divenendo un momento importante all’interno di un processo che si sta allargando in maniera sempre più evidente, quello nato all’Assessorato alla Cultura partecipata. Un processo che coinvolge artisti, associazioni, movimenti, cittadini, e che ieri ha favorito il coinvolgimento di circa 80 biciclette.
Lo spazio cittadino diviene spazio di confronto e di ridefinizione, che sottrae la cultura alla dimensione estetizzante che la confina nei grossi eventi impacchettati al prezzo di un biglietto, per rimetterla al confronto fra gli uomini e le donne che sono la città. La riappropriazione della cultura, ravvivando il confronto, ridefinisce l’orizzonte comunitario lacerato da una concezione privatistica e anestetizzante che somministra eventi eclatanti, neutrali rispetto alla comunità stessa, astratti dal suo orizzonte di senso.
Abbiamo già analizzato altrove i tratti della cultura azzolliniana (http://www.quindici-molfetta.it/azzollini-e-la-cultura-dell-estetizzazione-additati-i-giovanotti-che-scrivono-sui-giornalini-locali-di_26656.aspx). Essa favorisce la propagazione di una dimensione espropriata alla relazione vitale fra gli individui che, radicandosi nel territorio, investendolo dei valori frutto del confronto e della formazione, ne fanno il luogo identitario di crescita e socializzazione.
La Critical Mass, non a caso, si è conclusa con alcune esibizioni dinanzi all’anfiteatro di Ponente, dove si è tenuto il concerto di Pino Daniele.
La frattura di ieri non sarà servita a ridefinire la città, a proporre un nuovo modello di cultura o di socialità. Ma non credo miri a questo, a fornire ricette pronte. E’ servita piuttosto a strappare piano alcuni spazi al livellamento di una concezione totalizzante della comunità, che la neutralizza nell’atto stesso di privarla di una programmazione culturale che investa i rapporti reali che in essa agiscono, il suo spirito. Perché lo spirito di una città cresce in margine alle strade, fra i cittadini che rimescolano ordini e prospettive per aprire un varco, fra le macchine in attesa, in sella ad una bicicletta.
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