E’ finita com’era prevedibile che finisse, dopo l’agonia delle ultime settimane. E forse nel modo peggiore. La nave dell’amministrazione Minervini che accusava una falla dopo l’altra per l’abbandono di alcuni consiglieri, ha cominciato a imbarcare acqua e, malgrado i numerosi tentativi di tamponare i buchi, di lanciare scialuppe di salvataggio, non è riuscita ad evitare l’affondamento. Ma l’ultimo episodio di questa penosa telenovela politica (che ci costringe ad uscire in ritardo come giornale, per seguire gli eventi e fornire notizie fresche ai lettori) ha avuto il suo tragico epilogo nell’aula del consiglio comunale, dove i congiurati, novelli Bruto, hanno pugnalato a morte il “tiranno” Cesare (Guglielmo Minervini). Si potrà fare della letteratura, si potrà nobilitare questo gesto estremo come il bisogno di tornare alla democrazia (sic!), ma resta sempre un atto ignobile, a danno non tanto del “tiranno” che può pure “morire”, ma della città sulla cui pelle si gioca tutto.
Con un ordine del giorno proposto da 17 consiglieri (oltre ai soliti dissidenti, a De Sario che si è dichiarato indipendente, a Nappi che ha aderito al gruppo di Di Pietro lasciando i “Democratici”, c’è stata la sorpresa di Mariano Caputo del Ppi che si è aggiunto ai congiurati), che saranno quelli che si dimetteranno per far cadere il sindaco, è stato deciso di rimandare il Prg alla Regione, accettandolo così com’è, anzi affidando ai tecnici del Comune e al commissario prefettizio che verrà il compito di apportare eventuali variazioni e mandare avanti il Prg. Un colpo di mano che ci appare illegittimo e che sicuramente la Regione respingerà, non si può affidare il piano regolatore a un ordine del giorno, né rimandarlo a un tecnico, il commissario prefettizio, che difficilmente accetterà di firmare un atto di straordinaria amministrazione e di valenza politica come questo. Ciò significa che il Prg non verrà approvato e la mossa di Tommaso Minervini e compagni rischia di rivelarsi suicida non solo per lui, ma per l’intera città che dovrà attendere ancora per vedere questo benedetto piano.
Insomma, ancora una volta, irresponsabilmente, la politica ha giocato col Piano regolatore, questo strumento tanto atteso, desiderato, necessario per i cittadini affamati di case (e di prezzi più bassi), quanto appetibile da parte di coloro che pensano di affidare al Prg le loro fortune economiche e politiche. Quello che si racconterà in giro sarà frutto delle più incredibili fantasie (più o meno fondate), ma ciò che resta è il fatto che, ancora una volta, sull’edilizia si sono giocate le sorti di una città, distrutta proprio dall’edilizia e da politici senza scrupoli o troppo deboli per resistere alla lobby dei costruttori e degli affaristi che si sono arricchiti col mattone, a prezzo di enormi sacrifici della gente costretta ad indebitarsi per due generazioni per acquistare una casa a Molfetta, in un mercato drogato e folle.
I cittadini alla fine rischiano di non capire e di mettere tutto e tutti nello stesso calderone, accusando la politica di essere sempre la stessa: “Prima e seconda repubblica per me pari sono”. E naufraga, così, anche il sofferto, travagliato tentativo di riavvicinare la gente alla politica, quella tanto osannata “società civile” che alla fine risponde con un’astensione senza precedenti. Sono queste le cose su cui riflettere. E le responsabilità sono da entrambe le parti, maggioranza e opposizione.
Certo, occorre fare dei distinguo, ma la gente nella confusione dei messaggi, dei manifesti, delle interviste televisive, del bombardamento mediatico finisce per non capire più nulla e sentenzia qualunquisticamente (o relisticamente?): “sono tutti uguali”. E alla fine si getta via il bambino con l’acqua sporca.
A nostro parere la maggioranza e il sindaco non sono esenti da responsabilità, per aver voluto proseguire il cammino, nel giusto proposito di non danneggiare la città e di portare a termine il programma amministrativo, costi quel che costi. Ma proprio i costi non sono stati calcolati o sottovalutati. Il costo di puntare su personaggi politici inaffidabili, di voltagabbana a tempo pieno, dai quali la città non ha mai sentito una proposta (di alcuni consiglieri comunali non si conosce nemmeno la voce), ma ha assistito a continui salti della quaglia e a trasformismi degni del migliore Petrolini. E’ il trionfo del personalismo e degli interessi particolari a cui si condiziona quello generale, alla cancellazione delle regole, sulla scia del berlusconismo imperante.
E così, basta che si profili all’orizzonte una presidenza, foss’anche quella del condominio (ma quelle in ballo, sono ben più appetibili, vedi l’Asm e la Multiservizi), perché i vari “Signor Nessuno” si candidino, autoreferenziandosi come capaci manager, pur non avendo mai amministrato nemmeno un condominio.
Allora, caro sindaco, invece di cedere ai ricatti per portare a termine il programma, non sarebbe stato più utile (per tutti), rifiutare i ricatti, rinunciando ai rappezzi della maggioranza con personaggi che si sono rivelati inaffidabili, rimettere il mandato, raccontando tutto ai cittadini, mettendoli in grado di giudicare e di scegliere per il futuro? Questa sì che è trasparenza.
Oggi con l’ultimo coniglio (“esserecittà”) tirato fuori a sorpresa dal cappello a cilindro, si cerca di recuperare consensi perduti e credibilità compromesse. E’ certamente utile, ma andava fatto prima che le cose precipitassero, altrimenti c’è il rischio che la gente non capisca e legga questo “movimento”, come un’iniziativa solo elettorale.
Dell’opposizione non c’è molto da dire, se non che è stata inesistente, incapace di svolgere il proprio ruolo. Peccato, perché una presenza più responsabile anche da parte del parlamentare di F. I, Azzollini, forse avrebbe aiutato la maggioranza a governare meglio, confrontandosi con un’opposizione consiliare e non con i Signor Nessuno presenti al suo interno, che alla fine sono diventati la vera opposizione all’amministrazione Minervini, fino alla congiura di Bruto e dei suoi compagni.
Che squallore! Non è più politica, è brigantaggio, e i “Ghino di Tacco” di craxiana memoria si sprecano, col contorno di tanti nani che cercano “visibilità” in una politica spettacolo, priva di regole e schizofrenica. C’è il rischio di rimpiangere la Prima Repubblica. Una volta, quando non si condivideva più la linea del partito, ci si dimetteva. Oggi il dissenso si manifesta con la distruzione (“muoia Sansone, con tutti i filistei”), che producono solo macerie. E per ricostruire occorrono decenni. E la storia del Mezzogiorno ne è un esempio lampante. Quella di Molfetta, ancora di più. Lo slogan potrebbe essere: “facciamoci male”, ma non tutti. C’è chi da questi disastri ha fatto fortuna.
A noi cittadini non resta che assistere impotenti a questo ennesimo sfascio (anche per gli errori politici della maggioranza), al ritardo di mesi o forse anni del Prg e allo spettacolo indecorso di consiglieri comunali che per una poltrona si sono giocati anche la faccia in politica.
Autore: Felice de Sanctis