MOLFETTA - Quello di costruire un cantiere del centrosinistra è il tentativo, secondo Giovanni Abbattista (PD), di cominciare a discutere di idee, di evitare di fondare un progetto politico su un calcolo elettoralistico, per far partire una nuova riscossa civile.
E’ stata un’introduzione molto breve quella di Abbattista e di Beppe Zanna (Rifondazione comunista), venerdì sera alla sala Beniamino Finocchiaro, perché l’obiettivo della serata, come ha affermato Zanna, è quello di innescare “un dialogo circolare, consapevole dei problemi”. Per trarre dagli spunti dei cittadini dei progetti che ripensino la bellezza di Molfetta, che considerino la manodopera intellettuale come una risorsa, che colgano l’importanza di una seria politica culturale.
Ma c’è un rischio, come ha messo in evidenza Onofrio Romano, intervenuto nel corso della serata, ricordando la situazione del ’94, a Molfetta. Una situazione in cui si venne a configurare una logica di liberazione dal potere non genuino, finalizzata alla creazione di un’arena neutra, “uno spazio vuoto per fare il proprio gioco”. Ma è proprio a questo punto che i cittadini diventano deboli e si lasciano proteggere dal potente di turno. “I liberi cittadini sono preda dei pescecani. Per questo dobbiamo ripensare il potere, dobbiamo prenderci la responsabilità di governare i processi”.
E forse è mancata proprio una linea di lettura dei processi, da parte di chi si è proposto di raccogliere i bisogni della gente per sistematizzarli in un progetto politico nuovo. I bisogni, restando frammentari, rischiano di disorientare la gente rispetto a una lettura unitaria della situazione cittadina, che non è attanagliata solo dalle macchine che invadono la zona del Duomo o dai centri commerciali.
La società, come ha messo in evidenza Vito Copertino, è animata da conflitti, che riguardano il mondo del lavoro, l’urbanistica, i beni comuni, la cultura. E’ da quei conflitti che bisogna partire, altrimenti i problemi restano sconnessi e inosservate le condizioni a partire dalle quali nascono certi disagi.
Non sono mancati comunque gli spunti interessanti, che hanno messo in evidenza la voglia di ricominciare ad interrogarsi, a confrontarsi, a ripensare una Molfetta a misura di sinistra.
Gli interventi, numerosi, hanno messo in campo punti di vista spesso distanti, ma mossi da quella che per ciascuno rappresenta l’essenza della città, perdendo di vista la quale le politiche resterebbero vuote, si allontanerebbero dall’idea di un progresso autentico, quello che investe le nostre vite, la nostra storia, e che per Enzo Massari non può essere ridotto ai parcheggi o alle politiche culturali.
Guglielmo Minervini (PD), assessore regionale ai Trasporti, ribadisce che la gestione dei beni culturali non rappresenta solo un fatto estetico, ma investe anche la visione economica che abbiamo di Molfetta. “La sfida vera è costituita da quello che vogliamo fare di Molfetta”.
E questa visione della città si allarga nelle parole di Tommaso Minervini (Sel), che afferma che a fondamento di ogni progetto deve esserci il “riconoscimento etico dell’altro”, grazie a cui soltanto è possibile sconfiggere il sistema valoriale di Berlusconi.
I bisogni della gente sono al centro degli interventi di Beppe Filannino, di Mauro Brattoli, di Vito Mongelli e degli altri intervenuti, fra i quali Pietro Capurso denuncia alla sinistra di essersi adagiata sugli allori, allontanandosi dalle persone in carne e ossa.
Resta da mettere insieme i pezzi di questo nuovo progetto politico, senza il quale le domande di uno studente, Domenico Vilardi, riguardanti la sostanza di questo nuovo “cantiere” politico, non possono avere risposta.
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