Recupero Password
La buona novella reinterpretata a Molfetta dal Carro dei Comici
09 dicembre 2009

MOLFETTA - “Laudate dominum”: una voce tetra risuona nel buio della scena. E’ la voce di Pantaleo Annese, che canta De Andrè ne “ la buona novella”, reinterpretata dal Carro dei Comici.

La buona novella è un’opera che nasce nel contesto delle lotte studentesche e femministe e si sforza dunque di rappresentare il più grande rivoluzionario dell’umanità. Eppure, per uscire dal clima chiuso e bigotto contro cui si lottava, Cristo viene catapultato in una nuova prospettiva, più umana, e insieme a lui tutti i personaggi che girano intorno alla sua storia.
E’ una madonna umana, innanzitutto una donna e una madre, quella che la sensibilità di Matilde Bonaccia riesce ad interpretare. Con la poesia dei testi e la magia delle musiche di De Andrè, Pantaleo Annese ripercorre la sua storia: quella di una bambina reclusa nel tempio all’età di tre anni fino al momento del suo primo ciclo, a partire dal quale viene considerata impura. I sacerdoti decidono dunque di indire una lotteria per decidere a chi darla in sposa, ma l’inaspettato vincitore è un vecchio “ dalle dita troppo secche per chiudersi su una rosa”.
Dunque Maria, ricevuto l’incarico divino diventa madre, ma una madre umana di cui Matilde Bonaccia ben sa rappresentare la trepidazione, l’intenerita adorazione e quasi una simbiosi con il figlio appena nato. Maria è una madre come tutte le altre, che mette il figlio al centro dei suoi pensieri, lo trasforma nel primo oggetto del suo amore e di conseguenza preferirebbe per lui un destino banale, per non doverlo vedere così soffrire e morire in giovane età.
La tragedia della morte di Cristo è rappresentata con straordinaria intensità (anche facendo uso della forza, dell’impetuosità e dell’incisività del dialetto) ma il fulcro dell’opera sembra essere il testamento di Tito, che confuta i comandamenti e si rivela anche al giorno d’oggi di un’attualità estrema.
A coronare le capacità tecniche e non solo del cantante e dell’attrice sono i virtuosismi dei due strumentisti: Federico Ancona (percussioni e flauto) e Vito Vilardi (chitarra) per un risultato d’insieme che coinvolge, commuove e fa riflettere.
“Io non posso pensarti il figlio di Dio, ma figlio di un uomo fratello anche mio” così si conclude la rappresentazione e il “laudate dominum” si trasforma in un più innovativo “laudate hominem”.
Autore: Giulia Maggio
Nominativo  
Email  
Messaggio  
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet