L'unto da Roma che voleva risorgere
Quella che sto per raccontarvi è la storia di un Paese (vista la carica di senatore e l’amicizia con Silvio) e una città improvvisamente svegliatasi “contro nano e sommersa nella nutella”... Il dado il 21 novembre 2012 sembrava tratto: Antonio Azzollini non c’è più! (politicamente, s’intende…). Il 21 novembre, rassegnando le dimissioni, il Senatore aveva irrimediabilmente inciso la parola “fine” su di una stagione politica protrattasi quasi un decennio, inaugurata e conclusasi praticamente allo stesso modo: con tante promesse ai molfettesi (per il futuro dei nostri figli). Sono passati tanti anni da quando il magnate italiano-romano costruttore e ideatore del porto commerciale “scendeva in campo” annunciando una “rivoluzione liberale”, riuscendo in un’impresa dai più giudicata temeraria: smontare pezzo per pezzo l’impetuosa “macchina da guerra” della sinistra locale guglielmina, segnando di fatto l’avvento della seconda Repubblica azzolliniana a Molfetta. Un’era geologica nel frattempo è trascorsa, segnata da inchieste di varia natura. Eppure l’ex sindaco può vantare oggi di aver già raggiunto almeno un traguardo: essersi ritagliato un ruolo da protagonista nei libri di storia che leggeranno i nostri figli (anche se, sul contenuto della “narrazione berlusco-azzolliniana”, è probabile che in molti storici non mancherà la tentazione di calare un “velo pietoso”, desiderando archiviarla in fretta!). Mister A, a dispetto delle difficoltà amministrative subite e bufere patite, il Senatore pare ancora convinto di poter “resistere, resistere, resistere”… come se nessun cataclisma si fosse nel frattempo abbattuto sulla politica italiana e molfettese! Come un don Giovanni tradito dal tempo, come un indomito “don Chisciotte de Comune” incitante gli ultimi suoi servitori a seguirlo, l’Unto da Roma pareva sicuro di riuscire a domare ancora una volta i cittadini molfettesi dando prova dell’ennesima resurrezione (politica, s‘intende) per mezzo della sua controfigura AzzolliNinnì. Il tempo, però, è un giudice più supremo di ogni corte, più impietoso di ogni toga, “implacabile” nelle sue sentenze. E così colui che da quasi 10 anni fa si presentava alla nostra Molfetta come l’“homo novus” (geniale politico di successo, modernizzatore e fuori dagli schemi), oggi appare soltanto l’ombra di se stesso. Per questo Mister A (che si ricorderà nei libri di storia come il più grande “Sindaco-Senatore-Presidente della Commissione bilancio” degli ultimi 150 anni!) appare oggi come l’“ultimo giapponese”: come quei reduci dagli occhi a mandorla della Grande Guerra dimenticati dal loro Paese in una miriade di isolotti oceanici ai confini del mondo. Allo stesso modo il Senatore, già da tempo abbandonato dai suoi stessi alleati, continua a combattere come un “protagonista solitario” della storia, un patriota disposto a immolarsi per una causa (l’anticomunismo) nella quale nessuno più crede! Dopo aver lasciato il trono reale di Palazzo di Città, l’ex sindaco non ha perso occasione nel corso delle sue uscite pubbliche da dimissionario per blandire l’arma più logora del suo repertorio: l’anticomunismo! Il clima, però, è irrimediabilmente mutato: non sono in pochi, anche tra i suoi stessi sostenitori, a interrogarsi se valga la pena rispolverare antichi slogan ideologici e populisti in una fase in cui la città intera attende risposte e non proclami elettorali. L’impressione che emerge è che l’incorreggibile Antonio, a corto d’argomenti, speri di “riesumarsi” tirando fuori dal cilindro sbiadito il solito “asso della manica”, il “cavallo di troia” più esibito della retorica berlusco-azzolliniana, emblema di una sinistra (quella italiana) confusa e sguaiata. “La sinistra non è cambiata, sono ancora gli stessi”, ha sentenziato durante la campagna elettorale 2013 Azzollini più di una volta dal palco. Mr. Porto Commerciale ha ricordato per l’ennesima volta i motivi del suo impegno politico: “siamo scesi in campo con la candidatura di AzzolliNinnì per non lasciare il Paese in mano a quelli che nel loro profondo sono rimasti comunisti”. Poco conta poi se gli stessi metodi non sono affatto stati disprezzati dall’entourage del Senatore, servitosi delle stesse armi (la “demonizzazione” dell’avversario, a tutti i costi e con tutti i mezzi) per far sistematicamente fuori: 1 - giornalisti scomodi; 2 - magistrati protagonisti; 3 - e alleati ribelli. Niente di nuovo, dunque: Tonino persevera nel suo “sproloquio” preferito (secondo solo alle sue ormai celebri “barzellette”!). “Al lupo, al lupo!”, sembrava imperterrito ammonire il Senatore… Ma chi sarebbe lo “spauracchio” del Presidente? Chi gli “eversori rossi” che attenterebbero alle nostre libertà?! Il freddo e tecnocrate Gianni Porta? La “fuori dagli schemi” Paola Natalicchio. Il nuovo Movimento Indipendente Linea Diritta del penalista Bepi Maralfa? Gira e rigira, rischiamo di finire con lo scoprire come l’ultimo comunista “vero” della storia molfettese recente era lui viste le militanze prima nel PDUP Partito di Unità Proletaria, quindi nei Verdi per poi approdare al PCI - PDS dal quale venne espulso per la sua partecipazione alla Giunta comunale (definita “di unità”) guidata da Annalisa Altomare (ex-DC).