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L'incomunicabilità nella società della comunicazione Conversazione all'Aneb di Felice de Sanctis, giornalista della “Gazzetta” e direttore di “Quindici”
15 aprile 2003

“L'incomunicabilità nella società della comunicazione”, è stato l'argomento di un'interessante conversazione del dott. Felice de Sanctis (nella foto), giornalista della “Gazzetta del Mezzogiorno” e direttore del periodico “Quindici”, promossa dall'Aneb (Associazione nazionale educatori benemeriti) presso il centro sociale “Don Tonino Bello” (Parrocchia S. Pio X). Le distanze geografiche non sono mai state così ridotte, i tempi di spostamento mai così rapidi, le abitudini e gli ambienti mai così simili in gran parte del mondo, i media mai così potenti, eppure la comunicazione vera e propria mai così inesistente, superficiale e formale quando non completamente assente. Tutto ha inizio nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, negli spazi ricreativi, insomma in ogni momento comune della nostra vita quotidiana. Viviamo nella società non dell'essere ma dell'apparire, ha esordito il dott. Felice de Sanctis. Sempre più non vi è comunicazione diretta tra gli uomini, ma mediata da tecnologie che stanno progressivamente prendendo il sopravvento sull'uomo, trasformando il mezzo in fine, a tutto vantaggio dell'incomunicabilità. Anche le e-mail che hanno cancellato la corrispondenza epistolare, hanno consumato quella possibilità di calore che accompagnava la scrittura della penna. La nostra società, quale società massificata, omologata e standardizzata, rivela la natura esclusiva e alienante della comunicazione tra gli esseri umani. Comunicare vuol dire “svelare”, aprire le tante porte chiuse a doppio o triplo mandato che proteggono le nostre verità. Per poter rivelare se stessi agli altri, è necessario saper ascoltare con empatia e disponibilità, uscendo dalla cultura del sospetto e della paura del giudizio. E' indispensabile nel comunicare svelare fino in fondo se stessi, scoprire le proprie debolezze, rappresentarsi per quello che si è, ma soprattutto creare le condizioni perché l'altro possa trovare liberamente i tempi del suo rivelarsi. Questa è la vera comunicazione, o meglio ciò che si definisce comunicazione efficace. In un'epoca dove accanto al trionfo tecnologico si è diffusa anche una grande dose di pigrizia mentale e fisica, si legge meno e si ascolta di più (anzi si dovrebbe dire si “sente” perché pochi ascoltano). Pietro Citati, sosteneva che "oggi il nostro Paese sta morendo di televisione, come un tempo si moriva di tisi. L'uomo della televisione è gigantesco." Oggi tutto si svolge in tv: dalle scelte politiche a quelle dei consumi in una società sempre più tecnologica, non si può arrestare il progresso, né la massa di informazioni. Per l'immediato futuro si parla già di società dell'informazione. Vincerà chi gestirà l'informazione che ormai ha preso il posto delle stesse tecnologie. Andiamo quindi, verso una società virtuale? Già esiste e fra poco avremo anche in Italia la cosiddetta televisione interattiva attraverso la quale lo spettatore potrà scegliere con il telecomando sia il finale di un film, sia le notizie su misura. L'uso intelligente del mezzo starà nella capacità di saper maneggiare questo ingrediente (comunicazione) per renderlo un reale antidoto. Nietta Altomare
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