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L’assedio
15 luglio 2022

I tamburini avanzavano quasi senza ru- more, solo colpi attutiti, quasi inav- vertibili dal basso. Gli osservatori in avanscoperta avevano fatto una breve incursione senza giungere al paese ai piedi della collina, si erano fermati al boschetto vicino alla Chiesa sulla sua sommità. Gli abitanti non avevano avuto sentore di nul- la, c’era la festa del paese, così, subito dopo la Messa, erano tornati giù sulla piccola piazza: i giovani radunati vicino alla fonta- na, spavaldi, guardavano le ragazze che pas- savano in gruppo con i loro abiti più belli, ridevano e parlottavano fra loro lanciando occhiate furtive. Gli uomini erano seduti ai tavolini dell’u- nico bar, rilassati, in attesa del pranzo che prevedevano ricco, con i piatti tipici della festa. Le donne, che avevano preparato tutto prima della Messa, passeggiavano spingen- do i passeggini con i più piccoli, dando la mano ai più grandicelli o tentando di riac- ciuffare i più grandi che si rincorrevano. Era il momento dell’attacco: la truppa co- minciò a spostarsi lentamente ma inesora- bilmente, a grandi masse che oscuravano il cielo, il rullo dei tamburi, ancora sordo, era ormai chiaramente avvertibile e qualcuno, avendo come un presentimento, alzò il capo verso la Chiesa, ma il boschetto e la Chiesa stessa impedivano la visuale. Si mosse l’artiglieria leggera, pochi co- minciavano a dare segni di inquietudine. Le donne giovani costrinsero i bambini ad in- dossare i golf e radunarono i più grandicelli che correvano all’impazzata, ignari del peri- colo. La cavalleria fece una breve incursio- ne con crepitii, stridi, i tamburini battevano senza interruzione, terrificanti, arrivarono i primi colpi senza grave danno. Ma ora gli abitanti erano all’erta: gli uomini si alzarono dai tavolini del bar, le donne più anziane che avevano già sperimentato situazioni simili cominciarono a gridare di entrare in casa dove si erano già rifugiate tentando di chiudere i balconi e le finestre e di tenere aperta la porta di casa per far entrare gli altri. Le ragazze coprivano i lunghi capelli con grandi fazzoletti per correre più agevolmente. L’artiglieria pesante si era ormai scatenata, grossi proiettili colpivano quelli che si erano imprudentemente attardati, battevano contro porte e finestre ormai chiuse, coprivano l’ac- ciottolato della piazza e dei tetti devastando le piante e i fiori che ornavano i balconi. Il cielo era ormai completamente oscurato, la luce era calata, gli abitanti guardavano preoccupati attraverso lo schermo dei vetri e poi tornavano a sedersi a tavola esortati dai vecchi: “Non vi preoccupate, finirà anche questa volta”, infatti cominciava la ritirata. Il cielo era tornato luminoso, gli ultimi attaccanti scomparivano alla vista, i tamburi tacevano, forse troppo lontani per essere uditi. Pian piano, rasserenati e sonnolenti dopo il pranzo della festa, gli abitanti del paese tornarono cautamente sulla piazza, i bambini per primi urlando di allegria, le ragazze aggiustandosi i capelli e rassettandosi gli abiti. La Chiesa sulla collina sembrava imbiancata di fresco, il sole splendeva in tutto il suo fulgore, la grandine si era sciolta, il tempora- le era passato, si poteva riprendere a far festa. © Riproduzione riservata

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