L'apparenza inganna c'è anche l'abusivismo di necessità. La storia di Maria
Per anni abbiamo ignorato problemi radicati che urlavano soluzioni. La nostra colpevole e consapevole indifferenza ha fatto sì che il topolino diventasse un elefante e che la situazione di degrado socio-culturale-economica in cui versa la città diventasse esplosiva e richiedesse misure ed interventi improcrastinabili. Traffico, sicurezza, lavoro sono solo alcuni dei problemi di cui si chiede la risoluzione immediata e con pugno di forza, ma i nostri amministratori pur essendo uomini e donne di buona volontà, non hanno la bacchetta magica, lasciando delusi chi si aspettava che i blitz contro il transito e la sosta a Corso Umberto I e contro i commercianti abusivi a Piazza minuto pesce avrebbero risolto definitivamente almeno queste criticità. Le soluzioni, purtroppo, appaiono lontane e necessitano di analisi approfondite. Non occorre solo inveire contro i commercianti abusivi che, violando norme igieniche, di conservazione degli alimenti, di evasione fiscale, di causato pericolo per la sicurezza stradale, invadono il suolo pubblico; occorre chieder loro le motivazioni per le quali si spingono a sfidare ogni giorno la legge. Così anche una persona intransigente nei confronti di chi viola il diritto, come chi scrive, si trova nella situazione di dover rivedere le proprie posizioni “per colpa” di una donna straordinaria come Maria V. Maria è mamma, moglie e lavora alle dipendenze della società che gestisce le pulizie presso il centro commerciale Ipercoop. A causa della perdita di lavoro del marito, si ritrova in una situazione economica difficile. Sulla casa acquistata con tanti sacrifici grazie al lavoro di entrambi, pesa come un macigno, la minaccia che venga tolta loro, a causa di un mutuo difficile da “onorare”. Suo marito è in grado di svolgere i più disparati lavori come carpentiere, pittore, barista, cameriere, cuoco ma all’età di 44 anni si è troppo vecchi per usufruire di incentivi per la messa in regola di lavoro nero e troppo giovani per la pensione; questo è il periodo della raccolta delle olive e il marito, con il figlio maggiore, “riesce a fare qualche giornata”. Ma non basta. Ci sono le bollette da pagare, i libri da acquistare per i figli che devono studiare per avere più possibilità dei genitori e nonostante entrambi, si ingegnino per limitare al massimo le uscite, arrivare a fine mese è un’impresa. E allora? «Faccio l’abusiva e vendo i ricci, afferma con coraggio ed aggiunge che nella stessa condizione, si trova la maggioranza dei commercianti abusivi cittadini». Maria nel suo passato ha venduto biancheria, giochi pirotecnici (legali, tiene a sottolineare), panini durante la festa patronale, pur di rimanere onesta, ed ora quanto i turni di lavoro glielo consentono, col marito, aiuta suo padre a vendere i ricci, per difendere, con tutti i mezzi a lei consentiti, i suoi beni: la casa e l’istruzione dei figli. Donna dignitosa e bella, cura la sua persona senza ricorrere a sarte, estetiste e parrucchieri. «So far tutto e lo posso fare; non voglio essere compatita, voglio che i nostri figli siano orgogliosi dei genitori ». Lancia questo messaggio senza volerlo, senza nessuna presunzione, senza sapere quale insegnamento è la sua esperienza. Conclude ribadendo che il suo non è, purtroppo, un caso isolato. Migliaia di famiglie hanno trovato nel commercio ambulante abusivo, l’unica fonte possibile di sostentamento. Desidererebbe, per tutti, una maggiore comprensione nei confronti degli ambulanti onesti che vorrebbero uscire dall’illegalità, ma canoni d’affitto di locali troppo alti, tasse e contributi non lo consentono. Le sue riflessioni non cambieranno lo stato delle cose in quanto un abusivo rimane tale, purtroppo, ma forse contribuiranno ad aprire tavoli di discussione più ampi e lungimiranti e a capire che la “liberazione” delle piazze con la forza risolve il problema per massimo un paio di giorni ma poi la piazza viene nuovamente occupata. Maria non chiede assistenza, vorrebbe un lavoro, uno qualsiasi per il marito, disposto anche a trasferirsi all’estero. Ringrazia ogni giorno i suoi datori di lavoro che «l’hanno messa in regola ed a tempo indeterminato » ma non perde la speranza di poter continuare a conservare i suoi beni per i quali continuerà a lottare e a vendere i ricci.