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Irpef comunale: Molfetta città opulenta ma non cresce. Da 10 anni tutto fermo: precari con bassi salari
15 aprile 2011

Italia a due velocità, tra un Nord che corre e un Sud che non tiene il passo. E’ la solita impietosa fotografia che questa volta emerge dai dati pubblicati dal Dipartimento delle Finanze, sull’addizionale Irpef incassate dai Comuni, in base alle dichiarazioni del 730 e Unico del 2010 sui redditi del 2009. L’analisi conferma la differenza storica: al Nord il numero dei contribuenti si attesta oltre il 60% della popolazione totale, compresi i neonati e i nullatenenti reali o presunti, mentre al Sud nelle realtà più felice non si va oltre il 45%. In base al numero dei contribuenti e gli imponibili dichiarati, gli analisti del Dipartimento delle Finanze hanno determinato un reddito medio di riferimento. Sia chiaro che non è il reddito medio reale, perché la base imponibile su cui si calcolano le addizionali comunali e regionali, è al netto delle detrazioni, che sono tanto maggiori quanto più bassi sono i salari, quanto più numeroso è il nucleo familiare e la presenza di disoccupati. Insomma, nel leggere i numeri bisogna considerare i parametri socio-economici dei vari territori. Certo se consideriamo i dati in chiave del futuro federalismo, al Nord basteranno dei ritocchi delle aliquote comunali per far quadrare i conti, mentre in gran parte delle città del Sud servirebbero scossoni sostanziosi. E veniamo ai numeri che ci riguardano. Nel contesto regionale Molfetta è in 14ª posizione nella top 20 per reddito medio. Una conferma, perché da sempre la nostra città ha tallonato i capoluoghi pugliesi. In ambito provinciale, Molfetta in valori assoluti, si colloca dopo Bari per numero di contribuenti (26.136) e gettito dell’addizionale Irpef (euro 547.293,893), mentre con il relativo reddito medio (euro 20.940,23), si attesta in 4ª posizione. Un dato scontato perché i numeri sono correlati alla densità abitativa. Numeri che esprimono una realtà importante, quasi opulenta, ma insufficienti per capire i fenomeni sociali ed economici in atto. Per un’analisi più compiuta, abbiamo confrontato i dati del 2009 con quelli del 2005, un lasso di tempo sufficiente per capire la qualità dei vari parametri. Rispetto al 2005 il numero dei contribuenti è cresciuto di 2.524 unità (10,75%), per un incremento del gettito Irpef del 25%. Una performance non esaltante, perché altre 18 città hanno fatto di meglio. Il dato più clamoroso è un altro: la crescita del reddito medio di appena del 23,54%, la performance peggiore di tutta la Provincia. Ciò significa che lo sviluppo economico in atto nella nostra città da quasi un decennio, è meno dinamico di quanto ci piace pensare. Ci sono dei fattori da considerare. Nel biennio 2008-09, la crisi economica ha inciso più che altrove per la presenza di un tessuto di piccole e medie imprese del settore manifatturiero. Quindi c’è stata molta cassa integrazione che ha contratto i salari e determinato poi un calo della base imponibile. Poi c’è la composizione demografica. Molfetta con una popolazione che non raggiunge i 60mila abitanti, è una città sempre più vecchia, basti pensare che gli ultrasessantenni sono quasi 12.000 (20%). Con più pensioni e meno salari, di conseguenza si impoverisce l’imponibile. Infine, il sospetto più amaro: il nuovo lavoro che è offerto ai giovani è un lavoro povero. E’ sorprendente che i 2.524 nuovi contribuenti, quindi nuovi redditi e si presume nuova occupazione, non hanno inciso più di tanto nella crescita del reddito medio. Ciò significa che il lavoro creato in questi anni, con l’espansione edilizia, le varie zone artigianali, i grandi centri commerciali nella zona Asi, si sta rivelando qualitativamente di basso profilo. Un lavoro povero per qualità e salari. Francamente non erano questo il futuro che avevamo immaginato.

Autore: Francesco Del Rosso
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