Io, positivo senza accorgermene Credevo di avere l’influenza
È subdolo. Si nasconde e riesce ad afferrarti anche quando non te lo aspetti, anche quando fai di tutto per scappare da lui, con mascherina che copre sempre anche il naso e amuchina costantemente a portata di mano. Questa è la prima cosa che abbiamo imparato sul coronavirus nell’ultimo anno, e continuiamo a imparare sempre tanto su di lui, con la speranza di tenerlo lontano. Ma a volte ci si ritrova positivi ad un tampone così, improvvisamente, e in quel momento ci si rende subito conto che i prossimi mesi di vita saranno completamente diversi da come li avevamo immaginati, e che i giorni successivi alla presa di coscienza della positività, si svolgeranno all’interno di una stanza, in isolamento. È così, improvvisamente, che questo lettore di “Quindici” si è preparato ad affrontare il Covid. Ce lo racconta, ovviamente, in forma anonima. Come e quando ha scoperto di essere positivo? «Ho scoperto di essere positivo verso la fine di ottobre. Inizialmente avevamo pensato che si trattasse di una semplice influenza, perché i miei sintomi non erano paragonabili a quelli del Covid, almeno all’inizio. Il giorno precedente alla comparsa della febbre avevo trascorso una normalissima serata con gli amici presso un ristorante. Ero in perfetta salute, non avevo tosse o problemi respiratori e nemmeno una minima percentuale di raffreddore. Tutto è iniziato all’improvviso». Come l’ha supportata l’Asl? Si è dimostrata veloce ed efficiente oppure ha dovuto attendere molto prima di effettuare il tampone? «L’Asl (Azienda sanitaria locale) si è dimostrata abbastanza efficiente. Ho atteso i tempi burocratici dopo aver fatto la segnalazione e, dopo un’iniziale confusione relativa al tampone, sono riuscito ad effettuare un tampone antigienico per verificare se effettivamente fossi positivo. Dopodiché ho allertato il mio medico che ha subito segnalato la mia positività alla Asl e dopo qualche giorno sono stato contattato per prendere l’appuntamento presso il drive in di Giovinazzo». Come ha deciso di procedere per quanto riguarda la quarantena? Ha avuto la possibilità di rimanere isolato senza avvicinarti ai tuoi familiari o è stato difficile? Ritiene che tutte le famiglie italiane possano effettuare una quarantena domiciliare in sicurezza o la possibilità di infettare i propri parenti è troppo alta? «Per quanto riguarda la quarantena, penso che l’isolamento sia stato uno dei miei problemi più grandi. La mia casa ha delle dimensioni normali, non è eccessivamente grande e forse per questo motivo i miei familiari si sono infettati (anche perché pensavamo che non si trattasse di Covid, dato che non avevo frequentato nessuno che lo avesse per quanto io ne sapessi, e per questo abbiamo sottovalutato la situazione). Ritengo quindi che le famiglie italiane debbano prestare molta attenzione e disinfettare tutto e spesso, nel caso in cui ci si ritrovi in una casa normale con un solo bagno e con stanze condivise». Lei è un lavoratore. Come ha fronteggiato la situazione lavorativa durante l’isolamento? Ha avuto dei giorni di pausa o ha lavorato sempre in smart working? «Sono un lavoratore che ha subito comunicato i dubbi ai suoi datori di lavoro, la mia situazione lavorativa è peggiorata da un punto di vista produttivo, ma ho iniziato a lavorare in smart working dal primo giorno ed è per questo che reputo la mia azienda molto efficiente». Dal punto di vista psicologico, come l’ha cambiata questo periodo di isolamento? Può affermare di essere tornato alla sua vita normale o si sente cambiato? «Dal punto di vista psicologico questo periodo di isolamento mi ha cambiato molto. Adesso sento la pressione psicologica del Covid perché ho davvero paura di poterlo riprendere e sento i sensi di colpa di chi non ha potuto far niente per evitare di contagiare i suoi familiari». Lei farà la vaccinazione anti Covid anche se l’ha già contratto? «Temo di non fare la vaccinazione, almeno per il momento, in quanto penso di aver accumulato una dose sufficiente di anticorpi. Essendo disinformato sulla questione, preferisco prendermi ancora del tempo per prendere una decisione corretta». Come andrebbero affrontati i prossimi mesi di pandemia? Durerà ancora molto? «I prossimi mesi di pandemia saranno tragici se il virus continuerà a diffondersi. Provo dispiacere per tutti coloro che hanno chiuso i propri locali e quindi anche per i bar e per i ristoranti… mi metto nei panni di chi soprattutto ha una famiglia da mantenere e vive esclusivamente di quell’attività. Spero davvero che il Natale ci possa dare qualche giorno di felicità… insomma, un paio di giorni di spensieratezza, che quest’anno sono stati davvero pochi. Sono convinto che molte persone ripongono fiducia nei prossimi mesi e fanno bene, perché se perdiamo la speranza allora la pandemia durerà ancora per tanti mesi». © Riproduzione riservata