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Interrogazione parlamentare sui fatti di Molfetta: al centro la repressione del dissenso. Il grave silenzio del sindaco Minervini
La manifestazione di dissenso al leghista Maroni
10 novembre 2019

MOLFETTA - L’interrogazione parlamentare presentata dal gruppo parlamentare di “Liberi e Uguali”, indirizzata al Ministero dell’Interno il 30 ottobre, porta Molfetta al centro del dibattito parlamentare nazionale.

L’interrogazione si riferisce ai fatti del 2 settembre, quando a Molfetta si è tenuto l'evento letterario «Conversazioni dal Mare», organizzato dall'Associazione «Artemia» e patrocinato dal comune anche economicamente per un importo pari a 2.981 euro. Tra gli altri ospiti era presente anche l'ex segretario della Lega Nord Roberto Maroni, chiamato a presentare il suo ultimo libro: «Il rito ambrosiano. Per una politica della concretezza». Quella sera, un gruppo di cittadini, dopo un presidio pacifico e autorizzato in Piazza Mazzini, si è diretto verso Piazza Municipio per leggere un comunicato all’esterno del palazzo consiliare. All’interno, l’ex ministro leghista Maroni teneva la sua conferenza.

Il bersaglio polemico del comunicato letto era innanzitutto l’amministrazione comunale, colpevole di aver finanziato un evento con ospite uno degli esponenti di spicco della Lega, già Ministro dell’Interno, Presidente della Regione Lombardia fino allo scorso anno.

Il governo guidato da Lega e 5stelle, che il giorno della conferenza era ormai al capolinea, si è reso responsabile negli scorsi mesi di una politica dell’odio giocata sulla pelle dei migranti. Il partito di Salvini e Maroni ha costruito un nemico - il migrante cattivo che attenta all’identità, alle donne, alle risorse e a tutto il patrimonio dell’onorabile popolo italiano - per compattare il proprio elettorato. Tale narrazione ha fatto leva innanzitutto su una retorica poggiata sull’odio e sul razzismo, prima che sui decreti sicurezza, fino a coniare un nuovo lessico e a radicarsi nella sensibilità comune, divenendo egemone. A farne le spese sono stati i migranti costretti sulle navi per settimane, in attesa di sbarcare in un porto sicuro, vittime del capriccio dei capetti della Lega e della loro strategia di costruzione del consenso.

Ma è sulla cultura e sulla sensibilità collettiva che le politiche degli ultimi mesi hanno avuto gli effetti peggiori. Basti pensare alle minacce di questi giorni a Liliana Segre, superstite dell’Olocausto, nonché agli atti di razzismo che ogni giorno trovano spazio nelle nostre città. La narrazione dell’odio, centrata sul migrante come responsabile di tutte le malefatte che affliggono il paese, ha intercettato il disagio delle periferie e degli strati sociali più in difficoltà, fungendo al contempo da utile diversivo rispetto ai problemi reali.

L’opposizione, da parte di alcuni cittadini, alla presenza di Maroni, era legittima e, probabilmente, necessaria. Tanto più per il fatto che tale presenza è stata sostenuta, anche economicamente, da un’amministrazione di centro-sinistra, a trazione PD.

La protesta dei cittadini è stata del tutto pacifica e rispettosa dell’evento in corso. Eppure, le cose hanno preso una strana piega. Come recita l’interrogazione parlamentare firmata da Nicola Fratoianni, “le forze dell'ordine avrebbero chiesto le generalità al manifestante che aveva appena terminato la lettura del testo”. Così, “gli altri manifestanti, ritenendo ingiusta la richiesta, in quanto chi leggeva lo faceva a nome di tutti, in segno di solidarietà hanno chiesto che venissero identificati tutti i presenti alla manifestazione”. Ma a partire dal giorno successivo all’evento a molti manifestanti sono giunte delle informative sul diritto di difesa, nelle quali vengono contestate alcune ipotesi di reato tra cui la resistenza a pubblico ufficiale.

Ad essere indagati, oggi, sono numerosi cittadini, tra cui alcuni ragazzi giovanissimi, colpevoli di aver espresso il proprio dissenso in maniera civile e pacifica. In un momento in cui i diritti e i principi fondamentali alla base della convivenza democratica sono sempre più sotto la minaccia di un razzismo e di una cultura dell’odio che trovano sempre più spesso legittimazione e sostegno istituzionali, la presa di posizione di un gruppo di persone libere a favore della solidarietà e dell’accoglienza è oggetto di indagine e rischia di essere irrimediabilmente scoraggiata. Perché tanti dei manifestanti in piazza erano giovanissimi, e le parole che hanno portato per mezzo di quel comunicato ribadivano semplicemente la necessità di opporsi a chi per anni ha insultato e sbeffeggiato i meridionali, e adesso ha strumentalmente spostato il proprio bersaglio su migranti e su altre minoranze (all’occorrenza omosessuali, poveri insolenti etc.). Il comunicato letto in piazza opponeva la solidarietà all’odio e al razzismo. Gli avvisi di garanzia a queste persone e a questi giovani, oggi, non possono che avere l’effetto di scoraggiare la parte sana della città a favore di questi rigurgiti di intolleranza, che sempre più spazio trovano nei nostri quartieri.

Il sindaco Tommaso Minervini, di fronte a questo episodio, deve necessariamente prendere posizione. Molfetta è da sempre una città aperta, e ha espresso, negli anni, una cultura politica e istituzionale di alto livello. Un sindaco dovrebbe sapere che soffocare e reprimere il dissenso ha l’effetto di svilire le forme e la volontà di partecipazione civile e democratica, alimentando il conflitto. Lo hanno ben compreso, in passato, sindaci e amministrazioni di destra, dovrebbe ben saperlo lui, che si richiama ad una cultura socialista. Il dissenso è il motore della dialettica democratica: reprimerlo significa chiudere le possibilità di mediazione e di sintesi, soffocare l’effervescenza della città e appiattirla sull’odio e sugli appetiti immediati.

In gioco, in questa vicenda, ci sono i valori della democrazia e della libertà. Dall’altra parte c’è la repressione e l’intolleranza. Bisogna ben sapere da che parte stare.

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Giacomo Pisani

Autore: Giacomo Pisani
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