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Indagine “Caffè amaro”: arrestato un infermiere di Molfetta per concussione Importante operazione messa a segno dai Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura di Trani in collaborazione con i colleghi della Compagnia Carabinieri di Molfetta. Arresto di un insospettabile infermiere che gestiva in maniera illecita le visite specialistiche dei marittimi
27 gennaio 2012

TRANI - «Un segnale di riconduzione alla legalità». Così si espresso stamane il procuratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il tribunale di Trani, dott. Francesco Giannella (nella foto), nel corso della conferenza stampa tenutasi stamane per illustrare l’esito dell’indagine denominata “Caffè amaro”,che ha visto la proficua collaborazione dei carabinieri della Sezione di polizia Giudiziaria della Procura di Trani e della Compagnia Carabinieri di Molfetta, condotta sotto la direzione della Procura della Repubblica di Trani. L’indagine si è conclusa con l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari, richiesta dal sostituto procuratore della Repubblica, dott. Ettore Cardinali, ed emessa dall’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, dott.ssa Rossella Volpe, nei confronti di Ignazio Brattoli  di 53 anni, di Molfetta, per il reato di concussione (art. 317 c.p.).
Si tratta, quindi, dell’arresto di un insospettabile infermiere che - secondo quanto affermato dagli inquirenti - abusando dell’esercizio della sua professione e incutendo timore nei pazienti, gestiva in maniera del tutto illecita le visite specialistiche cardiologiche cui si sottoponevano i marittimi, per legge, nell’unica struttura sanitaria pubblica per la Puglia.
L’arrestato è un infermiere in servizio dal 1988 presso il S.A.S.N. (Servizio Assistenza Sanitario Nazionale, ex Cassa Marittima, poi IPSEMA), struttura dipendente direttamente dal Ministero della Salute, per garantire l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile. Tra i compiti dell’infermiere vi era anche quello di supportare l’attività del medico specialistico nelle prestazioni cardiologiche.
Secondo quanto accertato dai Carabinieri della Sezione Polizia Giudiziaria di Trani (in collaborazione con la Compagnia Carabinieri di Molfetta), l’infermiere avrebbe preteso somme di denaro in cambio di favori sui tempi e modalità delle visite mediche specialistiche a cui i marittimi sono obbligati periodicamente, dalle normative vigenti.  Materiale fotografico e video raccolto nel corso delle indagini testimoniano le modalità dell’illecito che ha portato gli inquirenti a richiedere il provvedimento restrittivo nei confronti dell’infermiere.
Le investigazioni nascono - secondo quanto affermato dal procuratore aggiunto Giannella - da una segnalazione del Ministero della Salute,allertato sull’improprio “modus operandi” dell’infermiere da un marittimo stanco di subire le richieste di denaro da parte dell’infermiere. Le indagini hanno permesso di svelare “un sistema collaudato”(il cui “dies a quo”, resta incerto, e non si sa se “fosse in vigore” anche “ai tempi della lira”)che in virtù dell’abuso della qualifica di incaricato di pubblico servizio, dei correlati poteri e, con condotta induttiva, nei confronti dei marittimi, avrebbe consentito undazione di denaro illecito da parte di pazienti oramai assoggettati (20 euro per pratica). Il tutto nonostante le attività espletante all’interno del S.A.S.N. non comportino alcun tipo passaggio di denaro.
Il sistema in pratica era quello di manifestare ai marittimi la necessità di consegnare del denaro affinché gli stessi fossero agevolati “dal percettore” negli esiti e nella rapidità della pratica e/o posizione sanitaria. «La soggezione delle vittime, dipendeva dal fatto che l’infermiere disponeva tempi e modalità per calendarizzare le visite ai marittimi facendo credere loro che fosse quella la prassi per effettuare le visite specialistiche», secondo quanto affermato dagli inquirenti.
Inoltre, al fine di corroborare la concussione ipotizzata, su impulso del sostituto procuratore della Repubblica, dott. Ettore Cardinali, titolare dell’indagine, sono state effettuate intercettazioni di conversazioni tra presenti e video riprese presso lo studio ambulatoriale del Servizio sanitario di Molfetta. Nel corso delle intercettazioni si aveva modo di ascoltare con chiarezza la richiesta “convenzionale” dell’infermiere che, nella maggior parte dei contatti, esordiva agli appuntamenti con i marittimi con «un caffè per me».
Durante le operazioni d’intercettazione sono state fatte anche delle perquisizioni a carico dell’indagato - secondo quanto chiarito dal Cap. del Prete, comandante della Compagnia di Molfetta, nel corso della conferenza stampa tenutasi presso il Palazzo di Giustizia - e, ciononostante, lo stesso continuava a chiedere il suo“caffè”.L’attività investigativa si è giovata anche dell’ascolto di numerosi marittimi, che hanno confermato di avere subito continue richieste di denaro da parte dell’infermiere.
Per comprendere meglio l’illecito messo in piedi dall’infermiere, gli inquirenti hanno ritenuto opportuno spiegare in che modo secondo la regolare e lecita procedura i marittimi potevano prenotare ed ottenere visite mediche specialistiche. In sintesi, due sono gli ambulatori del S.A.S.N., uno a Molfetta, presso il cui ambulatorio prestava servizio, l’infermiere arrestato, e l’altro Bari (questi ambulatori sono sezioni territoriali della sede centrale di Napoli). Oltre a queste due sezioni vi sono 11 medici fiduciari,convenzionati con il predetto Ministero, nei comuni privi di strutture di questo genere.
Il personale medico (a Molfetta operano due medici generici e due medici specialistici, cardiologo e radiologo) eroga ai marittimi assistenza sanitaria generica, medico-legale e medico specialistica. Nello specifico, l’ambulatorio di Molfetta è l’unico in Puglia ad effettuare le visite cardiologiche e radiologiche, cui i marittimi devono necessariamente sottoporsi periodicamente per il riconoscimento dell’idoneità ad esercitare l’attività.
Per questi motivi, gli inquirenti hanno ritenuto, che «l’attività concussoria posta in essere dall’infermiere costituisca un grave vulnus per l’intero ceto della marineria pugliese». A margine della conferenza, Quindici ha chiesto agli inquirenti se tale condotta fosse da ritenersi caso isolato (un’anomalia riconducibile al comportamento esclusivo di un singolo) e se la “irrituale” condotta dell’infermierefosse ignorata in maniera assoluta da parte degli altri dipendenti della struttura. «Allo stato dell’arte, non sono emersi elementi utili in tal senso», la risposta. 
 
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Autore: Nicola Squeo
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