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INCHIESTA - “Troppo caro il pesce a Molfetta? Ma se lo svendiamo” I commercianti ittici e riflessi della mucca pazza
15 marzo 2001

L’inchiesta di QUINDICI del mese scorso sul problema della cosiddetta “mucca pazza” a Molfetta ha portato alla luce una maggiore sensibilizzazione, da parte dei cittadini, nei confronti dell’inquinamento ambientale ed alimentare, quasi una nuova consapevolezza delle gravi e pericolose conseguenze che esso può arrecare alla salute di tutti; ha registrato, inoltre, un lento e progressivo cambiamento di abitudini e comportamenti alimentari che si può così riassumere: maggiore consumo di carne bianca (pollo, tacchino, maiale, agnello) per quanto riguarda il fabbisogno giornaliero di proteine, ma anche maggiore consumo di latticini, formaggi e, soprattutto, pesce. Legge di mercato impone che, a maggiore richiesta di un prodotto corrisponda un automatico e comprensibile aumento del suo prezzo, aumento che è considerato quasi “fisiologico” se contenuto entro precisi limiti, ma che diventa ingiustificato e speculativo se supera un certo margine. In realtà, numerosi e di varia natura sono i fattori che concorrono alla formazione e definizione finale del costo di un prodotto (fonte, periodo e tipologia di approvvigionamento, caratteristiche merceologiche come, ad esempio, la deperibilità, tipo di distribuzione, ecc.) il quale, il più delle volte, arriva al consumatore dopo una lunga serie di passaggi che “stratificano” ulteriormente il prezzo di mercato. Questo vale, in particolar modo, per i prodotti della pesca in genere sul cui valore di mercato incidono quotidianamente le condizioni meteorologiche, il metodo di cattura, il tipo di imbarcazione usato, il numero degli addetti, il prezzo d’asta a cui la merce viene ceduta ai dettaglianti. Un ulteriore distinguo viene fatto se il pesce è comprato dal consumatore in pescheria o in un mercato ittico dove si concentra e diversifica in particolar modo l’offerta: qui senz’altro la merce, acquistata in grosse partite dai vari commercianti, costerà di meno grazie all’elemento concorrenza che fa da “calmiere”, mentre le pescherie, dislocate nei vari punti della città, applicheranno prezzi un po’ più alti in funzione, oseremmo dire, del “monopolio” che hanno nelle diverse zone e della facilità ad essere raggiunte. Questi, in maniera schematica e molto esemplificata, i meccanismi “ordinari” che regolano e condizionano la determinazione del prezzo del pesce in genere, ma è chiaro, com’è appunto accaduto per la questione della mucca pazza, che possono intervenire ed influenzarlo anche fattori straordinari, come certe situazioni contingenti di mercato o di emergenza capaci di modificare abitudini e rituali d’acquisto. In un settore, come quello del pesce, che soffre da sempre di una debolezza strutturale a livello nazionale e locale (la catena del freddo, ad esempio, è uno dei talloni d’Achille di questo comparto) le oscillazioni economiche e produttive sono all’ordine del giorno. A Molfetta, per un po’ di tempo, si è parlato di rincari esagerati e c’è stato addirittura chi ha fatto circolare la voce di denunce o esposti alla magistratura in relazione a questi aumenti ingiustificati. Ci siamo chiesti se fosse tutto vero e, com’è nostra abitudine, siamo andati a verificarlo direttamente, parlandone soprattutto con gli interessati. Pochi acquirenti, tanto pesce, anche topi La giornata, primaverile ed assolata, invoglia la gente ad uscire e favorisce abbastanza l’afflusso dei compratori verso una zona indubbiamente decentrata, questa di Via Bisceglie appunto, non facilmente raggiungibile da tutti per ovvi motivi. Non era così l’altro giorno quando noi di “Quindici” abbiamo effettuato un primo “sopralluogo” sotto una pioggia torrenziale e abbiamo trovato i commercianti quasi sul piede di guerra perché il mercato era vuoto e la merce non si vendeva. Dietro i loro modi un po’ bruschi e le voci troppo alte abbiamo indovinato una grande voglia di parlare e di esternare problemi su cui, a sentir loro, l’Amministrazione comunale non pone la giusta attenzione, soprattutto in questo difficile periodo di commissariamento. Non vogliono sentir parlare di rincari del pesce, ricusano con sdegno l’accusa di speculare sul problema della mucca pazza e ci invitano a dare un’occhiata ai prezzi che, a dire il vero, risultano alquanto bassi: calamari a 8mila lire, triglie a 10mila, pesce misto per zuppa e frittura a 6mila, merluzzi a 18mila, salmone a 15mila, orate e spigole di allevamento a 10mila, gamberi a 20mila. Abbiamo constatato che in diverse pescherie del centro e di varie zone della città per gli stessi prodotti si pagano 3 o 4mila lire in più al chilo ed abbiamo addirittura trovato orate di allevamento a 16mila lire. Abbiamo chiesto perché questa differenza, visto che comunque si tratta di pesce d’allevamento (le orate di mare costano intorno alle trentamila lire ed è difficile trovarle): ci hanno risposto che quelle provenienti dalla Grecia e dalla Spagna, non sottoposte a controlli accurati ed alimentate con mangimi scadenti, costano senz’altro meno di quelle allevate in Italia che offrono più garanzie dal punto di vista nutrizionale ed igienico. Ma quanto ha inciso, in realtà, il problema della mucca pazza sul consumo del pesce nella città di Molfetta? Dice il signor Sergio D’Agostino, titolare di un box vendita qui nell’edificio dell’ex mattatoio comunale adibito a mercato giornaliero ittico ed ortofrutticolo con la delibera consiliare n. 65 del 10/5/1999, sotto l’Amministrazione Minervini :”I pesci d’allevamento non sono più richiesti (l’eccesso di diossina e di antibiotici riscontrati nelle farine animali con cui essi vengono alimentati sta diffondendo lo stesso panico della mucca pazza, ndr) e le vendite sono calate del 90%, malgrado abbiamo abbassato notevolmente i prezzi. La gente preferisce il pesce “selvaggio” (è di questi giorni la notizia che, anche su questo tipo di pesce, sono state riscontrate tracce di diossina per gli scarichi delle industrie che vanno a finire proprio in mare, ndr), cioè quello catturato a mare aperto che costa molto di più e non può essere comprato da tutti. Noi, a conti fatti, in un modo o nell’altro, siamo sempre in perdita, quindi possiamo dire che il problema della mucca pazza ha inciso negativamente anche sul settore del pesce. Ci risulta, però, che nelle pescherie al centro della città la vendita del pesce sia aumentata addirittura del 100%”. Cogliamo una nota polemica nel tono del giovane ed infuriatissimo pescivendolo e ci rendiamo conto che altri problemi, oltre a quello della mucca pazza, affliggono i commercianti di questa zona. “La verità è che siamo stati abbandonati da tutti, specie dall’Amministrazione che ci ha relegato fuori paese, in una struttura non idonea a farci lavorare come si deve. Ecco perché finora non abbiamo ancora pagato e mai pagheremo la tariffe mensili stabilite e richieste dal Comune”. Ma cos’è esattamente che non va? Ci parla di acqua che, in certi punti, quando piove e c’è tramontana, penetra all’interno da una pensilina troppo pendente arrivando a bagnare merce e registratori di cassa (lo abbiamo constatato noi stessi); ci mostra le grate fatte costruire sul pavimento per impedire l’accesso ai topi (pare che ce ne siano molti e di grosse dimensioni); ci conduce nei sotterranei dove l’acqua salmastra si mescola con gli scarichi fognari producendo un odore davvero insopportabile. Si esprime, invece, con un tono più ironico, il signor Giovanni Minervini: “Qui dovevano continuare ad uccidere mucche e vitelli o potevano, tutt’al più, fare un giardino per anziani, non creare un mercato ittico. Nei periodi elettorali ci hanno sempre promesso un posto in Piazza Paradiso ma poi non hanno mantenuto la parola. Siamo in 16, più due ortofrutticoli, ed anche se veniamo di pomeriggio, non riusciamo a recuperare i soldi spesi per l’acquisto del pesce. Delle 500.000 lire che ho messo fuori stanotte alle 2 ne ho recuperato appena 200.000. Siamo in attesa d’incontrare il commissario per trovare un accordo ma sappiamo che sarà difficile. Ci hanno chiesto di pagare gli arretrati (ognuno dovrebbe pagare in base ai mq. occupati, ndr) ma non è possibile perché fino a quando resteremo così lontani dal paese, sarà difficile guadagnare qualcosa”. Intanto, intorno a noi si è formato un capannello di persone e curiosi: ognuno vorrebbe dire la sua, far valere diritti e ragioni della categoria e c’è chi inveisce contro governo ed autorità comunali ritenuti principali responsabili di questa precaria situazione economica e lavorativa. Alcuni, come il signor Pietro De Candia, aprono le casse e ci mostrano le poche migliaia di lire incassate dal mattino nonostante oggi sia bel tempo e qualche cliente si sia visto. Scattiamo qualche foto, osserviamo certi angoli della struttura che rivelano incuria e degrado anche da parte di chi la usa quotidianamente e poi andiamo via quasi alla chetichella. Dovevamo comprare del pesce ma ci abbiamo ripensato… Beatrice De Gennaro Parla il dirigente dell’ufficio commercio, Vincenzo De Michele “I topi? A Piazza Paradiso erano il doppio” Sul problema del mercato di via Bisceglie (ex mattatoio) abbiamo sentito il dirigente dell’ufficio commercio del Comune, dott. Vincenzo De Michele. I commercianti ittici di Via Bisceglie lamentano una riduzione del 50% del loro volume di affari da quando sono stati trasferiti in quella zona. Perché non è mai decollato questo mercato su cui l’Amministrazione Minervini pose tante aspettative? “Un mercato non nasce da un giorno all’altro: bisogna inculcare nella gente nuove abitudini e modi di fare che non si acquisiscono immediatamente. Quello della distanza è un falso problema perché oggi siamo tutti abituati a muoverci di più per fare la spesa: basti pensare a come raggiungiamo certi ipermercati per convenienza economica o certi paesini per i prodotti locali. Forse la questione si pone per gli anziani e per coloro che non hanno l’automobile, ma allora a che servono i mezzi pubblici?”. Perché si decise di mandar via questa gente da Piazza Paradiso? “Ciò avvenne senz’altro per adempiere a precise normative di legge secondo le quali i posteggi devono trovarsi all’interno di strutture che abbiano agibilità tecnica e sanitaria. Non dimentichiamo che Piazza Paradiso, attualmente non più adibita a zona mercatale, era diventata incontrollabile sotto tutti i punti di vista: ci risulta che il pesce venisse scongelato dagli stessi operatori alle quattro di mattina, in condizioni igieniche a dir poco allarmanti. Inoltre è risaputo che quella fosse diventata zona di forte spaccio. Comunque, bisogna ricordare che già nel 1995 esisteva una disposizione ministeriale che vietava la somministrazione e la vendita di prodotti alimentari sul suolo pubblico”. Sapete che nella struttura, dicono i pescivendoli, circolano liberamente numerosi topi e che nei sotterranei è presente acqua marina? “Per quanto riguarda i topi voglio ricordare che venivano avvistati anche in Piazza Paradiso ed erano il doppio e sulla questione dei sotterranei mi limito a dire che l’Amministrazione non ha dato l’autorizzazione ad usarli per cui devono rimanere chiusi”. Con che criterio sono state stabilite le tariffe individuali relative ai vari box vendite? “Gli importi sono relativi alla superficie occupata e, tramite un meccanismo particolare del bilancio, anziché fissare un canone si è scelto il servizio di domanda individuale che riduce di molto le somme da versare. Comunque esse vanno da un minimo di 160mila ad un massimo di 550mila lire”. E’ vero che avete mandato ingiunzioni di pagamento anche per quanto riguarda gli arretrati? “Per ora abbiamo semplicemente diffidato i commercianti, ma è chiaro che dovranno pagare. Dopo la caduta dell’amministrazione Minervini a noi non resta che fare il nostro dovere”. Cosa pensate di fare per “avvicinare” un po’ alla città il mercato ittico di via Bisceglie? “Stiamo pensando di spostare verso quella zona l’attività mercatale del giovedì anche se non tutti gli ambulanti sono d’accordo ed è previsto un piano di urbanizzazione del lato posteriore della struttura per renderlo più vivibile. Abbiamo anche invitato i piccoli pescatori, proprietari di barchette, a vendere lì i loro prodotti per “vivacizzare” la zona, ma è chiaro che le cose non possono cambiare da un giorno all’altro”. B. D. G.
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