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Inaugurata la Biblioteca della Consulta femminile a Molfetta. Intervista a Gianna Sallustio di Nicoletta de Palma
22 giugno 2014

MOLFETTA - Ci sono cose che sopravviveranno alla nostra vita frenetica, superstiti di questa società che brucia senza consumare, che annulla tempo e spazio rendendoci virtualmente vicini seppur lontani e che traducono, in parole, sogni e realtà, aspirazioni e possibilità, speranze e delusioni. Troppo limitativo definirli libri. Sono confidenti, compagni di viaggio, amici, la cui importanza è stata sottolineata durante l’inaugurazione della Biblioteca della Consulta Femminile (vedi le foto di Marianna Palma). Alla presenza dell’assessore alla cultura Betta Mongelli e ad Angela Amato, assessore al bilancio, la presidente Alina Gadaleta Caldarola ha precisato che non si tratta dell’inaugurazione di una biblioteca, ma di un sogno, di un progetto. Porta un libro, ne troverai altri cento intende promuovere la cultura della donazione del libro, della condivisione, in uno spazio comune, di letture, di  esperienze, riflessioni sui libri donati.

Marguerite Yourcenar affermava che fondare una biblioteca è come costruire granai pubblici, mettere da parte cibo per la nostra vita: i libri non tradiscono, aspettano, sono muti confessori dei nostri pensieri. Fondare una biblioteca è offrire un servizio, uno spazio in cui poter incontrare l’autore.
La presidente ha quindi introdotto il primo autore della neonata biblioteca, la concittadina Gianna Sallustio Amato (nella foto con l'assessore alla cultura Betta Mongelli), poetessa e scrittrice, una figura eclettica e completa, solare e profonda che vanta una proficua  produzione, ammirata da critici come Dario Bellezza. Le sue doti di passionalità, perseveranza la portano ad affrontare e a portare a termine la scrittura, l’impegno civile, il volontariato e le funzioni di nonna, ruolo di cui è molto orgogliosa. Per reagire alla depressione per la morte del marito e per la malattia che l’ha aggredita, partecipa, nel 2004, a due missioni in Congo; parte successivamente in Guatemala. Con i proventi dell’opera Mojo…Mojo e con le donazioni raccolte, viene acquistato un vecchio casale in Congo trasformato in ospedale.  Sono esperienze che le cambiano la vita, che la rendono più forte, se possibile, di fronte alle difficoltà. La sua produzione ne rimane, inevitabilmente influenzata.
L’autrice ha risposto, con sincerità disarmante, a tutte le domande poste da Nicoletta de Palma. L’impegno, la sofferenza, la malattia, sono solo alcuni dei temi affrontati. E poi la scrittura, non solo vanità per lo scrittore ma bisogno e dovere per lo stesso, il quale deve osservare e denunciare, e diritto anche di dire fesserie per citare Gaetano Salvemini.  Fondamentale per la sua ultima produzione è la scoperta di angoli lontani del mondo come il Guatemala o l’Everest in cui ci si sente piccoli di fronte alla grandezza della natura che, anche per una illuminista come l’autrice, non può prescindere dalla  creazione e, di conseguenza, esistenza di Dio.
Ammette di essere affascinata da Cristo con il quale dialoga volentieri, di sentirsi una donna integrata con entrambe le figure di scrittrice e poetessa, di essere stata una docente di lettere appagata e afferma di aver ascoltato maggiormente le domande poste dai suoi alunni piuttosto che averli “interrogati”, perché dalle loro domande riusciva a carpirne l’interesse e l’intelligenza.
Della vita ha cercato di cogliere tutti gli aspetti, senza rimpianti. Come non darle ragione, come non provare gratitudine per i suoi insegnamenti, non solo letterari; come non esserle riconoscenti per l’amore trasmesso per la verità della storia e delle storie; come non provare piacere nel rivederla, dopo oltre venti  anni, ancora più determinata e passionale. Gianna Sallustio Amato è come un buon vino di quel Sud a cui appartiene con condiviso orgoglio: migliora col tempo.
Grazie cara prof. da parte di una alunna che attendeva con gioia le  imperdibili  conversazioni che aveva con le sue classi. No, non ho sbagliato, non ho voluto definirle lezioni; lei abbatteva le distanze tra cattedra e banchi  e questo, come nel mio caso, ha influito, positivamente le scelte future. Il suo motto era e resterà “Non je ne regrette rien”.

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Autore: Beatrice Trogu
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