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In scena a Molfetta Gea di Tammacco. Arrivederci, Pulo di notte
06 settembre 2009

MOLFETTA - La Natura che spontaneamente fa nascere l'amore come fiore tra i sassi, la Natura che rivela una violenza animale impetuosa come acqua tra le rocce. E' la roccia, la pietra, la terra di Gea che accompagna la storia dell'uomo, un uomo che scopre e si scopre, nello spettacolo “Il sogno di Gea” del Carro dei Comici, che ha chiuso la rassegna estiva “I pleniluni raccontano il Pulo”. Anche quello del grembo è un termine chiave, un “archetipo”, piace dire al regista dell'opera, Francesco Tammacco, per raccontare la sua storia. Il grembo che è ventre, è fertilità, è tentazione. E' ciò che crea, ed è ciò per cui si distrugge. Non sveliamo di più di uno spettacolo che, dietro il lirismo, nasconde una storia semplice e dolce, che va alla ricerca dei sentimenti umani più primitivi, spontanei, naturali, appunto. Non sveliamo di più perché vi sarà certamente l'occasione di rivederlo, perché “Gea” è in realtà il riadattamento di un precedente spettacolo di Tammacco, ambientato a Trinitapoli e scritto per la “signora delle ambre” che lì è sepolta, e dunque non è escluso che possa essere riproposto, per chi non l'ha visto, e anche per chi l'ha visto: perché è un'opera che, abbiamo sperimentato, dà il meglio di sé vista ripetutamente. Perché ricca di sfumature, ricca di sottotesti, di significati dietro i gesti, di impressioni dietro i segni, come quelli che i due neolitici tracciano come graffito, sullo sfondo. Un graffito che scrive parallelamente la storia, un graffito che poi viene distrutto, che poi si autocensura, che poi si cancella da solo. Che perde di bellezza e perfezione come una vita di fronte alla morte. “Sembrava un disegno perfetto, ma perché ci hai fatti così incompleti ?”, sembrano dire i neolitici alla Terra, uomini ancora imperfetti, con una tensione verso la perfezione ma con quel lato animale dentro di sé, a tenerli ancorati. Le musiche sono un graffio soffice, suonano per un uomo che si scopre dolce e terribile. “Il sogno di Gea” (regia di Francesco Tammacco con Felice Altomare, Pantaleo Annese, Matilde Bonaccia, Francesco Tammacco, Rosa Tarantino, Emanuela de Pinto, Gabriella Caputi, Annapaola Mongelli, Annapaola Visaggio, Davide de Gennaro, Giovanni Ragno, Paolo Sasso, Roberto Vitelli coreografia di Emiliana Pappagallo, “pittura rupestre” Gianluca de Pinto e Miriam Lasciarlea, scenotecnica di Matteo Altomare, musiche originali di Federico Ancona con Francesco de Palma e Mariateresa de Palma) ultimo di quattro spettacoli belli per versi di-versi, ha chiuso i battenti di una estate nella dolina fatta di cultura, di luci, di suoni, e persino di silenzi. Non si può sapere se l'esperienza verrà ripetuta: ma la certezza sono i numeri, le atmosfere, le facce di chi per quattro spettacoli quattro volte è tornato, e quattro visite notturne al Pulo ha vissuto. La testimonianza dell'impatto di un idea nuova, che ha collegato natura e cultura, due parole che non finiscono solo alla stessa maniera, ma che si è tentato di far anche iniziare assieme. Un tentativo forse, come l'uomo creato dalla Madre Terra, imperfetto, ma che come lui meritava di essere vissuto.
Autore: Vincenzo Azzollini
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