Ci sono persone che continuano a privatizzare anche il consenso, a comprare il voto per appropriarsi della città. La gestione del voto e della politica in questi anni è identica: anche la città, in questi anni, è stata ridotta a blocchi di interesse privato gestiti ai limiti della legalità. Basti pensare alle inchieste sull’urbanistica e sul porto, alla cultura dell’estetizzazione a pagamento, allo scempio delle lame.
Non c’è più tempo, è l’ora di cambiare registro, perché la città torni ad essere il terreno di progettazione della vita comune, sottratta all’amministrazione che sfrutta il disagio della comunità per continuare a curare interessi privati. Perché è questo il punto della questione sul voto di scambio.
Non si tratta di un problema che riguarda “solo la magistratura”, come molti vogliono far credere. E’ un sistema che mette in discussione lo stesso principio della rappresentanza, sfruttando la marginalità dilagante per appropriarsi del consenso. C’è un disagio diffuso, nella nostra città, che si va estendendo in maniera sempre più profonda, e si traduce in una esclusione sociale che rende necessarie politiche di riconoscimento e di riscatto. Di qui la mia riflessione, negli ultimi tempi sulla necessità di un reddito minimo garantito, che pure è stato declinato in varie modalità a livello amministrativo (
http://www.criticaliberale.it/settimanale/119994).
Il voto di scambio non fa che alimentarsi di queste sacche di marginalità, gode dell’esclusione sociale, si beffa del piano della rappresentanza, del conflitto di opinioni e di visioni politiche. Alla politica del voto di scambio basta il rapporto privato con l’elettore, che minaccia sin dalle fondamenta il futuro politico della città.
Perché anche il futuro sarà privatizzato, sarà preda degli usurpatori di turno, che si nutrono del disagio, vivono sul malessere collettivo per spartirsi gli utili.
Il confronto di Legambiente, la scorsa settimana, fra Bepi Maralfa, Paola Natalicchio e Gianni Porta, ha offerto una giusta indicazione per questa appropriazione. Al di là dei limiti che in questi anni, come abbiamo spesso ripetuto, hanno contraddistinto il centro-sinistra, è necessario ripartire dalla politica che guarda alla comunità, piuttosto che all’individuo disarmato dal disagio diffuso, ricattabile e facile preda degli usurpatori.
Non c’è più tempo, è l’ora di riappropriarsi della città.
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