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Il tramonto della cultura e della ragione
15 maggio 2015

Quando il sole della cultura è basso, i nani hanno l’aspetto di giganti. Ci è capitata sotto gli occhi qualche giorno fa questa citazione dello scrittore e giornalista austriaco Karl Kraus, che ci sembra molto di attualità alla luce di quello che sta accadendo da qualche tempo a questa parte. Può essere questa la spiegazione dell’agitazione di tanti nani nello scenario politico e non solo, che sta contribuendo a creare confusione nell’opinione pubblica, ma soprattutto ad abbassare il livello del confronto sociale e umano in una città che sembra aver smarrito il suo prestigioso e dignitoso passato, che ne facevano un fiore all’occhiello non solo nella provincia di Bari, ma nell’intera Puglia. Certo, Molfetta è sempre stata un laboratorio politico nazionale, lo ricordavamo una quindicina di anni fa ad un collega giornalista James Blitz dell’autorevole Financial Times, venuto appositamente a intervistarci per capire quanto la situazione locale potesse proiettarsi su quella nazionale. Anche questa volta l’effetto marmellata o il riferimento all’arca di Noè, richiamato anche nella nostra vignetta di Michelangelo Manente con riferimento al candidato presidente del centrosinistra Michele Emiliano (L’arca di Miché) ci stanno tutti. Ma ora lo scenario appare più confuso e contorto di allora. Il cambio di casacca o di fronte non sono mai stati una novità in politica, anzi diremmo che sono la regola. Ma l’ultima alchimia prodotta da un personaggio senza storia e senza meriti che non siano quelli di essere procacciatore di voti, anche senza idee e senza programmi, non ci era mai capitata e crediamo non abbia precedenti. Saverio Tammacco consigliere comunale di Forza Italia, ex azzolliniano fino a ieri, schierato ancora oggi all’opposizione di una giunta di centrosinistra, decide di candidarsi in una lista che sostiene Emiliano. Un ambiguo cambio di casacca, che puzza di opportunismo ad un miglio di distanza. Che fa la voglia di poltrone e soprattutto la mancanza di etica nell’attuale politica. Certo, sarebbe anacronistico oggi parlare di ideologie, ma quantomeno una certa coerenza di comportamenti non guasterebbe, soprattutto per la credibilità del candidato presidente del centrosinistra. Il nostro Emiliano ha già la vittoria in tasca, anche perché favorito da un centrodestra allo sbando tra Fitto, Schittulli, Poli Bortone e, dulcis in fundo, il novello «meridionalista» Matteo Salvini, folgorato sulla via del Sud dalla necessità di raccattare voti alle spalle dei soliti idioti. Ma non gli basta, vuole stravincere. E per fare questo, ha costruito un’arca similbiblica, dove può imbarcare tutti gli animali, anche di destra. E uno dei primi a salire sull’imbarcazione è stato proprio il Tammacco (novello Faust come giustamente lo definisce il nostro Pietro Capurso nel suo articolo), che ha sempre avuto buon fiuto per le poltrone. E credete che il «gladiatore» l’abbia respinto o sconfessato? Macché, pur avendo dichiarato in un’intervista a Quindici, di non conoscerlo e di non sapere chi fosse, nelle segrete stanze stava già concordando l’alleanza opportunista con l’ambiguo personaggio politico. E il Pd di Molfetta, col novello segretario Piero de Nicolo, amico di caffè del consigliere di centrodestra, esprime il proprio disgusto per questa operazione? Macché non ne parla proprio. Forse per non rovinare una possibile operazione di ribaltamento della maggioranza al Comune di Molfetta. Non abbiamo condiviso e lo abbiamo scritto, la scelta di Guglielmo Minervini di non dimettersi dal Pd al momento della sua candidatura con il gruppo di Vendi dola Noi a sinistra per la Puglia, ma oggi, alla luce di quello che sta accadendo, forse dovremmo riconoscere che aveva visto giusto nell’involuzione del Pd e nella scelta di candidarsi, si badi bene, in una formazione politica di centrosinistra alleata del Pd, per salvaguardare l’esperienza di governo del centrosinistra negli ultimi 10 anni, contro la quale sparava anche Emiliano per accaparrarsi le simpatie di esponenti del centrodestra. Quindi chi parla di trasformismo, mira a confondere ancora di più le acque e lo fa scientemente per mettere sullo stesso piano Minervini e Tammacco agli occhi degli elettori. Vero segretario De Nicolo? E i suoi nuovi-vecchi amici Lillino Di Gioia e Annalisa Altomare che nel trasformismo ci vivono da anni (ex Dc, Cdu, Udr, F.I.)? Il Pierino la morale non può proprio andarla a fare a nessuno perché nelle piroette politiche è maestro, superando perfino gli altri due che non sino mai spostati a destra, mentre lui non ha disdegnato di spingersi anche nel fronte opposto e oltre (An). Alla soglia dei 50 anni di mestiere giornalistico, possiamo considerarci la memoria storica della città e il ricordo va subito al marzo del 2000 quando una situazione simile si verificò in occasione della candidatura alle regionali di Mauro De Sario, proveniente dalle fila del centrodestra, il quale con un rapido cambio di casacca, passò nelle file dei Democratici (allora erano ancora separati dai Ds), ottenendo la candidatura alla Regione, in cambio del sostegno alla giunta del sindaco e segretario regionale dei Democratici dell’epoca Guglielmo Minervini. In quella circostanza noi e il giornale Quindici, condannammo quell’operazione e criticammo la scelta dello stesso Minervini, intitolando il nostro editoriale «L’arca di Noè». E avemmo ragione perché aumentò l’astensionismo e Molfetta non riuscì ad eleggere alla Regione alcun rappresentante. A proposito, ci piace rinfrescare la memoria a quelli che lo avessero dimenticato che all’epoca Annalisa Altomare fu protagonista di un’altra operazione di trasformismo (sempre col suo mentore Lillino) passando da Forza Italia all’Udeur di Mastella per candidarsi alla Regione. Quindi nel centrosinistra, ma mai con Guglielmo Minervini per il quale i due nutrono un odio antico e un risentimento atavico. Nel centrosinistra passò un altro personaggio un certo Giuseppe De Nicolò (ha solo un accento in più rispetto all’attuale Piero), anch’egli socialista. Oggi più che Pd(N) come ha scherzato qualcuno con le iniziali del nome del nuovo segretario che di Democrat si dovrebbe parlare di Pdn (il Partito della nazione che ha in mente Renzi). Ma noi, l’attuale PD, lo definiremmo PDC, evoluzione dell’Udc e della Dc. Il tempo ci darà ragione ancora una volta? Staremo a vedere. Intanto rassegniamoci allo spettacolo di queste elezioni regionali pasticcio (rappresentato efficacemente dalla nostra copertina di Alberto Ficele), dopo la notte dei lunghi coltelli, come Quindici ha definito il congresso Pd voluto d’autorità, senza accettare votazioni, da parte del segretario provinciale Ubaldo Pagano col quale i «cospiratori» del «tiranno» Guglielmo avevano concordato tutto, rifiutando l’elezione del segretario dopo le regionali. Un regolamento dei conti in piena regola. Così il De Nicolo ha indossato la giacca di segretario politico per gestire la tornata elettorale. E se dovesse essere sconfitto? Dovrà togliersi la giacca frettolosamente conquistata? E se Molfetta non dovesse avere nessun rappresentante alla Regione? Purtroppo, pur non volendo credere ai «corsi e ricorsi storici» del Vico, la realtà ci spinge verso quella teoria per un ricorso storico dopo 15 anni e un altrettanto nefasto risultato all’orizzonte: nessun eletto e astensionismo alle stelle di gente schifata da questa politica. Ma tant’è, da alcuni anni molti cittadini hanno scelto di farsi da soli del male. Ma ormai a Molfetta il sole della cultura (e quello della ragione) è sempre più basso. Anzi al tramonto.

Autore: Felice de Sanctis
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