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Il Tar dice “no” alle donne nella giunta comunale Respinta la richiesta di sospensione chiesta dall’opposizione
15 settembre 2001

Nessuno stop per il sindaco Tommaso Minervini e i suoi assessori. Il 13 settembre il Tribunale amministrativo regionale si è pronunciato sulla richiesta di sospensiva avanzata da alcuni consiglieri di minoranza, in altre parole sull’eventualità di sospendere la validità di tutti gli atti finora assunti dalla giunta, perché la composizione della stessa non sarebbe valida. Il Tar non ha accolto la richiesta di sospensiva, sostenendo che vi sarebbero “profili di incertezza sulla legittimazione attiva dei ricorrenti”, cioè che i consiglieri comunali non sarebbero i soggetti legittimati a presentare un ricorso sulla violazione dello Statuto comunale e, ancora, che non conseguirebbero “danni gravi e irreparabili” dalla decisione del sindaco Tommaso Minervini di scegliere tutti i componenti della giunta municipale di sesso maschile. Ricostruiamo la vicenda. Nella prima seduta di Consiglio comunale, il 6 luglio scorso, il neo sindaco Tommaso Minervini comunicò ufficialmente i nomi degli assessori che lo affiancheranno nell’azione di governo: tutti uomini. Rappresentate proporzionalmente le forze politiche della sua coalizione, fatta promessa a quelle non immediatamente accontentate di modificare lo Statuto comunale, aumentando il numero degli assessori, in modo da creare spazi per tutti, ma ignorate le donne. Questo nonostante l’articolo 30 dello Statuto comunale, a proposito della nomina degli assessori, prescriva che “nella formazione della giunta è assicurata la presenza dei due sessi”. Nella stessa seduta del 6 luglio l’opposizione sollevò la questione. Il consigliere Nino Sallustio chiese con una mozione che il sindaco ponesse rimedio a questa mancanza e nominasse anche uno o più assessori donna. Prospettando, in caso contrario, il ricorso alle vie legali, in quanto una giunta completamente maschile potrebbe ritenersi illegittima così come le delibere da questa nel frattempo assunte. Mozione respinta compattamente dalla maggioranza. In quella sede il sindaco Tommaso Minervini non andò oltre una generica ipotesi a considerare la presenza femminile in un eventuale allargamento della giunta, non mostrando comunque grande interesse per la questione. Qualche consigliere, come contributo al dibattito, manifestò piuttosto l’intenzione di cambiare l’articolo dello Statuto in discussione. Nel frattempo sulla vicenda vi sono state diverse prese di posizione. Un gruppo di donne molfettesi ha firmato e fatto affiggere un manifesto in cui “rivendicano il diritto di essere rappresentate”. La consigliera de “ i Democratici”, Maria Sasso ha interessato alla questione diversi livelli istituzionali, a partire dal ministro Stefania Prestigiacomo, che dovrebbe garantire proprio il rispetto delle pari opportunità. Sulla vicenda infatti si è pronunciata la Commissione nazionale per le pari opportunità tra uomo e donna. La sua presidente, Marina Piazza, ha dichiarato: ”Ritengo che quanto è accaduto sia grave per le donne e per le istituzioni. L’atteggiamento del Sindaco e dell’intera Giunta infatti delegittimano lo Statuto comunale stesso proprio in tempi di autonomia e di federalismo spinto”. Anche la Commissione pari opportunità della Regione Puglia si è mobilitata in tal senso e ha deciso di attuare un processo di verifica degli statuti comunali e provinciali allo scopo di accertare l’applicazione della legge n.267 del 2000 che assicura la presenza giuridica delle donne nelle istituzioni. Per Tea Dubois, vice presidente della Commissione, “la legge, che viene spesso violata garantisce il principio delle pari opportunità negli organi collegiali non solo degli enti locali, ma anche dei consigli di amministrazione degli enti e delle aziende ad esso collegati”. Infine la decisione dei consiglieri di opposizione Maria Sasso, Nino Sallustio, Leonardo Lucanie, Nunzio Fiorentini, Nicola Piergiovanni di presentare ricorso al Tar. Un ricorso basato proprio sul mancato rispetto di quanto previsto dall’articolo 30 dello Statuto comunale, rafforzato dalla disposizione del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Questo, all’articolo 6, dispone che “Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono le norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge10 aprile 1991, n. 125 e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essa dipendenti”. Il nodo sta tutto nel termine “assicura”, utilizzato proprio a garantire la necessità che uomini e donne siano ugualmente presenti al governo della città. L’amministrazione comunale nel frattempo è corsa ai ripari, a modo suo. Nel caso in cui le scelte fatte siano davvero fuori della legge, si può sempre cambiare la legge. Istituita una Commissione speciale per l’adeguamento dello Statuto ha pensato bene che, per eliminare ogni dubbio di illegittimità della giunta, fosse meglio cancellare proprio l’articolo incriminato oppure trasformarlo in modo tale da lasciare ampia discrezionalità al sindaco. Arrivati a discutere proprio l’articolo 30, la commissione, o meglio i consiglieri di maggioranza che ne fanno parte, Angione, De Bari, De Robertis e il presidente del consiglio comunale, Pino Amato, hanno scelto, nella bozza preliminare da presentare alla discussione del Consiglio comunale, appunto di ammorbidire i toni e di far scomparire l’incriminato “assicura” a favore di una formulazione più ambigua, per cui al sindaco spetterebbe solo di “promuovere” la presenza dei due sessi nella giunta. Questo nonostante i consiglieri di minoranza presenti, Sallustio e Centrone, abbiano abbandonato la riunione per protesta e senza curarsi dell’intervento di un gruppo di donne molfettesi, cui, facendo appello a un cavillo del regolamento, è stato impedito anche di presenziare ai lavori della commissione. Eppure si trattava di una protesta civile, una maniera per far capire che le donne non hanno intenzione di rinunciare a diritti dati per acquisiti dopo le battaglie degli ultimi anni, ma evidentemente ancora da difendere. Ignorata anche la Consulta femminile di Molfetta che si è mobilitata sulla questione, emettendo un comunicato stampa in cui “chiede all’Amministrazione comunale che, in fase di adeguamento dello Statuto alle recenti normative, non venga modificato l’articolo 30 dello Statuto comunale nella parte in cui recita: nella formazione della Giunta è assicurata la presenza dei due sessi”. I consiglieri comunali che hanno presentato ricorso non hanno intenzione di desistere, in attesa di una pronuncia sul merito che si avrà il 20 settembre da parte dello stesso tribunale amministrativo per una vicenda simile che riguarda il Comune di Bari – stanno valutando la possibilità di fare appello al Consiglio di Stato. Lella Salvemini
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