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Il sonno della ragione genera mostri La guerra dei dazi, una delle follie di Trump
30 agosto 2025

 E’ vero, “il sonno della ragione genera mostri”, come insegna Francisco Goya fin dal 1797 con la sua celebre acquaforte. Nell’opera del pittore spagnolo il protagonista, lasciandosi sopraffare dal sonno, lascia libero il suo inconscio e fa sì che ne scaturiscano sagome mostruose, nate dai suoi peggiori incubi. Il significato è che tutto ciò che è fatto senza l'uso della ragione conduce l'uomo verso un'oscurità abissale, verso cui ormai siamo condannati.

E’ questa una lettura della follia dei dazi di quel cialtrone affarista del presidente americano Donald Trump che gioca le sue fortune sulla pelle degli americani e del mondo. A lui interessa il potere (per arricchirsi alle spalle degli ignoranti che lo hanno votato) perché dal crollo delle Borse e all’invito “adesso è il momento di comprare”, ha guadagnato in pochi minuti milioni di dollari.

Questa volta, col nostro editoriale parliamo di economia, che è stata una materia di lavoro per chi scrive come giornalista economico, che racconta le vicende dell’economia e le conseguenze di errori che possono portare anche alla recessione. Ma gli economisti, che sono un’altra cosa, professionisti della materia e non semplici divulgatori, dichiarano che questa guerra dei dazi sconvolgerà la globalizzazione e che il prezzo più alto sarà pagato sempre dai più poveri.

Trump ha dimostrato di essere un asino in economica, come somari sono coloro che gli danno consigli, soprattutto quel Peter Navarro, improbabile economista, che ha pubblicato un libro venduto su Amazon e acquistato da Trump che se ne è subito innamorato. Oggi Navarro ha il titolo di “senior counselor for trade and manufacturing” ed è uno degli architetti dell’attuale politica americana sul commercio internazionale. Elon Musk, al quale finora le idee di Navarro sono costate – stima del New York Times - almeno 31 miliardi di dollari, l’ha definito «più stupido di un sacco di mattoni» rettificando poi «non volevo offendere i mattoni» e concludendo con uno dei giochini di parole che lo divertono, ribattezzandolo «Peter Retardo» cioè Peter Ritardato (Musk è un accanito sostenitore della necessità di far tornare in auge il desueto appellativo “ritardato” in nome della libertà di parola). 

Consideriamo che del disastro dei dazi si è accorto perfino quel drogato, irascibile, capriccioso e irragionevole proprietario della Tesla, un visionario considerato un genio, che fa a gara con il presidente Usa a chi è più vanitoso e cialtrone. Trump, tra l’altro, è così capra in economia, che non distingue un dazio dall’Iva.

Un dazio è un'imposta diretta esclusivamente sui beni importati, con l'obiettivo di renderli più costosi rispetto ai prodotti nazionali. L'Iva, invece, è un'imposta che grava in egual misura su tutti i beni consumati all'interno di un Paese, indipendentemente dalla loro provenienza.

Quando Trump afferma che l'Unione Europea impone dazi del 39% sulle merci americane, confonde le carte in tavola. Non esiste un dato unico e assoluto sui dazi medi tra Ue e Stati Uniti dal momento che questo tipo di calcolo varia a seconda dei criteri usati. Tuttavia, come spiega la Commissione Ue, se si considera l'effettivo scambio di merci tra Ue e Usa, in pratica l'aliquota tariffaria media su entrambe le parti è di appena l'1%. L'errore di Trump nasce dalla somma impropria tra le tariffe doganali effettive e l'aliquota media dell'Iva europea (circa 22%), considerata erroneamente dal presidente come un dazio, più altre tasse e balzelli generici che non discriminano tra prodotti europei e americani. Questo calcolo distorto porta a tariffe sproporzionate contro l'Europa, con l'applicazione di dazi del 20% che non rispettano neppure il criterio della "metà" annunciato dallo stesso Trump.

E una falsa reciprocità. Il criterio adottato dall'amministrazione Trump è apparentemente semplice: applicare dazi pari alla metà di quelli che gli Stati Uniti sostengono di subire da parte dei vari Paesi. Così la Cina, accusata di imporre tariffe del 67%, verrà colpita da dazi del 34%. Ma questa "reciprocità" è illusoria, poiché si basa su dati di partenza errati. Inoltre, in alcuni casi come quello dell'Ue, anche la matematica viene distorta: il 20% è più della metà del 39% (dato già errato) attribuito all'Europa.

Ora, dopo l’imposizione dei dazi, il conseguente crollo delle Borse con 16mila miliardi di dollari bruciati nei mercati e la conseguente marcia indietro, tutti i governanti del mondo – secondo il tycoon – sono terrorizzati e pronti a baciargli il culo e il Meloni, che prima puntava a baciare la pantofola, dovrà salire un po’ più su per omaggiarlo a dovere e ricevere un ritorno di immagine come una improbabile privilegiata del boss. Ma Giorgia è scesa molto di livello dal bacio in testa ricevuto da Biden a quello sul lato B dovuto al tycoon.

A rimetterci di più sono stati i risparmi dei lavoratori, quelli, con tutto il rispetto, ignoranti che hanno votato lo sceriffo di Washington, sperando di arricchirsi in poco tempo, quando l’America, secondo il boss della Casa Bianca, diventerà di nuovo grande (lo slogan della sua campagna elettorale). Ma, poveracci, sono come quei penosi giocatori nostrani del gratta e vinci.

I fondi pensione che investono in azioni per garantire la previdenza integrativa del 70% dei lavoratori dipendenti, hanno avuto un crollo che avrà come conseguenza la perdita per ogni cittadino americano pensionato in media di 47mila dollari di risparmi.

Ricordate il film di Fellini “I vitelloni” nel quale Alberto Sordi fa il gesto dell’ombrello ai lavoratori: ecco chi ci ricorda The Donald.

Quali potrebbero essere le principali conseguenze a breve e nel lungo termine per un’economia come quella italiana? 

Gli Stati Uniti rappresentano un partner commerciale di rilievo per l’Italia, soprattutto per quanto riguarda le esportazioni di prodotti alimentari e di beni di lusso. La chiave di lettura sta tutta in quella che, in termini economici, definiamo elasticità della domanda. Per quanto riguarda il lusso, è probabile che l’impatto sarà piuttosto limitato: per chi è disposto a spendere migliaia di euro per una borsa firmata, la differenza tra 3.000 e 3.500 euro incide poco. Diverso è il discorso per il comparto alimentare, dove il nostro export verso gli USA subirà certamente delle conseguenze: il consumatore medio tenderà a orientarsi verso prodotti più locali, come è inevitabile. Basti pensare al vino o all’agroalimentare in generale. L’economia italiana ne risentirà in modo evidente. Ci sarà un contraccolpo, almeno inizialmente: lo confermano anche le associazioni di categoria, che segnalano un netto calo della domanda. Chi doveva acquistare lo ha già fatto, ma poi gli ordini si sono fermati. I prezzi sono aumentati del 20%, e non vi è garanzia che quei prodotti trovino sbocco sul mercato. A questo si aggiunge il crollo del dollaro: una notizia che incide anche sul turismo, perché un dollaro più debole rende l’euro più costoso, e di conseguenza l’Europa meno accessibile per i turisti americani. In sintesi, la situazione rischia di essere davvero disastrosa.

In Italia siamo al 25° mese consecutivo di calo della produzione industriale che sta facendo precipitare la crescita sul piano inclinato della recessione. Questo la Giorgia, nella sua ignoranza in materia non lo sa. Dovremo arrivare all’allarme rosso come accaduto con Berlusconi per invocare poi un tecnico di valore come Monti o Draghi per caricarci di sacrifici di cui non si assumeranno la responsabilità non essendo politici. In realtà è la sorella d’Italia Meloni ad essere vittima dell’effetto Dunning-Kruger, distorsione cognitiva che porta le persone a sopravvalutare le proprie abilità anche se non sono competenti. Quella sindrome della superiorità illusoria però si arresta quando raggiunge il limite oltre il quale non è più capace di superarlo con le bugie e le illusioni.

Trump (e presto lo seguirà anche il Meloni, che oggi fa la cheerleader, la capo della tifoserie) ha già superato quella soglia come dimostrano le sue azioni e i comportamenti che mette in atto ogni giorno e le dichiarazioni avventate che deve sparare sempre più grosse per mantenere l’attenzione su di sé e stupire il mondo. Ma fino a quando?

Giorgia andrà da Donald col cappello in mano, ad omaggiarlo come lui gradisce in cambio di acquisto di più armi e più gas americano (a un prezzo più elevato).

Sovranisti, nazionalisti, ottusi, fascisti, alla fine vogliono fare gli sceriffi senza controlli e contrappesi per essere autarchi, oligarchi e magari in America tornare a fare i cow boy e la cavalleria che stermina gli indiani che siamo noi europei? Il giornalista americano Alan Friedman ha definito i governanti americani «delinquenti analfabeti e filoputiniani» (in Italia lo sono anche Salvini e Conte?). Occorre svegliarsi e reagire in tempo.

“La servitù - diceva saggiamente Montanelli - non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi”.

Felice de Sanctis

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Editoriale Rivista “Quindici” aprile 2025

Autore: Felice de Sanctis
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