Il sole ovvero per grazia ricevuta
Il racconto
Anni fa, durante un convegno di fantascienza qualcuno affermò che non era più possibile scrivere racconti per i pianeti del Sistema Solare in quanto si sapeva di loro ormai tutto e che, in maniera assoluta, non potevano ospitare forma di vita di alcun genere. A parte il fatto che attualmente una simile affermazione pare sia stata smentita, per me fu una specie di sfida. Infatti scrissi una serie di racconti, uno per ogni corpo celeste del Sistema Solare, e ve li propongo a cominciare da lui, sua maestà il sole… morente. D. A.
Il vecchio essere umano sollevò lo sguardo verso il sole e sospirò. Ormai alle fine della sua lunghissima vita, l'astro era rossastro con rarissime chiazze gialle, senza calore e senza luce. La terra era completamente avvolta nel ghiaccio e immersa in una triste penombra. Da vecchissime registrazioni scoperte in una deposito sotterraneo che gli aveva fornito di che vivere per alcuni anni, l'uomo aveva visto un gran sole giallo, splendente, caldo, un sole i cui raggi donavano la vita al pianeta. E aveva visto piante verdeggianti, uccelli policromi, animali dagli incredibili aspetti e uomini a milioni.
Quel ricordo gli fece il solito effetto. Si strinse tra le pelli sintetiche con forza e, guardandosi intorno, sentì grave tutta la solitudine che attanagliava la sua esistenza. La consapevolezza di non essere ultimo, ma tra gli ultimi gli stringeva il cuore e gli faceva spuntare lacrime che subito gelavano, perle bianche che si smarrivano nel bianco ghiaccio.
Presto sarebbe stato costretto a tornare nel rifugio sotterraneo, ma ancora per qualche attimo volle restare all'aperto.
Sparuto essere in un deserto bianco, piccolissima macchia scura nella candida distesa.
“Dobbiamo fare qualcosa. Il nostro mondo tra pochissimo si trasformerà e non sopravviveremo.”
“Hai qualche idea?”
“Non abbiamo scelta, dobbiamo fuggire, raggiungere la nana gialla più vicina. Sarà un paradiso per noi.
“Questo lo so bene, ma come? Tutto l'idrogeno è bruciato. Dobbiamo nutrirci. Non possiamo affrontare un viaggio così lungo senza cibo.”
"Lo so, vuol dire che lo andremo a cercare sui pianeti."
Una strana sensazione lo svegliò. Cos'era? Restò qualche minuto a chiederselo prima di rendersi conto che era calore. Di notte? E a qualche metro sotto il ghiaccio ormai perenne? Aprì gli occhi. Il rifugio era interamente avvolto dal ghiaccio e forse grazie a quello riusciva a trattenere quel po' di calore sufficiente a tenerlo in vita. Guardò la piccola stufa a combustibile solido e si rese conto che era quasi spenta. Eppoi il calore non era dall'interno, ma proveniva da fuori.
Si affacciò all'oblò tubolare e sbalordì. C'era un insolito chiarore in superficie. Era una cosa troppo anormale perché non controllasse. Indossò le numerose pelli, cercò di sistemarle per bene in quanto laffuori il freddo era davvero al limite della sopportabilità umana e uscì. Nonostante il gelo spalancò la bocca rischiando di far congelare la saliva. Nell'aria, ad alcuni metri da suolo poco distante da lui si librava una sfera trasparente. L'uomo si stropicciò gli occhi, ma la sfera non svanì. Al suo interno c'era qualcosa di animato dalla forma indefinibile, cangiante, del tutto avvolta dalle fiamme. Anzi, più che avvolta, la forma perennemente in movimento, era fatta di fiamme.
Stava chiedendosi cosa significasse tutto ciò quando la 'cosa' si agitò maggiormente come ad attirare la sua attenzione. E formò prima un globo grande, poi, vicino al primo, un globo più piccolo che gli girava intorno piuttosto velocemente.
"Tu che sei certo un dio, vuoi forse dirmi che crei soli e pianeti?"
Le sue parole gelarono nell'aria e il fiato creò nuvolette che vissero soltanto pochi decimi di secondo. L'uomo allora si chiese: "Ma perché un solo pianeta?" Poi, un lampo "e se... se non fossero un sole e un pianeta? L'orbita della sfera piccola è circolare, rara per i pianeti. E se... se avesse voluto rappresentare un atomo? Un protone e un elettrone? In questo caso... le due sfere sarebbero... già, l'idrogeno."
Continuò a fissare la scena e notò che l'alieno avvicinava a sé lentamente le due sfere in movimento e le assorbiva. Ripeté più volte la stessa cosa. E il vecchio disse: "Le fagocita? Le mangia? Forse vuol fami capire che si nutre di idrogeno? Con un corpo di fiamma potrebbe essere normale. E anche un dio ha bisogno di nutrirsi."
Tutta questo era merito del retaggio d'una antica cultura plurimillenaria giunta quasi sclerotica e opaca, ma pur sempre valida.
Pensò che aveva soltanto un modo per verificare la validità della propria tesi. Tornò velocemente nella sua casa-tana e ne riuscì poco dopo con un contenitore pressurizzato di idrogeno liquido, lo stesso che una volta era usato come combustibile per le autovetture antiche e che, al momento, non gli era di alcuna utilità non esistendo in funzione macchine a che usavano quel gas come combustibile.
Posò la lattina piuttosto pesante sotto la sfera. Appena lo fece, una protuberanza ignea molto pallida scaturì da essa e avvolse l'oggetto. Le razione fu istantanea. La sfera sfolgorò per un secondo in un gioioso assenso. Nuovamente l'essere ripeté le due sfere, molto piccole e le avvicinò alla lattina. Poi, poco distante ne creò altre due enormemente più grandi.
"Capisco, dio venuto dal fuoco," disse il vecchio con un sorriso" ne vuoi altro." E lentamente tornò giù. In cinque viaggi portò fuori altre dieci lattine che depositò presso la prima. Con guizzi continui di gioia della sfera sotto la quale si stava formando una chiazza di acqua sul ghiaccio. Lui non aveva mai visto acqua allo stato liquido all'aperto. Il calore aveva avuto ragione del gelo. Nella pozza le stelle non si riflettevano perché il cielo ne era quasi sgombro a causa della luminosità che annunciava l'imminente alba.
"Posso dartene quante ne vuoi. C'è un deposito sotterraneo più in basso della mia casa che ne ha migliaia. Forse un relitto di una antica generazione guerriera."
Ovviamente l'essere di fuoco non lo capì, ma tornò ad avvolgere tutte le lattine con la stessa protuberanza. Lo sfolgorio fu più intenso e lungo. Poi non fece più nulla, si limitò a sollevarle da terra e portarle nella sfera.
"Un momento," urlò il vecchio agitando quello che veniva fuori delle braccia dalle pesanti pelli "un momento. Devi darmi qualcosa in cambio."
L'essere si fermò come in attesa. Forse aveva intuito, o forse no.
Ma cosa poteva chiedergli? Un'unica cosa.
"Se sei un vero dio, fa' qualcosa per in nostro sole." E indicò la pallida sfera che stava sorgendo all'orizzonte. L'essere di fiamma ebbe un guizzo, come avesse capito. Restò ancora in attesa.
"Non sembri molto intelligente, amico dio, ma se puoi, fa' tornare il sole caldo e splendente come un tempo." Tornò ad indicare l'astro che era quasi del tutto sorto, poi con le mani fece un gesto come se si ingrandisse e fece l'atto di togliersi la pelle di dosso.
Un piccolo lampo luminoso parve confermare che l'essere l'aveva capito e assentiva. "Allora? Davvero puoi fare qualcosa?" Ripeté i gesti di prima.
Nuovo lampo d'assenso. Comparve nella sfera un piccolo sole con i pianeti intorno, indiscutibilmente il sistema solare. Poi il sole si ingrandì.
"Magnifico!" la felicità l'aveva ringiovanito di dieci anni "Ma quando?"
Indicò il sole, poi col dito puntato al cielo descrisse la sua parabola. Lo fece calare, lo seguì dalla parte opposta della terra e lo fece nuovamente risorgere fermandosi dov'era in quel momento. Due guizzi. E più nulla.
"Ho capito, tra due giorni. Che tu sia benedetto."
E la sfera si allontanò velocemente.
"Hai trovato qualcosa?"
"Nei primi due pianeti no. Nel terzo idrogeno sufficiente a un lungo viaggio. C'era un essere strano, fatto di sostanza solida, non capisco come avesse potuto una sostanza solida sviluppare una qualche forma di intelligenza, eppure quell'essere ha capito e mi ha fornito il cibo.
C'è però una cosa soltanto di cui non riesco a capacitarmi."
"E cioè?"
"Come ha fatto a capire che il nostro sole si trasformerà?"
L'uomo non dormì più e attese la seconda alba con trepidazione. Vegliò tutte e due le notti, come si veglia un ammalato, ma col cuore pieno di felicità perché era certo che l'infermo pallido sole si sarebbe ripreso.
Cantò una nenia composta da lui e che intitolò, Al dio del fuoco.
Poi giunse la seconda alba.
Per pochi minuti tutto fu assolutamente normale, poi il sole si contrasse e, mutando colore, si ingigantì violentemente.
Il vecchio essere umano urlò di gioia saltando e alzando le mani al cielo. Durò tutti giusto un secondo. Sentì il calore avvolgerlo in una piacevolissima sensazione. Calore, luce, luce e calore di più, sempre di più. In frazioni di secondo il calore divenne insopportabile.
Il sole, trasformandosi in nova, investì Mercurio, Venere e, quasi contemporaneamente Marte e la Terra.
Poi andò oltre, sino alle estreme propaggini del sistema solare, oltre Plutone e la sua luna Caronte. E oltre ancora.
Ma, prima di essere sublimato, prima che il suo corpo fosse trasformato in atomi bruciati, il vecchio esclamò: "Troppa grazia...."
(I racconti di Donato Altomare sono reperibili presso la libreria Corto Maltese a Molfetta in via Margherita di Savoia n°106)