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Il Porto, storia controversa di un'opera che cambierà la vita della città
15 febbraio 2006
Il profilo di Molfetta sta cambiando, sotto i nostri occhi e probabilmente neppure ce ne accorgiamo, fra qualche anno solo delle foto sbiadite, magari di una “mezza quaresima”, ci ricorderà che l'area a ridosso dell'ospedale era aperta campagna e che abbiamo respirato la puzza delle stalle vicino al parco di Ponente. Come direbbe il ragazzo della via Gluk, “là dove c'era l'erba” ora ci sono palazzi, necessari forse, anche per una città che vede diminuire i suoi abitanti, sicuramente brutti, ma fra qualche anno potremo anche affermare che “là dove c'era il mare” ora c'è il cemento. Nell'immaginario dei molfettesi il porto è importantissimo, ci sarebbe di sicuro nella foto ideale che ognuno porta dentro di sé: i campanili gemelli del duomo, la facciata della chiesa che si fronteggia con quella della Madonna dei Martiri, la passeggiata sul molo, il faticoso lavoro sui pescherecci e così via. Un mondo e un'identità, destinati ad alterarsi, travolti dalle trasformazioni imponenti previste dal PRG del porto. Quel che è più strano è lo scarso livello di conoscenza che si registra in città, si parla da anni di questo intervento, si favoleggia dalla pioggia di denaro fatta arrivare dal sen. Azzollini, ma cosa davvero sia previsto in fondo lo sanno in pochi, così come forse solo i diretti interessati, per un motivo o per l'altro, si rendono conto di come Molfetta ne uscirà trasformata, visto che, diciamocelo pure, è al fronte mare che è legata l'identità della nostra città, non certo al quartiere X o Y. Proviamo, quindi, a capirne qualcosa di più.
Il PRG del porto
Partiamo dal fare chiarezza su di una cosa: il Piano regolatore del porto non c'è o meglio, non c'è ancora, anche se siamo davvero in dirittura d'arrivo, alla conclusione di un iter che dura dal 1985, quando la Regione ne deliberò la redazione. Antonio Camporeale, titolare dell'assessorato ad hoc creato recentemente dal sindaco Minervini, ha assicurato a “Quindici” che potrebbe essere oramai questione di pochi mesi. Innanzi tutto, fa piazza pulita della voce, pure insistente, che il PRG del porto sia ancora in attesa della VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). Questa è stata concessa dai ministeri competenti: Ambiente, Lavori pubblici e Beni culturali. L'assessore Camporeale ne scandisce cronologicamente le tappe. A marzo 2005 il Consiglio superiore dei Lavori pubblici licenziò il Piano, il decreto di compatibilità è del giugno 2005, dopo di che fu inviato dal Ministero direttamente alla Regione che, a settembre trasmise al Comune di Molfetta la richiesta di adeguamento alle prescrizioni; nello scorso novembre il Piano adeguato passò attraverso l'adozione dell'Autorità Marittima competente (nel nostro caso la Capitaneria, perché quello di Molfetta è classificato porto regionale di II categoria). Quindi, corretto, nello stesso novembre è ritornato alla Regione, pronto per la sola firma, che compete agli assessorati congiunti di Urbanistica e Lavori pubblici. “Si tratta di adempimenti formali – sostiene l'assessore Camporeale – perché non devono valutare il Piano da un punto di vista tecnico”. Apposta questa firma, il PRG del porto si potrà ritenere definitivamente approvato, dopo ventuno anni. Solo quando il PRG avrà completato questo iter il denaro fino ad ora stanziato potrà essere utilizzato. Non che sia finita, perché, prima di mettere mano ai lavori, bisognerà aver pronto il progetto definitivo, già commissionato dal Comune di Molfetta, in base al quale si potrà avviare la gara d'appalto. Il progetto esecutivo, l'ultimo atto, sarà a carico della ditta vincitrice.
Quali lavori
Il progetto definitivo commissionato riguarda lavori per circa 62 milioni di euro, afferma l'assessore Camporeale. I lavori previsti non puntano alla realizzazione in toto di quanto stabilito dal PRG del porto, ma solo di una parte, quella che riguarda la messa in sicurezza del porto stesso, con l'allungamento della diga “Salvucci” e la costruzione del molo commerciale. Per quello turistico (lettera C nella piantina), vi sarà da attendere, da valutare e soprattutto da trovare il denaro, secondo l'assessore Camporeale, chiamando anche i privati ad intervenire. È il caso di scendere ancora nel dettaglio delle opere, quelle previste dal Piano e quelle praticamente già finanziate e per cui si potrebbe entro l'anno procedere già all'appalto dei lavori.
Garantire la sicurezza
Cominciamo dalla messa in sicurezza del porto stesso, le opere andrebbero a completare quelle già fatte qualche anno fa alla diga foranea “Salvucci” per coprire alla traversia di Ponente e Maestro. Si ricorderà la lunga querelle che accompagnò l'intervento sulla diga. In molti allora, frettolosamente, credettero che si stesse realizzando il nuovo porto. In realtà, l'allungamento ed il rafforzamento furono attuati come stralcio al PRG del porto, cioè nella previsione della sua realizzazione, sapendo già che proprio a partire dalla diga “Salvucci” si sarebbe costruito il braccio mercantile. Ora vi sarà un allungamento di 659 metri, in continuità col futuro molo commerciale, in direzione nord, in modo tale da completare la messa in sicurezza del bacino dalla traversia di Tramontana, che, in caso di forti mareggiate, impedisce ora l'ingresso dei pescherecci.
Il molo commerciale
Soprattutto, il Piano definitivo porterà alla realizzazione dell'intero porto commerciale, con il dragaggio del fondale, che raggiungerà una profondità di 9 metri, l'allungamento fino a 674 metri e l'allargamento a 49 metri della attuale diga, il suo banchinamento, per attrezzarla all'attracco delle navi, e l'aggiunta di un'altra banchina (nella piantina indicata con la lettera A), quasi perpendicolare all'altra, piazzata, per intenderci, davanti alla Madonna dei Martiri, sempre da adibire all'attracco delle navi mercantili; nella parte interna ad essa, parallelamente alla costa, chiuso da questo stesso braccio, si situerebbe il porto turistico (indicato dalla lettera C). Questo che rimane, però, almeno per ora, solo un disegno sulla carta. Inoltre, sarà costruito un ponte a più carreggiate, largo 22 e lungo 450 metri, che radichi a terra la banchina per consentire il passaggio di mezzi, un ponte perché gli esperti stabilirono che altrimenti lo specchio d'acqua si sarebbe trasformato in una palude. Il molo attualmente esistente (lettera B), quello che si sviluppa dopo la Capitaneria, sarà riservato esclusivamente ai pescherecci. In questa maniera le varie attività si distribuirebbero in aree diverse del porto, senza intralciarsi l'un l'altra.
La tipologia di porto
Data la tipologia di opere previste, il Piano assegna al porto anche una precisa funzione. Anche su questo a Molfetta s'è detto tutto e il contrario di tutto, nella realtà il nuovo porto commerciale è funzionale essenzialmente ad un tipo di navi, dette ro/ro, cioè quelle con un grosso portellone a poppa che, una volta in porto, è alzato e da cui escono i camion, quelle deputate al trasporto combinato strada-mare, quindi niente container e altre ipotesi che si erano fatte in proposito.
Le strutture di servizio
Per quanto riguarda la viabilità di servizio, per l'attività peschereccia tutto resterebbe immutato, il pesce sarebbe trasferito immediatamente verso il mercato ittico, mentre le Banchine Seminario e San Domenico, oltre che Via San Carlo, sarebbero liberate dall'attuale traffico pesante di camion che le attraversa. Infatti, il ponte di radicamento a terra dell'ex diga “Salvucci”, diventata molo commerciale e la bretella di collegamento con la 16 bis ed una rotonda (realizzata con un finanziamento dell'Anas), consentirebbero ai mezzi pesanti di bypassare totalmente il centro della città, il traffico diretto al porto non avrebbe più necessità alcuna di toccare l'abitato, come ora avviene. Si dovrebbe realizzare anche nelle immediate vicinanze dell'imbocco della 16 bis un autoporto, cioè una zona di servizi, con depositi, magazzini, stoccaggio, strutture varie.
Il cambiamento
L'area interessata è molto grande e trasformerebbe completamente l'affaccio a mare della città, per quanto riguarda il centro e la zona di Ponente. I progettisti si sono preoccupati di delimitare in una sorta di recinto dello zoo l'area di rispetto della Madonna dei Martiri, per la quale è previsto del verde e servizi. Ciò non toglie che la Basilica si troverebbe completamente cannibalizzata dal porto, racchiusa fra il braccio commerciale e tutta l'area a ridosso, di servizio al porto stesso. E chissà se i frati se ne sono davvero resi conto. C'è un'altra zona che potrebbe essere direttamente interessata dai lavori del porto, quella dei cantieri navali, per cui Il PRG prevede l'avanzamento a mare, conservando la stessa espansione, creando una bretella di collegamento alle spalle, cioè dove si trovano adesso i cantieri, che consenta di spostarsi direttamente dal porto peschereccio a quello commerciale. Ma i lavori di cui si prepara l'avvio per il momento lasciano stare i cantieri là dove sono.
Il senso dell'opera
Questo per quanto riguarda la struttura così come dovrebbe essere realizzata. La domanda che, girata a tecnici, politici, diretti interessati, non riesce ad avere una risposta precisa, corredata di dati, tabelle di traffici previsti e via dicendo, è piuttosto un'altra: ma questo porto, così come il PRG lo disegna, serve? L'assessore Camporeale se l'è cavata affermando che se un'opera tanto importante è stata commissionata evidentemente è perchè se ne ravvedeva la necessità. Anche se le dinamiche economiche dal 1985 sono cambiate sicuramente un bel po'. Per quanto riguarda il settore peschereccio, la situazione non è delle migliori, visto che approfittando degli incentivi della Comunità economica europea, molti armatori stanno mandando alla rottamazione le imbarcazioni, non vi sono i presupposti, quindi, perché questo settore possa conoscere un ulteriore sviluppo e lo stesso vale per l'indotto ad esso legato. In merito al settore mercantile del nuovo porto, c'è un ragionamento che su tutti vien fatto, dagli amministratori così come dagli addetti del settore, ad esempio dal comandante Vito Totorizzo, (nella foto)
titolare dell'agenzia marittima Spamat, che abbiamo interpellato a proposito. La struttura di Molfetta sarebbe della massima appetibilità per i traffici marittimi della zona. Soprattutto per la felice combinazione di infrastrutture, il molo commerciale, appunto, da cui le merci possono essere avviate su strada senza dover passare per nessun collo di bottiglia, come avviene per altri porti, Barletta ad es., la vicinanza con la 16 bis, ma anche con la ferrovia. Secondo quando anticipatoci dallo stesso comandante Totorizzo: “Ci sarà un terminal ferroviario merci a Giovinazzo, a due passi, quindi, che diventerà in pratica quello di Molfetta. Noi useremo il porto di Molfetta anche per portare le merci da rispedire via ferrovia. Si può dire in definitiva che Molfetta avrà anche uno scalo ferroviario alle sue spalle”. L'aumento del pescaggio del fondale fino a 9 metri, è sempre l'opinione di Totorizzo, consentirà a Molfetta “di proporsi come secondo porto di sbarco dopo Bari per le navi grosse, quelle che oggi non possono essere ospitate per motivi di pescaggio. E siccome i traffici dei nostri clienti sono quasi tutti di navi mediterranee, con nove metri di fondale qualsiasi nave che parta da qualsiasi porto mediterraneo può arrivare a Molfetta”. Un futuro di sviluppo per la nuova struttura e conseguentemente per la città, legato ad altre due possibilità, una ancora tutta da costruire, una più concreta. La prima quella delle navi passeggeri. Per il comandante Totorizzo: “Il nuovo porto potrebbe essere appetibile per navi di medie dimensioni, che vanno alla ricerca di scali più piccoli ed economici, come potrebbe essere appunto Molfetta, anche per la sua posizione equidistante, al centro del cuneo delle cattedrali e dei castelli, l'importante è avere in banchina un posto dove mettere gli autobus che possano raccogliere i passeggeri e portarli alle varie escursioni. Basterebbe avere una nave soltanto di quelle che attraversano il Mediterraneo, quelle piccole/medie”. Poi c'è il collegamento con la zona artigianale e soprattutto industriale, ritenuto determinante da coloro che sostengono a spada tratta la necessità del potenziamento del porto. Il ragionamento che più spesso si sente fare è quello per cui, una volta completato l'approdo mercantile, le imprese troveranno conveniente venire a stabilirsi nella zona Asi di Molfetta, proprio per le infrastrutture che la città è in grado di offrire. Una speranza in fondo, non una certezza. Per ora una minima parte delle imprese stanziatesi nelle due zone, in pratica la sola Imola legno, utilizza il porto. E poi, a Molfetta le navi si svuotano, ma non si riempiono, non c'è traffico di merci da qui verso altre direzioni. Ad esempio, sbarca il grano, ma non si carica la pasta, come pure sarebbe logico. Sembra che le potenzialità del porto siano demandate alla libera iniziativa di qualche operatore o di qualche impresa, ma Molfetta non è una repubblica autonoma, quel che accadrà a Molfetta non può non essere legato ad una politica regionale e nazionale dei trasporti, di cui ora non ci comprende il disegno globale. C'e infine una domanda che tocca il cuore della questione: dove è stato deliberato tutto questo? Quando e con quali modalità i cittadini sono stati interpellati e chiamati a decidere se sia questo il tipo di sviluppo che desiderano, se sono disposti a pagarne i costi, magari in cambio di occupazione per i loro figli, qualora fosse dimostrato che il nuovo porto ne crei? A guardare la vicenda nella sua globalità, pare di individuare una serie di decisioni slegate che ad un certo punto, più o meno casualmente o grazie alla volontà di qualcuno che a fatica si può ricondurre a quella della città, si sono composti in un progetto Un cane che si morde la coda, il porto viene caldeggiato perchè c'è la zona Asi, la zona Asi si dovrebbe sviluppare proprio perché può usufruire di un porto. A monte pare assente un'indicazione di sviluppo precisa, chiara, sostenibile, coerente con la vocazione della città e con quanto le accade intorno, basata su dati certi. Solo se effettivamente questa reciproca interazione fosse dimostrata, allora si potrebbe chiedere alla città di condividere il senso di quest'opera, con consapevolezza, che ora manca.
Lella Salvemini
lella.salvemini@quindici-molfetta
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