Il Maestro Mariozzi alla Master class dell’accademia Wagner
Una nuova importante iniziativa di carattere artistico e formativo ha veduto l’Accademia Wagner in prima linea per ampliare in maniera qualificata l’offerta culturale della nostra cittadina. Nel week-end tra il 13 e il 14 ottobre, la sede dell’Accademia è stata teatro di una prestigiosa Master Class di clarinetto a cura di Vincenzo Mariozzi, conclusasi con un concerto degli allievi. Molfetta ha ospitato così una figura importante nel panorama musicale internazionale. A lungo primo clarinetto dell’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Mariozzi ha suonato anche nella World Symphony Orchestra. Ha partecipato a registrazioni per la Rai e la Nuova Eri ed è stato fondatore e direttore artistico del Festival “Ernico-Simbruino” di Fiuggi-Anagni. Ci piace inoltre menzionare l’esperienza con i Solisti Aquilani (ne è stato direttore artistico dal 2006 al 2012), inserita in un più vasto “progetto di rivalutazione del patrimonio strumentale italiano sei-settecentesco dimenticato per tutto l’Ottocento”, e ancora le direzioni d’orchestra e l’attività formativa, condotta come titolare della cattedra di Clarinetto al Conservatorio di Santa Cecilia e grazie a Master Classes a livello internazionale. Vincenzo Mariozzi ha risposto ad alcune domande per i lettori di Quindici. Il suo repertorio copre una vastissima parte della letteratura per il suo strumento. A quali autori va la sua predilezione? La mia predilezione è per gli autori romantici. Amo in particolar modo Brahms, che al clarinetto ha dedicato le ultime opere della sua vita. Che dire, per esempio, del Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte o, ancora, del quintetto in si minore per clarinetto e quartetto d’archi? In genere consiglio ai giovani di affrontare questo repertorio nella maturità, perché ritengo vada eseguito dopo esperienze con importanti direttori e musicisti, che aiutino a crescere. Credo molto nelle esperienze di vita e nella pratica del lavoro. Tra le numerose sue esperienze, mi ha incuriosito quella con i Solisti Aquilani… È stata importante e altamente formativa per me. Mi ha consentito di vivere un periodo di grande maturazione, di mettermi in discussione, di studiare con estrema attenzione ogni partitura. Mi ha aiutato a meglio concepire quell’idea di crescita come ritmo combinato e armonioso di dare e avere. A proposito della direzione d’orchestra, invece, vorrebbe dirci qualcosa? Ritengo sia necessario il talento, unitamente all’abitudine di studiare a fondo le partiture e al rispetto delle situazioni e di coloro con i quali si opera. Non credo, in fin dei conti, che si possa realmente studiare direzione d’orchestra. È piuttosto una professione che s’impara ‘studiando con’ l’orchestra. Cosa ne pensa di questa collaborazione con l’Accademia Wagner? Sono ben disposto a rispondere positivamente quando vengo interpellato per una Master Class. Amo il contatto con i giovani. È l’occasione per donare loro quanto ho appreso attraverso l’attività artistica. Credo fortemente nella parabola dei talenti. È necessario ridistribuire ciò che s’è ricevuto. Ovviamente non ho alcuna pretesa di esser considerato un oracolo. Offro il mio modo di far musica. Cerco soprattutto di stimolare i partecipanti a discutere con sé stessi, a cercare soluzioni attraverso l’apporto dei maestri e il ripensamento individuale. Che le pare della nostra città? Molfetta è una bellissima città. Racchiude un patrimonio che tutti dovrebbero conoscere. Mi ha emozionato in particolar modo la visita del borgo antico. Una cittadina come questa, molto importante anche sotto il profilo storico e artistico, merita una stagione importante di musica da camera. Il mio augurio è che possa crescere ed essere teatro di iniziative sempre più importanti. E l’Italia? L’Italia può risorgere solo attraverso la sua bellezza. Le risorse di questo Paese risiedono nell’arte, nella cultura in tutte le sue più alte declinazioni. Come dice il Maestro Muti, bisogna fondare orchestre. Non ha senso che i conservatorii formino giovani che non hanno futuro. Lo dico senza ombra di polemica. Vedo i sacrifici di questi artisti e soffro perché spesso non si traducono nel raggiungimento di adeguati traguardi. E poi al di là di tutto, la musica, oggi, può rappresentare una fonte primaria di crescita civile. La musica infonde rispetto. Accresce il senso civico. Nella musica è necessaria la concordia. Concordia discors è il motto dell’Accademia di Santa Cecilia. Nel suonare, si rende indispensabile discutere, per raggiungere una ‘concertazione’. La musica è democrazia. È socialità. In Germania l’hanno compreso molto bene e in Italia… È un paradosso. Le radici della musica sono qui. Senza il Settecento napoletano non ci sarebbero stati Mozart né Beethoven né Brahms. E noi quelle radici le abbiamo smarrite. Il colloquio con il Maestro Mariozzi desta in noi mille interrogativi. Ci torna alla memoria quello che, in contesto diverso, scriveva il grande critico Harold Bloom, quando affermava che nella società contemporanea “il partito della memoria” è il partito della speranza. È il monito più bello, più forte, più profondo per uno Stato in preda a un costante e inarrestabile processo di disidentificazione e ormai sempre più involgarito e immiserito. © Riproduzione riservata
Autore: Gianni Antonio Palumbo