Il labirinto della fantasia un libro di Daniela De Michele
Convincente appare l’esordio nella narrativa dell’architetto barese, d’origini molfettesi, Daniela De Michele. Il labirinto della fantasia, edito nella collana “Tempi e società” per i tipi del milanese “Gruppo Edicom” affascina sin dalla suggestiva e surreale copertina di Anna Bonomo. Esperta in progetti di cooperazione internazionale per l’applicazione di tecnologie innovative allo scopo della salvaguardia e della gestione dell’ambiente e del paesaggio, la De Michele ha trasfigurato una propria reale esperienza, la partecipazione a un progetto di ricerca postdottorato, finalizzato al restauro dell’algerina Casbah. Nasce così il viaggio di un’italiana in Algeri (la memoria corre all’opera di Gioacchino Rossini – non a caso la protagonista assisterà a una sua messinscena nella capitale africana), Rita o Rità, come sarà battezzata sin dalle prime battute del romanzo. L’alter ego dell’autrice si muove, inizialmente con curiosa inquietudine, poi con sempre maggiore disinvoltura e amorevolezza nei meandri della Casbah, con l’intento di studiare i segreti architettonici del palazzo del Dey. L’opera, che si segnala per il pregio della cura formale e per una scrittura elegante soprattutto nelle sezioni descrittive, appare un’entusiasta esaltazione degli elementi che accomunano le civiltà bagnate dal Mare Nostrum, elemento di unione e sodalità di popoli. L’anelito all’integrazione anima le pagine del Labirinto della fantasia: un sottile fil rouge affratella la Casbah ferita dalla storia e dalle piaghe della disuguaglianza e la città vecchia barese, in cui coesistono il venefico fiore della criminalità e mistici silenzi di architetture, tra le quali paiono giravoltare anime d’altri secoli. L’autrice contempla quasi panicamente la bellezza degli scenari naturali di Algeri, su tutti la sognante e luminosissima baia, ma coglie anche il degrado dei bassifondi, lo spirito ferito di un popolo che si ipostatizza nei volti feriti dell’orfano Omar e nel bel Malìk dagli occhi blu. Si sviluppa così una duplice storia d’amore, la prima, il trionfo dello spirito materno sul filo di un onirismo che percorre costantemente le pagine del volume; la seconda, all’insegna del difficile incontro di interculturalità. Riusciranno, al di là delle differenze, innanzitutto di carattere religioso, Malìk e Rita a perseverare in un’“inchiesta” d’amore fondata su interazioni delicatissime o prevarranno il senso dell’opportunità e le divergenze d’origine? Il romanzo vibra d’ottimismo, nella ferma convinzione dell’autrice che le differenze si possano appianare attraverso un dialogo franco e lo smussamento degli egoismi; tuttavia, non sono celate le problematiche d’un mondo vittima di secoli di colonialismo e di fanatismi non sempre arginabili dalla ragione. Lo spettro del terrorismo incombe costantemente attraverso i riferimenti alla triste storia dei Ghezzàl; il degrado della Casbah accompagna silente buona parte della narrazione; il crollo del palazzo del Dey vanifica un progetto che sembrava poter garantire una cooperazione feconda tra Italia e Algeria. Eppure il riscatto verrà da un duplice atto d’amore e, per la novella italiana in Algeri, ben diversa dalla rossiniana Isabella, ma a lei accomunata dal fascino dell’intelligenza e della fierezza, si prospetterà la difficile sfida di contribuire al benessere di quel paese straniero, “labirinto della fantasia
Autore: Gianni Antonio Palumbo