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Il disagio della Sinistra
15 marzo 2000

Gentile Direttore, Le scrivo per esternare il forte senso di disagio che sto vivendo in questi ultimi tempi, ma anche perché spero di suscitare un qualche dibattito intorno ai temi che affronterò in questa lettera. Confesserò subito il mio peccato di origine: sono un’idealista e, lo ammetto, fino a qualche tempo fa, ho improntato la mia esistenza a valori ingenuamente manichei: vi erano, di volta in volta, ideali giusti, sacrosanti, per cui lottare (il Vietnam, il femminismo, il primato della politica sul mercato, l’esercizio della responsabilità civile per il bene comune, la difesa dei più deboli…) e disvalori da combattere (l’imperialismo, il maschilismo, il conflitto d’interessi, il liberismo sfrenato…). Molto ingenuamente, lo ribadisco, ho creduto che i primi fossero patrimonio della Sinistra ed i secondi della Destra. Coerentemente con questa distinzione, ho preso posizione, ho lottato, ho raccolto firme, partecipato a campagne elettorali e referendarie, insegnato ai miei figli ed ai miei studenti che bisognava schierarsi a sostegno dei valori e farsene testimoni. Lentamente, ma in maniera sempre più inesorabile, questo rassicurante, anche se impegnativo scenario, si è andato sgretolando. So che in gran parte ciò è dovuto ad eventi epocali, come la fine del comunismo e l’affermarsi incontrastato del capitalismo, ma credo che a questo cedimento abbia contribuito il fatto che la Sinistra sia al potere in Italia e nella nostra città: e il potere, si sa, “corrompe”. Ma qui subentra la mia prima domanda: è una caratteristica intrinseca della gestione del potere diventare ben presto autoreferenziale, dimenticare le ragioni della propria esistenza per ridursi alla ricerca affannosa di mediazioni, appoggi, puntelli, alleanze? Dovevamo andare al potere per scoprire che anch’esso ha le sue regole, chiunque le eserciti, e che esse sono perciò stesso ineluttabili? Qual è il limite della contrattazione oltre il quale la natura stessa di un progetto politico giusto si corrompe e non lascia più spazio alla speranza che gli uomini si mettano insieme per avere il “potere” di cambiare questo modo di gestire la cosa pubblica? E passiamo al secondo dei miei dubbi. Per un lungo periodo della mia vita, i protagonisti delle lotte per cui combattevo e gli antagonisti contro cui mi schieravo, erano coerentemente al loro posto. Questo naturalmente semplificava le cose: non che arrivassi all’estrema ingenuità di credere che a Sinistra ci fossero tutti i buoni ed a Destra tutti i cattivi, ma ero almeno certa che quegli uomini e quelle donne rappresentavano dei valori che condividevo o avversavo. Mi sono schierata perciò contro Cossiga e Mastella, tanto per fare un esempio, e nelle campagne per le amministrative, ho sostenuto entusiasticamente Guglielmo Minervini “contro” Giulio de Luca ed Annalisa Altomare. In tempi diversi, e per periodi più o meno lunghi, queste persone sono entrate nel Centro-Sinistra! Delle due l’una: o ieri abbiamo scherzato (ma io ero serissima!), o qualcuno è cambiato (ma siamo proprio sicuri di non essere cambiati noi?). Che cosa posso credibilmente raccontare a tutte quelle persone con cui animatamente ho discusso, convinta che si dovesse scegliere, che non si potesse continuare a pensare che i politici sono tutti uguali? Come posso credibilmente invitare i miei giovani a schierarsi per un candidato senza sentirmi ridicola? Qualcuno provi a darmi una risposta! Non ho più l’età per credere alle fate, ma non voglio neanche diventare un’arida realista o una scettica inerte. Lettera firmata Il disagio lo avvertiamo anche noi di “Quindici” e siamo in tanti nella stessa situazione. Ci sembra di essere rimasti gli unici rappresentanti della società civile. Cosa fare? Almeno mantenere la propria coerenza e credere ancora che la politica sia sempre quella dei valori storici della Sinistra, ai quali ci ispiriamo. Ma anche far sentire forte al Palazzo (ah, Pasolini!) tutto il nostro dissenso. Il silenzio servirebbe solo a consolidare la convinzione, in chi è al potere, di poter fare a meno dell’opinione altrui, almeno fino alle successive scadenze elettorali. La ringrazio, perciò, della sua lettera e mi auguro che possa servire ad aprire un dibattito e far capire al Palazzo che non tutti hanno deciso di portare il cervello all’ammasso, né di farei pecoroni o gli… asinelli. Per il resto la rinvio al mio editoriale di questo numero. Colpevole abbandono dei campi da tennis Egregio Direttore, leggendo sul Suo giornale “Quindici” l’articolo a firma di Donato Centrone dal titolo “Palazzetto 167 e piscine al traguardo”, mi sono soffermato su due punti dell’articolo. Il primo punto parla della soluzione più probabile da adottare per una gestione degli impianti sportivi in forma indiretta da parte del Comune demandando quella diretta a società sportive; il secondo punto ipotizza lo stesso tipo di gestione per i campi da tennis di viale Gramsci con relativo invito a quanti volessero accollarsi l’onere della gestione per un rilancio dell’immagine di Molfetta e dei suoi cittadini rassegnati a guardare incantati l’erba del vicino. Orbene, fatta questa necessaria premessa, vorrei denunciare, con questo mio scritto, il totale disinteresse da parte di questa Amministrazione, del sindaco e soprattutto dell’Assessore allo Sport per la risoluzione di questo vecchio problema. Senza entrare nella polemica spicciola, vorrei soltanto sottolineare che l’Associazione “Amatori tennis Molfetta”, di cui mi onoro essere presidente sin dal lontano 1987, ha presentato molto tempo fa all’amministrazione comunale, un progetto per il miglior utilizzo e il rilancio dell’intera struttura sportiva, specificando in esso: il programma da svolgere; l’uso della struttura da parte di tutti i cittadini di qualsiasi età; la relativa organizzazione affidata a personale altamente qualificato fornito di diploma Isef, in linea con la legge che disciplina l’utilizzo degli impianti sportivi; la promozione del tennis nella scuola di ogni ordine e grado; l’attività estiva multidisciplinare; i vantaggi di questa proposta per il rilancio della struttura con relativo piano finanziario che porterebbe anche degli utili per il Comune. Il tutto sotto il diretto controllo dell’Amministrazione comunale. Ebbene pur dopo due lunghi colloqui avuti sia con l’Assessore allo Sport, prima, che congiuntamente con sindaco e assessore, dopo, a tutt’oggi non c’è stato neanche un benchè piccolo contatto per la definizione del problema. Ora, poiché sono molto restio ad intraprendere ogni giorno la via del Comune, e avendo l’associazione “Amatori Tennis Molfetta” soltanto il più alto interesse per la promozione del tennis, senza scopo di lucro, rattristato per l’eterno stato di abbandono in cui versa la struttura sportiva di Viale Gramsci, dispiaciuto che un siffatto ambizioso progetto giace in chissà quale cassetto ed in attesa di un pur breve cenno da parte dell’amministrazione comunale, non potendo fare altro, resto anch’io a “guardare l’erba del vicino”. Saverio Minervini Presidente Ass. Amatori Tennis Molfetta Autisti degli scuolabus Caro Direttore, in merito all’articolo intitolato “Scuolabus sotto accusa”, pubblicato sul periodico “Quindici” del 15 dicembre ’98 a mia firma, desidero confermarti, così come feci verbalmente all’epoca, che nelle affermazioni fatte dai genitori dei piccoli utenti del servizio di scuolabus e da me riportate nello stesso articolo, non si voleva offendere alcuno, tantomeno Grieco Raffaele. Nel ringraziarti della precisazione, che ti pregherei di pubblicare sul prossimo numero di “Quindici”, ti invio cordiali saluti Giulia La Volpe
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