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Il delitto perfetto, privilegi preservati e tasse a mannaia sui cittadini
24 luglio 2012

MOLFETTA - Uno Stato democratico impone le tasse per offrire servizi ai cittadini (fra i più importanti salute, sicurezza, scuola). Uno Stato moderno, invece, ha troppe spese, troppe dissipazioni, troppa corruzione, troppi privilegi per pochi. E gli introiti statali non sono mai sufficienti.
Se non si colpiscono subito gli abusi, si colpiscono inevitabilmente i diritti: il diritto alla pensione dopo una vita di lavoro, di sofferenza e di stenti, il diritto a essere curati dignitosamente, a essere educati e istruiti in una scuola pubblica. Non solo, ma anche il diritto all'alloggio decoroso per i meno abbienti, al lavoro e alla piena occupazione di tutti. Infine, il diritto a ricevere un assegno di sostentamento, quando il lavoro manca o non si riesce a trovarlo, oppure si è in attesa di trovarlo, dopo essere stati licenziati. E per colpire i diritti, senza toccare i privilegi, senza seccature parlamentari o elettorali, si blinda la legge elettorale, inibendo al popolo qualsiasi diritto democratico. Questo è il delitto perfetto.
La politica in Italia non riesce, anzi non vuole (perché oramai espressione solo delle lobby e delle corporazioni e non più del popolo sovrano che non decide alcunché), combattere e reprimere corruzione, spreco, dissipazione, privilegi. Riesce molto agevolmente solo a penalizzare lavoratori dipendenti, pensionati, salute, diritti dei giovani e formazione. Tra l’altro, i sindacati, con i loro milioni di iscritti, farebbero bene a chiedersi come mai riescono a tutelare meglio le loro posizioni qualche centinaio di taxisti.
Latente in Italia è il conflitto tra gli interessi dei politici e il diritto del cittadino a vivere dignitosamente in uno Stato che, oltre ad esigere i doveri, ne riconosca in pieno i diritti. Fino a quando questo conflitto non sfocerà in un vero e serio moto di protesta, la parte buona dell’Italia (dall'imprenditoria sana ai giovani che cercano la prima occupazione, passando per i piccoli commercianti, i piccoli artigiani, i lavoratori precari, le casalinghe) soccomberà a colpi di tagli di bilancio in favore della parte peggiore.
La politica ha messo a segno il passo decisivo verso un regime oligarchico, in cui non solo i diritti sociali, ma anche quelli democratici e delle persone più deboli sono stati totalmente azzerati (come la decisione “politica” della Corte Costituzionale sui referendum, dopo una lunga maturazione delle segrete stanze "quirinalizie").
Lo Stato italiano ha bisogno di risorse. Ma, se è incapace di colpire i privilegi, i doppi incarichi, i doppi stipendi, il nepotismo medievale, se pretende il pagamento del ticket anche per le prestazioni sanitarie dovute ai minori (anche se le famiglie di provenienza sono in precarie condizioni economiche), è uno Stato senza coerenza, diligenza. Le tante gabelle, stanno asfissiando i cittadini, la piccola impresa familiare, il disoccupato in cerca di prima occupazione.
Può considerarsi “degenerato” uno Stato che prolunga all'infinito la vita lavorativa degli anziani e costringe milioni di giovani a pascere nell’inutilità sociale e lavorativa, rinchiusi nelle loro famiglie o, addirittura, per strada, in assenza totale di una qualche speranza occupazionale?
La politica (ma soprattutto la mala-politica), sovrintende ancora oggi a un apparato statuale inesistente e degradato. Per lo Stato il cittadino è un peso, quando ha bisogno di tutela dei suoi legittimi interessi alla salute, allo studio, al lavoro, al sostentamento, alla casa. È una risorsa, quando lo costringe a pagare tutte le tasse dirette e indirette. Forse lo stato sociale non esiste più, proprio come lo stato democratico. Ma questa non è una situazione contenibile a lungo termine.  
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Nicola Squeo
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